Bea e Filippo

Bea e Filippo

giovedì 31 maggio 2012

E' meglio iniziare da piccoli!

Riunione di fine anno con le maestre del nido di Filippo. Unico papà presente, ma questo è un dettaglio. Inizia un’interessante presentazione in PPT dal titolo: “Verso l’autonomia”. Si tratta del percorso che ha caratterizzato i bambini più grandi: l’obiettivo era di abituarli a fare le cose da soli per essere pronti alla scuola materna. Osservo concentrato le prime foto: bambini che si occupano di travasi, di incastri, di lavori manuali al tavolo del falegname o in cucina. Le maestre ci raccontano i progressi e quanto avvenuto. Sembrano molto contente del cammino dei nostri bambini. Filippo per ora non appare, prima o poi arriverà. Ho voglia di vedermelo proiettato: mi fa simpatia  la possibilità di  osservare quanto ha fatto. Anche perché ogni volta che gli chiedo che cosa ha fatto all’asilo o tace o risponde: “Bene!”. La curiosità sale. Ad un certo punto eccolo. Cosa??? Vedo Filippo e un suo compagno – concentratissimi - alle prese con il  ferro da stiro e asse, tutti intenti a stirare qualcosa. Stanno davvero stirando! E con che postura: sembrano dei professionisti! Controllo meglio… sì è proprio Filippo. Mi scappa la battuta: “Urca, li state addestrando fin da piccoli!”. Risata. E si procede.
Altra serie di foto: bambine che puliscono l’insalata o preparano le carote, bambini alle prese con gli incolli di forme geometriche (mo’ mi spiego perché una decina di giorni fa per Filippo ogni cosa che prendeva in mano per lui era un triangolo). Ecco, riappare Filippo addirittura protagonista in una serie di foto.  Guardalo - penso - che carino e che omettino mentre si mette un grembiule, spinge il carrello, posa i piatti sui tavoli, dispone i bicchieri e le posate. Seleziona e abbina con cura  i tovaglioli dei suoi compagni. Le maestre spiegano che i bimbi a turno apparecchiano e il giorno del book fotografico era il turno di Filippo.  E s’è guadagnato il centro della scena. Comunque Filippo così attento, concentrato e preciso non l’avevo mai visto.
Termina la presentazione: le maestre si dicono soddisfate del percorso svolto dai nostri bambini, ci offrono un’ottima torta e dopo qualche battuta con le altre mamme saluto e ringrazio.
Il momento in sé è stato molto sereno e tranquillo… ma non mi escono dalla testa le foto di Filippo, mentre stira e apparecchia. Non so ma avrei preferito vedere Filippo con in mano un martello, cion una sega, con un saldatore, che ne so!
Non c’è nulla da dire: l’impostazione pedagogica degli asili nido è troppo avanti. Maschi  ben formati e capaci ad ogni evenienza, fin da subito! Prendili in tenera età e il gioco è fatto. I maschietti devono capire da subito che cosa li attenderà: la rivoluzione è in atto ed è inarrestabile! Le pari opportunità, la divisione dei compiti, l’uguaglianza tra uomo e donna dentro un nido non sono semplici slogan, sono realtà!
Quindi vorrei tranquillizzare quelle donne che ritengono ancora la figura maschile non abbastanza coinvolta nella vita familiare, e soprattutto non capace di badare alla casa: consolatevi perchè quanto magari vi tocca ancora sperimentare, ormai è superato. Il domani scriverà scenari diversi. Potete dire alle vostre bambine che sono attese  da un futuro diverso!

- 2: tranquilli funziona tutto! Pare.

Vi posso assicurare che funziona tutto (almeno pare).
Per la precisione. L'illuminazione di tutta l'area mi sembra adeguata. Gli altoparlanti sono ok! Si sente davvero bene.
 Ottima pure la definizione dell'immagine degli schermi giganti, quindi anche chi è lontano dal palco (e per lontano intendo oltre 1km) potrà capire che succede.
Le previsioni del tempo sembrano scongiurare piogge nei momenti più importanti. Chi stava già immaginando di buttarsi nella vendita - abusiva - di mantelline anti-pioggia immaginando guadagni stratosferici,  deve disidire gli ordini.
Rimane, per chi abita da queste parti, l'attesa e la curiosità rispetto all'invasione annunciata... ma ormai manca molto poco. E se ne potrà parlare quasi in diretta!

Ma lasciamoli fare

Da interventista convinto (in fondo sono pur sempre un ansiopapà) a teorizzatore del federalismo familiare. Nessun fraintendimento politico: semplicemente una rivalutazione di spazi educativi caratterizzati dal “lasciamoli fare!”. 
Ma che imparino a gestirsi da soli almeno un po’ del loro  tempo e dei loro spazi. 
Che si abituino a costruirsi momenti che devono riempire da soli e visto che lo possono fare che sfruttino l’occasione. In fondo non è sempre possibile essere costantemente appiccicati a loro: a proporre, fare, gestire, occupare, dirimere, inventare, giocare.
Insomma dirigere  ogni nanosecondo della loro esistenza.

Ma che può succedere mai? 
Che si annoino?  Se mai succedesse non è una pestilenza. 
Che litighino? Lo fanno anche se ci sono di mezzo io. 
Che facciano disastri utilizzando le cose a modo loro? Vabbè tanto la nostra casa è per natura sempre al limite del “casino cronico”.

Ma lasciamoli fare! 
Ogni tanto ci vuole. Ripeto: che potrà mai succedere? 
Forse che Beatrice metta Filippo sul carellino dell’Ikea e lo porti in giro per la casa fingendo di essere la guida del parco dei dinosauri? “Guarda quello è un T-Rex! Eccoci al Triceratopo”; Filippo: “Bello! Guarda che gigante!”.
O che Beatrice si metta a leggere il libro dei Barbapapà… leggere? 
Si fa per dire (ha 5 anni). A inventare, grazie alle immagini, storie verosimili, con Filippo che dopo qualche minuto comincia a protestare: “No, non è così, hai sbagliato!”. E Bea risponde:” Filippo! Sto leggendo io… non è sbagliato!”. 
E via di sto passo fin al cambio del libro. 
Oppure che Filippo spada in “resta” insegua Bea chiamandola alla battaglia? Con Bea che giustamente fugge avendo fiutato il pericolo.
O che prendano le coperte del divano (dopo un aiutino del papà) costruiscano una tenda, anzi no: la loro nuova casa, dalla quale poter simulare una reale vita di famiglia?
O che Beatrice (sì, sempre da lei si parte… d'altronde le femmine sono troppo avanti) imponga a Filippo di giocare "all’asilo" dove lui deve fare il cucciolo e lei la maestra. “Fai questo, fai quello, stai in piedi, siediti, vai di qua, vai di là… ecc.",  finché Filippo (maschio sì, ma non del tutto rimbambito) si ribella e dice: “Basta. Sono stufo di fare il cucciolo!” 
(… comunque in questo caso lo rassicuro: “non ti preoccupare, questo gioco ti aiuterà a diventare  un discreto  marito”).
O che si mettano a ritagliare, per il loro nuovo super collage,  il bollettino per pagare la tarsu: vabbè mica è colpa loro se lo avevo appoggiato nel posto sbagliato.

Ma lasciamoli fare! 
La loro fantasia sa bruciare i tempi morti.  Se si abituano i bambini a giocare, poi  la loro gestione del tempo diventa più semplice e molto più dinamica. E, senza alcun tipo di rimorso, diventa più semplice anche la mia.
Lasciamoli fare!
Che si allenino a non annoiarsi. Ad essere ideatori e  protagonisti delle loro trame!
Tanto succede sempre che prima o poi ritornino alla base: "Papà, ci aiuti a fare questo?", "Mamma, giochiamo a...". 
Va bene così. 
Appena si può: lasciamoli fare!


mercoledì 30 maggio 2012

- 3: pronti gli ombrelli?

Purtroppo la natura a volte può fare davvero brutti scherzi!
Spesso si pensa a tutto. Ogni dettaglio al suo posto e se bisogna mettere insieme quasi un milione di persone per un evento l'attenzione ai particolari è spesso decisiva. Il tutto è segno di efficienza e di responsabilità.
Ma da ieri una delle tante preoccupazioni riguarda ciò che non è organizzabile: il tempo! Per domenica è prevista pioggia... e non pioggerellina: temporali da metà mattina! Nel bel mezzo della S. Messa... sarebbe un bel problemino.
E' mercoledì, mancano ancora tre giorni e le perturbazioni potrebbero virare, rallentare o accelerare... e forse anche miracolosamente evitare il luogo dell'evento. Chissà. Sperèm, come si dice da queste parti.
Comunque un particolare di cui tener conto potrebbe essere proprio questo: e se piove?
Sotto allora a munirsi di ombrelli o di forme alternative di impermeabilizzazione corporea... val la pene essere ben preparati!




Fare cambio: che voglia! O che tentazione?

Quando vedo i miei figli in difficoltà per qualsiasi cosa vivo la voglia – o la tentazione – di fare cambio. Ci sono dei momenti in cui vorrei potermi sostituire a loro in modo che possano affrontare e superare rapidamente quanto in quel momento magari li turba, li mette in difficoltà o addirittura li fa soffrire.
Mi capita quando vedo Beatrice, ad esempio,  alle prese con  le sue prime sofferenze legate ai piccoli dispetti che subisce (probabilmente ne fa pure… non è una santa) dalle sue amiche, che la portano a chiudersi in se stessa. 
Mi succede quando vedo Filippo che vorrebbe fare una cosa o raccontare un suo pensiero, ma non riesce: il suo sforzo a volte  mi intenerisce. Che voglia di farlo al suo posto per vederne il sorriso e non la fatica. 
Mi succede quando li vedo star male: febbre, tosse, dolori vari… e a me, nonostante cerchi di farmi contagiare per fare qualche giorno di sana malattia a casa, non capita mai nulla. 
Mi succede quando sono tristi o delusi; quando non riescono ancora ad accettare alcune regole o impegni e quindi si ribellano.
Istintivamente mi viene voglia di  sostituirmi a loro affinché possano essere preservati da ciò che in qualche modo ne mette a nudo le loro fragilità o le difficoltà naturali. 
Ma non solo: poter fare -  o sistemare – al loro posto renderebbe comunque tutto più agevole: meno fatiche, meno volti tristi, meno delusioni… e meno pensieri per me.
Il mio "stare in pensiero"… allora, per dirla tutta,  il volere sostituirsi a loro significa non solo desiderare di diminuire certe loro difficoltà, ma togliere da me il disagio di vederli come non vorrei. 
Fare cambio quindi può diventare non una semplice voglia, giustificabile e quasi naturale, ma anche una piccola tentazione. Anzi una doppia tentazione: verso i miei figli perché rischierei di non far vivere a loro in pienezza quanto è naturale vivano; verso di me perché mi costruirei uno scenario non reale, un po' romanzato magari. 
Invece le difficoltà ci sono ed è giusto che siano affrontate e vissute  fino in fondo, anche se questo spesso può pesare molto ai bimbi e di conseguenza anche a me.
La speranza che i miei figli possano viverne il meno possibile (le difficoltà e le fatiche mica si devono per forza cercare), non deve spingermi a togliere loro quelle che comunque arrivano: solo affrontandole e non fuggendole, diventano ostacoli superabili. 
E forse anche utili. Anche per me!
Senza scomodare, inoltre, la retorica della responsabilizzazione a tutti i costi, con l'umana e serena convinzione che nessuno può vivere la vita degli altri... soprattutto quella dei figli.

martedì 29 maggio 2012

- 4: meglio rassicurare e precisare!

Il sindaco di Milano, Pisapia, ha annunciato che i pellegrini che saranno ospiti nella sua casa avranno una cuoca d'eccezione: sua moglie!
A me basta tranquilllizzare i sei pellegrini che verranno da me: mia moglie non ci sarà! Tranquilli non correrete nessun pericolo!

Cuoca? Mangiare? Andiamoci piano. Ospiterò sei persone: amici che giungono da lontano (5 abruzzesi e un friulano... bell'abbinamento vero?), ma al cibo mica ci avevo pensato! E non ci voglio pensare!

Tra testimonaze, veglia e S. Messa passeranno tutto il tempo (ore pasti incluse) sulla spianata davanti al Papa, mica avranno la preoccupazione del cibo!
Vabbè, offirò la colazione, mi impegnerò e sarà abbondante ma per il pranzo e la cena li dovrò avvisare: la cucina rimarrà chiusa! Già che ci penso potrei preparare il sacchetto - rigorosamente di carta -  del Pellegrino: panino col cotto, mela, merendina e succo alla pera (sì, pera è il più sobrio). No, la birra, no! Caro Mimmo la tua Ceres te la scordi!
Eccavolo: moglie con figlia venerdì volano a Londra. Con la scusa dell'impraticabilità di Bresso (manco in bibi si potrà circolare per due giorni) le due femmine di casa hanno preso la palla al balzo e si sono prenotate da amica londinese per we lungo nella City.
Filippo, invece, visto che il suo letto è stato appaltato verrà adottato per due giorni dalla suocera. E' più sicuro dai nonni che non dal papà a rischio "andiamo a vedere che succede": e se lo perdo?
Quindi ribadisco: cucina chiusa! Lasciamoci nutrire dallo Spirito e dalle sante parole che verranno pronunciate: "Non di solo pane vive l'uomo!".

Devo accogliere e ospitare... ma alla fine sono a casa da solo praticamente per due giorni! Mica capita spesso: fuori ci sarà il mondo, ma la casa sarà tutta mia! Ma perchè è già finito il campionato?
Che tentazione: solo, tranquillo e pacifico praticamente in mezzo all'evento più popoloso dell'anno? So che Dio mi capirebbe... e cheddire di Gesù che spesso si ritirava in luoghi solitari a pregare?
Meglio non tirare troppo la corda della volontà divina...

lunedì 28 maggio 2012

- 5 e Qui arriva il Mondo!

Solo una breve nota di cronaca: abito per la precisione a  100 mt dal luogo scelto per la Giornata Mondiale della Famiglie con il Papa dei prossimi 2 e 3 giugno. Mancano quindi 5 giorni!
Ogni giorno osservo dal balcone di casa come il piccolo aeroporto di Bresso - all'interno del più famoso Parco Nord -  si sta trasformando sempre di più per l'Evento: il mega palco è ormai terminato, le impalcature per l’amplificazione e  per gli "schermi giganti" sono a posto, un sacco di tendoni per le evenienze del caso sono già predisposti e infinite file di wc già praticamente pronti all'uso. In quell'area immensa si lavora da quasi un mese senza sosta! … insomma la nostra piccola cittadina è in subbuglio e la febbre da evento sale!
E sale la curiosità nel capire che cosa possa significare accogliere quasi un milione di persone per due giorni…
Ai prossimi aggiornamenti.

Calcio e Dinosauri

Che cosa avranno in comune il calcio e i dinosauri? Nulla, per ovvi motivi, a partire da quello anagrafico: il calcio è stato inventato molti milioni di anni dopo la scomparsa dei dinosauri.
... il colore è casuale
Ma in questo we, quasi a festeggiare due giornate di sole  nel fine settimana – merce rara dell’ultimo mese - , sono stati proprio loro i protagonisti. Ma procediamo con ordine.
Il calcio. Sabato mattina m’è toccato ristaccare le scarpe dal chiodo. Da quasi un anno non mettevo piede in un campo… e sinceramente il mio fisico aveva approvato questa scelta. Non ne poteva più di lottate per giorni, dopo una partita, con l’acido lattico. Questo invisibile nemico dei muscoli rendeva un inferno ogni post partita. Ogni passo, ogni movimento, ogni sforzo umano era caratterizzato da una crudelissima e dolorosa lotta che i muscoli, costretti al movimento, dovevano sostenere. A malincuore avevo detto stop! Ma sabato il mio gruppo di amici era decimato, ne mancava uno ed io ero l’ultima spiaggia, l’ultimo della lista rispettosamente mai convocato da mio volere… ecco l’inattesa richiesta: “Daiii vieni a giocare!”. Tra mille dubbi, non sono riuscito a dire di no! Ma a una condizione: “Gioco in porta!”. I movimenti sono limitati e non sono costretto a correre. Non sono un portiere, è vero, ma i rudimenti del n° 1 li possiedo e quindi chissenefrega… almeno loro giocano ed io non mi massacro i muscoli.
Non è andata, malissimo. Mi sono divertito. È pur vero che dopo 5 minuti un mio compagno s’è stirato per cui abbiamo giocato comunque in dispari, ma alla fine un rocambolesco 6 a 6 ha accontentato tutti. Non tutti i goal che ho subito erano imparabili, ma quando un portiere non fa papere clamorose non viene neppure criticato troppo! Un dignitoso 6 credo di essermelo meritato.
Nonostante avessi limitato al massino gli sforzi mi sono reso conto che comunque un corpo non allenato subisce anche con  poco… ma l’acido lattico stavolta non centra.

La domenica invece è stata la giornata dei dinosauri. Mia moglie assolutamente aveva voglia di pic nic con bimbi. La giornata è iniziata con il ritornello: “Oggi dobbiamo andare da qualche parte, non voglio stare in casa!”. La situazione s’è fatta subito abbastanza complicata: “Possiamo andare al lago, su questo fiume, da quest’altra parte…”. Per carità tutti luoghi belli ma, se non si conoscono precisamente le mete,  il rischio è di girovagare per ore a cercare il posto giusto. E mi immagino già le scene. Ecco allora il colpo di genio: “Propongo di andare al parco dei dinosauri. Ai bambini piacerà tantissimo e mi hanno detto (questo funziona sempre) che è davvero bello!”.  Puntare sui bimbi significa andare a colpo sicuro… e ho centrato il bersaglio. Si esce, e va bene, ma almeno la meta è certa, non è lontanissima, il pic nic si può fare e sono certo che i bimbi apprezzeranno. Mi sono giocato il Jolly.
Nel giro di mezzora siamo in macchina e alle 11.00 eccoci già dentro il parco alla caccia dei dinosauri! Tralascio la cronaca, ma oggi Bea a Filippo si sono fatti 4 km a piedi (anzi spesso di corsa), ogni dinosauro era una scoperta, un nuovo amico (“buono, brutto, cattivo, simpatico, piccolo, gigante, pauroso, spinoso, ciccione, femmina perché aveva gli occhi truccati - !?! -, arrabbiato ecc.” tanto per usare gli aggettivi e le espressioni di Bea e Filippo). Pure il pic nic ha funzionato alla grande (grazie mamma!).
Domenica volata via in un Parco molto carino e davvero a dimensione di bambino! … anche se alla fine non è dispiaciuto neppure a noi genitori!

Calcio e dinosauri: morale? Nessuna.. anzi, no: il divertimento: se c’è, è tutto a posto!

venerdì 25 maggio 2012

"L'importante è la vita eterna"


Era proprio così

Quando ero un idealista poco più che ventenne – a me l’Attimo Fuggente fece piangere -  nel retro della mia prima macchina (una mitica 127 bianca, che mi avevano regalato… era in fin di vita ma per un anno fece il suo dovere con dignità. A proposito i miei amici l’avevano soprannominata Sharon – era il tempo di 9 settimane e mezzo – perché dicevano che la prestavo a tutti, ma è un dettaglio) campeggiava un adesivo – mo’ lo so mi prenderete per scemo – con questa scritta: “L’importante è la vita eterna!”. Rappresentava la mia filosofia di vita: non affannarsi troppo per il presente perché comunque prima o poi…. In più – sull’auto -  era un monito per chi imprudentemente si avvicinava troppo col proprio davanti. Frena! Altrimenti… chiaro il messaggio?
Era un segno distintivo, forse un po’ irriverente, che mi rappresentava almeno nella voglia di pensare oltre. Alcuni mi prendevano in giro, ma me ne fregavo.
Sono passati più di vent’anni… miiiii, una vita (o forse più vite) fa’! Ma a quella frase sono ancora affezionato. Per la dimensione mistica che racchiude in sé. Per la  prospettiva interessante che suggerisce (a me la possibilità dell’eternità non mi disturba affatto). Ma soprattutto per l’intrigante visuale sul presente che mi sa indicare. Il presente come dimensione non assoluta: da prendere sul serio, certo. Da vivere intensamente, ci mancherebbe. Da valorizzare in tutti i sui aspetti positivi: senza dubbio.
Ma c’è sempre un dopo. Ci sarà sempre - fin che dura - … e porterà con sé sia un sacco di possibilità. Di finire quanto in quel presente è mi è rimasto indietro. Di riparare o sistemare eventuali danni che ho fatto. Di correggere percorsi iniziati col piede sbagliato. In fondo di realmente irreparabile c’è proprio poco nella vita. “L’importante è la vita eterna” mi usciva spontaneo quando vedevo troppa apprensione, troppa tensione sulle cose. Quando mi sembrava si desse eccessivo peso (nel bene e nel male) a un fatto, ad una scelta o ad un’opinione.
Confidare in questo futuro prossimo e a portata di mano, o infinito e quindi apparentemente lontano (ma già sperimentabile…se è eterno c’è già adesso. O sbaglio?... vabbè la filosofia vera un’altra volta), pian piano mi ha permesso di essere un po’ più tollerante. Un po’ più pacifico. Un po’ meno esigente. E pure un po' più ironico. 
Oddio, sono per natura un po’ scassapalle. So rompere con una certa costanza se qualcosa non mi quadra, e – porca miseria – che fatica a volte tenere la lingua a freno! 
Ma una parte della mia filosofia di vita (le altre le rivelerò più avanti) non può più prescindere ormai da quella frase. L’adesivo non è più su Sharon… è stampato nella mia testa!

mercoledì 23 maggio 2012

Rottamo? o provo con Ebay?

Premessa: ogni parola - titolo compreso - è stata letta e approvata preventivamente e per sicurezza (mia) anche  per iscritto. Documento n°1, prot.1/12, presente nell'archivio familiare "dove ci sono tutte le bollette (per intenderci)".

Era da un po' che ce l'avevo in mente: come non rivelare le vere doti della mia dolce metà? In occasione della festa della mamma mi sono soffermato sulle virtù, ma per farle giustizia non potevo non rendere evidenti le sue qualità distintive, quelle che la rendono veramente unica!

Resistenza e salute: "Sono stanca, sono troppo stanca, ho sonno, mi fa male la schiena, sto malisssssimo (raffreddore), ho la febbrissima, questa sera non ho voglia di fare niente, stasera POSSO non fare niente? mi sento debole, posso dormire? !", com'è finito il film, me lo racconti? Daii perchè non me lo racconti? ... "perchè alla seconda scena ho cambiato canale",  mi fa malissimo (superlativo come regola) la gamba.
Capacità di delega: mi sono dimenticata, ci pensi tu a ...? visto che torno tardi, quando vai a fare la spesa mi comperi... xxyyxxyy? per favore mi stiri la camicia? mi sposti tu la macchina?, puoi andare tu all'incontro con le maestre dell'asilo? cosa cucini stasera? .... daiii mi fai il cambio di stagione? avvisi tu - telefonata dal lavoro - Rosanna che stasera arrivo tardi (come se io non lavorassi)? mi paghi tu la multa? 
Immaginazione: non voglio più lavorare, voglio andare a New York, voglio andare in Islanda, voglio fare la vacanza nel Kent (voglio periodico - accezione matematica -), andiamo in Polinesia? voglio fare una vacanza di un mese su una barca (... soffro di mal di mare...), non voglio pensare a niente! Voglio tornare ad abitare a Milano (... da sola, ndr)
Memoria:  hai visto le mie chiavi? non trovo il cellulare... mi puoi chiamare? ti ricordi dov'è la macchina? mi sono dimenticata di dirti che stasera vado a cinema con Veronica...."ti sei dimenticata di ricordarti che stasera hai invitato a cena tuo zio", hai visto i miei occhiali? ma dove hai messo il burrocacao? "parli del ventesimo tubetto che ti ho comperato questo mese?"
Termoregolazione: (inverno) ho freddo, anzi ho freddissimo... mi scaldi?, (primavera) ho freddo... mi scaldi? - non si pensi male,  il messaggio è: mi recuperi delle coperte? - , (estate) è caldissimo - condizionatore a palla da polmonite assicurata –.
Preferenze alimentari: mi comperi le patatine? hai comperato la birra? Ma perchè non fai mai i sofficini? Stasera ho voglia di "porcate"!
Caso esemplare: - telefonata dal distributore - "Non riesco a far benzina!! E' rotto il coso dove bisogna metterla? Adesso come faccio? Questa cavolo di macchina nuova, l'hai scelta tu!" "... ma che cosa stai mettendo?" "Benzina, che domanda?"... "appunto la macchina nuova è diesel, ciao".

...per fortuna ti piace scherzare... e a noi CI PIACI così!

Questo post partecipa all’iniziativa : Il mio papà è super perchè....
Il mio papà è super perchè...

martedì 22 maggio 2012

Papà, ho paura… pure io

Filippo corre veloce in casa e mi viene a prendere in cucina: “Papà, vieni, brutto. Ho paura…vieni!” e mi trascina con sé. Mentre guardava con Bea “Dora l’esploratrice” è comparsa una strega… bizzarra per la verità per nulla – almeno dal mio punto di vista – e apparentemente innocua… Eppure a Filippo fa paura.
Cammino con Bea tranquillamente sul marciapiede verso casa e incrociamo una ragazzina con un cagnolino minuscolo (rigorosamente al guinzaglio), tenero e simpatico. Ma per Bea non è così. Si aggrappa alla mia gamba e finché non è passato non mi molla sussurrando “Papà, ho paura”.
Due semplici episodi, due reazioni molto simili. Non si tratta degli unici casi, niente di straordinario: i bimbi hanno paura.  Filippo a quel cagnolino avrebbe fatto un sorriso, a Bea la strega di Dora fa un baffo. Ma in entrambi (casi e bambini), a parti invertite, la paura è comparsa all’improvviso come sentimento quasi paralizzante. L’effetto della paura è molto simile nei bimbi e negli adulti, ma quando la vedi nei tuoi figli, quando percepisci la loro ricerca improvvisa di protezione e vicinanza, quando ti accorgi che neppure le tue parole rassicuranti in quel frangente sanno rasserenare, ti rendi conto, che per loro fortuna in quel momenti almeno ci sei. E pare che per ora sia sufficiente. Ma la paralisi, la percezione del pericolo non scompare con la mia presenza, se ne va con la presunta minaccia dissolta. La loro difesa istintiva  è stringere una mano e cercare compagnia o affidarsi ad un abbraccio.
Ma di fronte a ciò che fare? Perché le loro paure hanno cause così diverse? Eppure stanno crescendo in ambienti uguali? Bisogna minimizzare in attesa che crescendo comprendano che le minacce sono altre? È consigliabile invece spiegare, aiutarli da subito a capire? Mi frullano molti dubbi in merito.
Poi ripenso a me e mia moglie… io non riesco a vedere – non reggo più di 10 secondi – i film horror. È più forte di me. Anni fa con degli amici andai a cinema a vedere Poltergeist 3 (mi dissero che era un film avventuroso)… all’uscita volevo farmi rimborsare il biglietto perché tenni conficcata la testa nel maglione praticamente per tutta la durata della proiezione. E a nulla serve ribadirmi che è tutto finto. .. Da quella volta niente cinema  a scatola chiusa!
Mia moglie, invece,  se scorge uno scarafaggio va fuori di testa… scappa, urla, trema. Manco  avesse di fronte un serpente a sonagli, un dinosauro, una pantera nera… e si arrabbia perché non riesco a trattenermi: mi viene sempre da ridere!
Sembra paradossale ma pare che le nostre paure si siano trasmesse quasi in maniera simmetrica (anche se con le proporzioni del caso) ai nostri figli: vuol forse dire che le paure di Bea e Filippo sono irreversibili? Oppure come misteriosamente assimilate, naturalmente scompariranno?
Tentare di esorcizzarle? Quali rimedi? Devo iniziare a pensarci!

Paura. Le vere paure, purtroppo, possono avere altre origini, ben più devastanti e difficilmente evitabili. In questi giorni molte immagini mi hanno messo davanti agli occhi ciò che mi auguro di non dovere mai incontrare da vicino. Preferisco ritrovarmi, con un pizzico di ironia, a riflettere sulle mie (e su quelle che compaiono nei miei bimbi) paure: quelle che posso in qualche modo affrontare...

domenica 20 maggio 2012

Effetto Contagio... !

Avevo promesso l'aggiornamento ed eccomi qui!

Bersagli (1)

Ieri giornatona da FestaDellAsilo con tempo clemente, pubblico delle grandi occasioni, bimbi scatenati, maestre felici (e non parevano neppure troppo stanche) e genitori obbligatoriamente sul pezzo.

Bersagli (2)

Per quanto mi riguarda, nelle due ore dei giochi  (con altri quattro intrepidissimi papà.. e non era esattamente una giornata estiva...), mi sono beccato un'infinità di gavettoni... non potevo schivarli proprio tutti! (Ma a Pino ne ho concesso solo uno... di striscio)... per il resto del tempo - rinfresco e il dopo  - ho vissuto momenti molto piacevoli.

Giornata riuscita, non c'è dubbio, con volti sorridenti e soddisfatti da tutte le parti. Va da sè che quello che conta di più, a mio avviso, è ciò che gustano i bambini: sono loro al centro e quindi è fondamentale che siano stati loro a diverstirsi di più. E quest'obiettivo sicuramente è stato raggiunto.

Una giornata come quella di ieri, per come l'ho vissuta e vista,  mi vien da riassumerla in due parole: EFFETTO CONTAGIO. Istintivamente quest'immagine, senza pensarci troppo su, racchiude nel mio immaginario non tanto il senso ma l'effetto di quanto avvenuto.
Il contagio è la capacità di propragarsi di "un qualcosa" (di solito di un virus) in maniera silenziosa, quasi automatica, da una persona ad un'altra. Spesso, quando ci si accorge che un contagio è in corso, è troppo tardi e non si può più far nulla. Questa dinamica l'ho vista ieri, con alcuni "virus speciali" che nessuno è riuscito a contrastare.

Il Super Vulcano fumante!
Il contagio del sorriso. Impegnato com'ero a schivare gavettoni non ho avuto la possibilità di seguire i mei figli in giro per i vari giochi, e neppure - quindi - di osservare ogni lato della festa. Nel mio angolo, però, ho subito notato l'effetto implacabile di uno dei  virus della giornata: il sorriso.

Ho visto sorridere i bambini, i genitori (quelli che giocavano, quelli  che semplicemente guidavano i loro figli) e le maestre. Ho visto sorridere la gente che dal marciapiede vicino, passando, osservava per qualche istante ciò che avveniva. Il contagio è stato rapido e senza sconti: anche tra di noi della zona "gavettoni" s'è creato un "ritorno alla spensieratezza giovanile" che ci ha indotti non solo a coinvolgere i bambini a colpirci (qualcuno appariva un po' intimorito), ma a scatenare -  in certi frangenti -  piccole battaglie con papà e mamme (o maestre) colpevolemente troppo compiacenti della nostra condizione di bersagli...
Ieri si è sorriso davvero tanto. Pare poco?


Bea e Filippo sul Camion dei "Pompieri",
 i super ospiti della festa!

Il contagio del senso di festa: non so se si possa considerate una causa o un effetto, ma a me è parso che tutti siano davvero riusciti ad entrare nel clima della festa, trascinati e contagiati dalla festa stessa. Anche i genitori più compassati o i bimbi più timidi alla fine si sono fatti conquistare. Imparare a far festa non è poi così semplice: vuol dire lasciarsi coinvolgere, non temere di mettersi in gioco, presentarsi con estrema libertà a quanto ti viene offerto.  Ho scorto questo contagio mentre inesorabilmente rapiva tutti, vincendo anche le resistenze di chi forse era lì più per senso del dovere che con il desiderio di un reale coinvolgimento.

Il contagio dell'ambiente. A me fa questo effetto: quando passo dall'asilo respiro l'aria di un ambiente sano. Credo che ciò valga per tutti gli asili, certamente lo percepisco in quello frequetato da Bea. L'effetto che genera un ambiente spesso non è dato solo dall'estetica ma da un intreccio di componenti, soprattutto umane, che rendono l'aria che si respira ricca di positività. Il contagio dell'ambiente è il meno appariscente, ma partecipare ad una festa predisposti dalla simpatia del luogo e delle sue persone permette, più genericamente, all'ambiente stesso di contagiare se stesso e di essere un portatore sano di serenità. Ciò infonde tranquillità, rasserena le menti e, visto che ci sono di mezzo i nostri piccoli bimbi, infonde molta sicurezza. E son certo che se anche qualcosa fosse andato storto, quando l'ambiente è così, non avrebbe cambiato di una virgola la percezione della giornata.

Poca cronaca, ma alcune percezioni personali che mi permettono di sorridere a momenti molto semplici nella loro apparire, ma molto ricchi nel loro essere.








venerdì 18 maggio 2012

Caro Pino, ti scrivo....

Domani festa dell'Asilo di Bea e qual'è il compito del papà? Fare da Bersaglio al gioco dei gavettoni! ...  Bea è tutta contenta (io un po' meno) e tutta divertita alla possibilità di colpirmi. 
Ma ha fatto di più:  ha raccontato alla classe il mio destino, tutta orgogliosa del ruolo del padre.
Quello che mi ha turbato maggiormente, però,  è stato quanto mi ha detto poco fa: "Papà, ha detto il mio compagno Pino (nome di fantasia) che ti colpirà di sicuro!"...
"Cosaaa? E chi è sto Pino?"
"Il mio compagno preferito, ma lo sai che è proprio forte? , per me ti colpisce...". E rideva... No questo è troppo!

Caro Pino ti voglio dire due o tre cosette da uomo/papà a bambino.
Tra me e te ci sono quasi 40anni di differenza, mi colpirari solo se lo voglio io e figurati se ti farò fare bella figura davanti a Bea.
Sotto sotto sono un "bastardo dentro" e  un mio amato pro zio  mi ricordava spesso questo detto dialettale: "vantas senza es vantà, l'è cume netàs el cuù senza avè cagaa" (traduzione letterale: vantarsi senza essere vantato è come pulirsi il sedere senza aver cagato). Ergo: attento ai colpi di rimbalzo.
Non sono ancora pronto a sentirmi dire da mia figlia che esistono compagni (maschi) preferiti. Fa parte di un istinto protettivo primordiale che devo ancora imparare a controllare. Non è colpa tua, lo so, ma di sicuro qualcosa avrai  fatto pure tu.
Ne parleremo a quattrocchi domani mentre ti asciughi.
A domani per gli aggiornamenti del caso.

"... Vite senza ieri". Parentesi letteraria

Questa sera mi voglio prendermi una parentesi letteraria. Amo leggere, non riesco più a divorare libri come qualche anno fa, ma ogni sera non spengo la luce senza aver letto un po’: una pagina o poche righe, capitoli interi o pochi capoversi. Dipende dalla stanchezza, ma non riesco a rinunciare a tenere in mano anche solo per pochi secondi il libro del momento.

In questi giorni sono alle prese con “Le nostre vite senza ieri” di Edoardo Nesi. Nesi mi piace, mi ha rapito con “Storie della mia gente” e quando un autore mi prende non lo mollo. E questo libro mi impedisce di rimanere indifferente, perché a partire dal titolo mi ha  tirato dentro il vortice del mio presente.
L’orizzonte generale è quello dell’Italia (vista con gli occhi e con le storie della sua gente, che non manca mai: i pratesi) che annaspa per non sprofondare del tutto dentro una  crisi che non vuol sapere di passare.  Ad un certo punto un capoverso in particolare mi ha colpito. Nesi scrive “Dobbiamo abituarci all’idea di essere soli, privi del conforto delle lezioni del passato perché il passato non ha più lezioni per noi, se non quelle che ci hanno regalato i grandi artisti, gli unici da sempre a poter vedere il futuro. Siamo condannati a vivere una vita senza ieri, proiettati a grande velocità verso il domani – ma forse potrebbe non essere così male. Dobbiamo convincerci che il nostro futuro può ancora essere immenso. Perché un giorno la crisi finirà…”. Amo i libri e chi li scrive non solo per quanto racchiuso dalla prima all’ultima pagina, ma perché spesso mi permettono di tirar fuori capoversi , come quello citato, che da soli a volte valgono l’intero libro. Magari non sono i migliori, forse per l’autore valgono meno di altri: ma un libro parla a chi lo legge, e quelle poche righe a me hanno colpito in modo particolare.
Nonostante sia per indole, per natura o per difetto genetico un tipo positivo, uno che guarda avanti e cerca di trovare l’appiglio per il sorriso catartico, in questi ultimi tempi non nego che dentro di me aleggi un senso di disagio, di rabbia repressa, di delusione. Il tutto misto ad un grande senso di impotenza. La vita senza ieri: ecco l’immagine che cercavo, quella che sa interpretare il mio malessere: è come se il passato (quello di ieri) stesse scivolando via sgretolato da tantissimi fattori (per lo più a me ignoti), lasciando a me – a noi -  un presente senza fiducia. La sfiducia è come un freno a mano tirato, ma non del tutto come quelli di una volta e ti accorgi che qualcosa non va quando senti la puzza dei freni che stanno bruciando, e il rischio è che ormai è troppo tardi.  Chi ha avuto in mano il nostro ieri (non tutti per carità) è stato talmente impegnato a godere del suo oggi da dimenticare il domani degli altri.
 Sono immagini iperboliche, ne sono consapevole, ma oggi tutto è fermo. Il lavoro sparisce o non si trova, la ricchezza generale diminuisce riducendo non tanto il tenore di vita (chi se ne frega) ma le possibilità che ti potrebbe offrire la vita (questo conta molto di più). I vecchi (non necessariamente anagraficamente) leader appaiono più presi dal timore di diventare insignificanti che dalla responsabilità di fare qualcosa. Se il possibile di ieri diventa rinuncia necessaria per l’oggi o ti disperi o provi a sperare nel futuro. “Dobbiamo convincerci che il nostro futuro può essere ancora immenso”: caro Edoardo, che coraggio hai avuto a scrivere queste parole. Ci voglio credere con te. Non come ultima spiaggia ma come una possibilità nuova per me, ma soprattutto per i mei figli. Che sono ancora tanto piccoli.  Mi auguro possano raggiungere “l’età della ragione“ dentro uno scenario diverso da quello attuale. Mi auguro che il loro presente “sia immenso” come il futuro che immagino perché dalla vita possano strappare tutto il bene che sa contenere!

giovedì 17 maggio 2012

Errare humanum est, se perseverare ci penserò...

Ci sono cose che non andrebbero MAI fatte perché vanno contro ad ogni linea educativa e ed esulano alla grande le  più elementari logiche pedagogiche. Il problema è che ogni tanto le faccio con la consapevolezza di sbagliare.  "Errare humanum est", e anche se non sono ancora nella fase del "diabolicum perseverare" vivo nella condizione, per metterla sul piano etico-religioso, del non riuscire a pentirmene del tutto. 

Questa sera è andata così, ma la descrizione del contesto è essenziale.

Dovevo incastrare alcune cose sorte all’ultimo momento. Una nostra amica, appena tornata da una breve vacanza in Campania, ci offre la cena. Forse è più corretto dire ci offre PER cena  - a casa nostra -  delle splendide mozzarelle di bufala fresche fresche. Già che c’è, invita un nostro amico, che è anche suo e che non vede da un po’ di tempo e quindi prende la palla la balzo. E lui accetta. Fissa pure le condizioni: “Alle 19.00 ti porto le mozzarelle così le tieni al fresco. Io devo fare delle cose importanti e torno alle 21.30 per la cena. Già che ci sei avvisi tu Tizio, che la cena è alle 21.30? Altrimenti viene prima e pretende di mangiare senza di me!”. Ma certo nessun problema (se vuoi comincio anche a sistemarti i documenti del 730, o ti stiro qualche camicia, … ma mi trattengo: gli amici sono gli amici, sacri anche nella loro imprevedibilità e fa sempre piacere accoglierli in casa). Ma poi penso... cena alle 21.30? Di solito (almeno in settimana) a quell’ora da noi cala il sipario: bimbi  a nanna e moglie sul divano. Questa sera si preannuncia una botta di vita.

E i piccoli? Come me li gestisco?  Faccio mente locale. La notte scorsa hanno dimostrato che la metereopatia esiste: a turno prima, e insieme poi,  hanno praticamente scandito le ore notturne manco fossero diventati un orologio a cucù. In sostanza hanno dormito veramente poco e con loro pure noi. Se li tengo svegli oltre le 21.30 domani chi ha il coraggio di portarli all’asilo con la faccia da zombie? E poi sul sonno sono un integralista.
Prima della nanna, però,  c’è la loro cena (e anche sul cibo sono integralista): va da sé che alle nove e mezza dovranno essere già in fase digestiva. Devo per forza studiare il piano cena-loro-da-soli senza destare eccessivi sospetti. In più la moglie si tratterrà al lavoro più del solito e comparirà poco prima della cena della seconda serata. Alla prima ha delegato il sottoscritto: “Tanto non farei in tempo”.
Eccomi allora cedere sulla scelta più comoda (l'errare si fa strada dentro il mio debole humanum) ma educativamente meno raccomandabile. La mia debolezza interiore prende il sopravvento di fronte ad un programma serale inconsueto e soccombe alla possibilità di gestire la cena dei bambini nel modo meno complicato possibile: davanti ai cartoni animati. Ecco lo scandalo! Lo so è un’eresia, un insulto a tutte le Tate del mondo. Ma è già tardi, la lavatrice è in azione (checcentra? Nulla, ma mi fa sentire meno in colpa), c’è da svuotare la lavapiatti, sono stanco, e i bambini più di me,  e così via: le attenuanti – seppur generiche - non mancano. Ho voglia di una cena senza stress e mugugni. La voglio rapida,  completa e almeno nutriente.
Scelto l’orizzonte spazio-temporale devo  pensare al menù. Voglio evitare il primo e il secondo (sul divano gestire il cambio delle portate è davvero un casino) e quindi mi invento il piatto Unico-salva-coscienza: passato di verdura, con le immancabili stelline,  farcito  da wustel tagliati a cubettini. Tutto in un colpo: verdura, carboidrati e proteine. Visto che il passato ultimamente lo schifano alla grande provo a sfruttare l’effetto cartone! Vediamo che succede.
Grazie alla simpatia ipnotizzante di Peppa Pig e alle imperdibili avventure del Pirata Jake, il mix “alimento completo” funziona alla grande. Visto che ormai gli schemi sono saltati, decido di imboccarli (fatto 30 perchè non far 31?) e nel giro di venti minuti (in maniera quasi inconsapevole) Bea e Filippomsi mangiano una quantità davvero invidiabile di sbobba iper nutriente! Nessun lamento, nessuna faccia schifata, nessun rimpianto … da parte mia.
Questa sera è andata così: errare humanum est.... se perseverare sarà meglio pensarci con calma.

martedì 15 maggio 2012

Un po' di romantico FiglioCentrismo!

Esigenze tecnico- pratiche (nel we avevamo programmato la sistemazione di una  parte della casa) hanno reso necessario tener lontano da casa i bimbi: Filippo (organizzazione preventiva) era già in montagna da qualche giorno con la nonna alpina, Beatrice invece si è spostata di poco a casa di mia suocera, la nonna cittadina. Tra me e mia moglie nessuna velleità romantica, il we è stato tutto lavoro vero: da venerdì sera a domenica mattina ci siamo immersi a svuotare, selezionare, ri-riempire, riordinare, eliminare, razionalizzare parte della nostra casa e il suo contenuto. Un vero tour de force. Nonostante i ritmi incalzanti dettati da un falegname superefficiente, in questi due giorni siamo riusciti a gustare uno stare insieme un po’ diverso, non bambinio-centrico, ma NoiDueInsiemeEBasta! Non ci succedeva da un sacco di tempo. E, a parte una mini diatriba sulle scarpe, siamo riusciti a non litigare, ma cheddico litigare, neanche accenni di discussioni.  Per prima cosa non abbiamo mai cucinato: abbiamo mangiato il peggio immaginabile ma senza piatti o fatiche (in fretta,  in casa o fuori), nella liberta di concederci qualche “porcata gastronomica” in libertà! Niente spesa, nessun vincolo di orario, niente cambi di pannolini, niente giochi, niente bagnetti, niente libri per bimbi, niente pianti, niente battibecchi su come fare con loro, nessun risveglio notturno con biberon in mano, nessuna immancabile sveglia all’alba. Questi due giorni di mini disintossicazione da preoccupazioni da bambini si sono rivelarti salutari.
Finalmente, domenica nel tardo pomeriggio, la famiglia si è riunita. E la casa ha ricambiato volto: Filippo e Bea si sono riappropriati del loro piccolo mondo familiare: dei loro (e nostri spazi), del nostro tempo, delle loro cose. Rieccoli ripiombare tra noi,  - metaforicamente - nella nostra vita: loro che l’hanno cambiata, arricchita, resa più frizzante. Loro che ne hanno modificato gli orizzonti, i punti di vista, le priorità. Loro che ne ne stanno dettando i tempi, che la riempiono di gioie e preoccupazioni, ansie e speranze! Proprio loro, eccoli scorrazzare per casa rincorrendosi con le loro spade, a sorridere e un istante dopo a frignare perché non sono padroni del giocattolo e non riescono a non colpirsi. Eccoli i nostri terremoti, le meteoriti piombate dentro la nostra coppia spensierata e da loro riportata sulla terra. Bea e Filippo, i nostri cuccioli. “Ma sapete, cari piccoletti, quanto mamma e papà vi vogliono bene?” Li mettiamo a nanna e osservandoli mentre prendono sonno mia moglie mi sussurra: “Come sono belli i nostri bambini!”.
Sorrido e  non riesco ad immaginare che si possa stare senza di loro.  

lunedì 14 maggio 2012

L'ansio-papà?

Mia moglie dice che sono troppo ansioso, che verso Bea e Filippo mi preoccupo troppo. A me non pare. È vero, mi preoccupo un po’  più di lei rispetto a certi temi, ma chiamarla ansia mi sembra esagerato. E poi, non sono una persona ansiosa. Anzi, col tempo ho  perso anche quella “micro-sindrome da esame” che di fronte a certi  momenti, appuntamenti o  scadenze importanti un tempo mi prendeva.
Però, non lo posso negare, se ci sono di mezzo i mei figli le mie attenzioni, ogni tanto, aumentano esponenzialmente. Mia moglie sostiene che ogni tanto sono esagerato e la sua insistenza su questo tema dell’ansia mi ha fatto credere che potesse esserci sotto qualcosa di vero: è proprio vero che la mia calma (a volte apparente ma non alziamo troppo la voce), si smarrisce quando entrano in campo Bea e Filippo? Com’è possibile? In quali occasioni? Eccomi allora tutto concentrato su me stesso per capire che cosa giustifichi questa opinione, e quali e quante siano le mie presunte eccessive preoccupazioni che spingono mia moglie a darmi dell’ansioso (proprio lei che riesce a farsi venire “ la sindrome d’esame” anche quando deve andare dalla parrucchiera).
Con un po' di fatica ci sono arrivato! Dopo un'attenta introspezione sono pronto ad ammettere quali sono gli aspetti esistenziali caratterizzanti la vita di Bea e Filippoche generano in me qualche preoccupazione in più. Nel mio manuale di pedagogia esperienziale i cardini su cui non riesco a derogare sono: il cibo, il sonno e il freddo. I bambini devono mangiare, dormire e non prendere freddo!
Il cibo. Retaggio giovanile? Non so, ma nelle mie orecchie risuonano ancora le parole delle mie nonne che nonostante avessi divorato due volte la loro mitica pasta e avessi fatto anche il bis del secondo avevano il coraggio di dirmi: “Ma perché mangi così poco? Non stai bene?”. L’appetito è sinonimo salute, inappetenza (anche solo presunta) significa indisposizione. Nel mio inconscio probabilmente questo dato è talmente radicato che, secondo me, Bea e Filippo non mangiano mai abbastanza. Li vedo immancabilmente inappetenti. Quindi da una parte sono alla continua ricerca di combinazioni culinarie che li spingano a mangiare di più, dall’altra quando mangiano poco (e questo – secondo me- accade spesso) mando segnali d’allarme a mia moglie che immancabilmente mi risponde: “Ma non ti preoccupare, quando avranno fame mangeranno”. E se la fame non torna? O torna tardi? O torna quando non ho che cosa la possa placare?
Il sonno. “mens sana in corpore sano” : macché sport! Il corpo è sano quando è riposato! Sarà perché oggettivamente quando non risposano abbastanza i miei figli diventano dei rompi scatole galattici, sarà perché il loro dormire mi genera tranquillità perché lo associo a serenità, sarà perché quando dormono sono davvero dei bimbi adorabili (e concedono tanta pace alla casa). Sarà per tutto questo, e quindi  se non si addormentano in fretta alla sera o se per imprevisti vari si riducono le loro ore di sonno, comincio ad immaginare quale indisposizione psico-fisica li stia colpendo o li colpirà.  Sul sonno non mollo: devono poter riposare tanto!
Il freddo. Il freddo, infine, è il nemico più tosto perché quando colpisce lascia il segno: raffreddori, tosse, mal di gola, otiti, bronchiti, e così via. in più sono un montanaro atipico: rifuggo il freddo e preferisco il caldo (anche se da quando abito in zona Milano e ho scoperto che cos’è l’afa cittadina, un po’ mi sono un po’ ricreduto…). La stagione invernale per me è una vera e propria via crucis attraverso il potere del gelo. I bimbi “potrebbero aver freddo”: quindi è fondamentale coprirli bene. Dalle scarpe adatte  (Le tennis d’inverno non si usano!!), alla berretta, passando per magliette, maglioni, felpe, pantaloni, sciarpe, guanti ecc., il corpo deve essere sempre coperto e riscaldato! Di giorno e di notte! ma perchè i bimbi si scoprono sempre??

Queste sono le mie tre preoccupazioni di base! Quelle basiche, probabile reale retaggio della mia esperienza infantile. E le mie attenzioni, particolarmente evidenti, probabilmente (e forse in certi casi anche giustamente) spingono mia moglie  a bollarmi come un ansioso. Vabbè finchè si tratta di presunta ansia non mi preoccupo... se cominciasse a diventare una forma di ossessione compulsiva vi chiederei immediatamente: "Fermatemiiii"!!!
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