Bea e Filippo

Bea e Filippo

mercoledì 31 ottobre 2012

Halloween... mi interessi?

Non ne faccio una battaglia personale. Neppure sociale. Non parto lancia in resta per una crociata inutile. Ci mancherebbe. Non voglio urtare neppure la sensibilità di chi si sta mobilitando da giorni con idee, con iniziative e con invenzioni per dare all'Halloween italiano una connotazione simpatica. In fondo come stimolo alla fantasia ci può stare. Liberi tutti di accogliere e vivere gli appuntamenti che si preferiscono. Per carità.
Semplicemente a me halloween non dice proprio nulla, non mi stimola la fantasia e non mi fa venir voglia di trasmettere ai miei figli nessun desiderio di "scherzetto o dolcetto" o di zucche di vario genere. Non ce la faccio. Che ci posso fare? Non riesco a non rimanere indifferente a tutto sto tran tran di nero e arancio, ad una simbologia che mi sembra lontana, poco credibile, artificiosamente costruita ed importata da noi per fare cassa in un periodo "morto". Nulla di scandaloso, ma neppure nulla di attraente... per me. 
E' un appuntamento che non riesco a collocare in un orizzonte che mi spinga a trasmetterne un significato. Se non ne sono attratto e non so spiegarne (perchè non lo vedo e non lo capisco) il senso perchè devo sbattermi a promuoverlo? Forse per far sentire i mie figli maggiormente inseriti nel contesto socio culturale che invece ne promuove la celebrazione? Mah, per fortuna non mi sembra così traumatico non esserne devoti, neppure per i miei figli.
Non voglio neppure proporre la contrapposizione nazional culturale con la festa di Ognissanti o con il ricordo dei defunti, non mi interessano battaglie di questo tipo. Anche se per certi versi mi spiace un po' vedere che queste ricorrenze siano relegate alla nostalgica sensibilità delle persone più sù d'età, come se il binomio naturale vita-morte non sia per tutti, giovani o bimbi compresi... ma qui si entra in discorsi di altra natura. Almeno - e tocco ferro - non si propone di portare la zucca nei nostri cimiteri.
Chiedo "perdono", quindi, se i miei bimbi non si stiano appassionando al mondo della "zucca"... lo so, verrò punito. Ma vale chiedere perdono senza pentimento?

lunedì 29 ottobre 2012

Lo Staccato-Pensiero: si fa sul serio!

Cara Staccata posso buttarmi nell'arena delle(i) Staccate(i)VSTaccate(i)?
Me lo permetti?
Mi intriga il tema, mi piace la foto delle scarpe?
Posso?
Se mi dici di sì ecco quello che scriverò:



Premessa biografica (a tema).
Non so se essere staccato sia un vanto o meno. Ma mi sento così e credo di esserlo.
Nonostante una moglie che negli ultimi anni ha virato prepotentemente verso una insana tacchitudine, la mia indole non me lo ha consentito. Non ce la faccio. Resisto... anche perchè mi è permesso.
Nell'abbigliamento: ripetitivo, abbinamenti non sempre impeccabili... non entro in un negozio da anni ... compero ormai tutto on line, con i rischi del caso... perchè i colori non sono sempre ben identificabili,.
Scarpe modello standard (solita marca e quasi solito modello) da 20 anni, tanto che sono certo che i miei colleghi sul lavoro siano convinti che ne abbia comperato un stock che consumo pian piano.
Scravattato, s-giaccato... all'ultimo matrimonio al quale ho partecipato ho dovuto indossare l'abito che ho usato al mio, perchè il completo di scorta non lo trovavo. Temo di averlo dimenticato in lavanderia. La cravatta  - se serve - me la faccio prestare e annodare da un mio vicino di casa... noleggia gratuitamente: santo subito!.
Ogni tanto la mia dolce metà mi cazzia... dice che non ho gusto e che i mie abbinamenti sono improponibli e, cosa riprovevole,  li ripropongo anche sui bimbi: se li vesto io sostiene che lo faccio alla cavolo.
Se fosse per me sarei ancora più aggressivo: adoro l'abbigliamento di montagna... l'outdoor da trekking:  è comodo, mi fa magro, figo il giusto. Ma in città mi prenderebbero per un maniaco! Cheppalle.
Ma sono staccato. In fondo me ne frego.
Staccato perchè alla fine faccio un po' come mi pare... mi piace andare per la mia strada: mi sento un "italiano medio" piuttosto libero. E sono libero con i bimbi, in casa e fuori. Un po' per scelta, molto perchè mi diverto e un po' per dovere... ma sulle incombenze da staccato lascio stare.
E qui si va oltre: tocco dinamiche che mi superano. Oltre il "tacco o s-tacco" pensiero checc'è?

Affondo filosofico (digressione a-tematica)
Ma lo "stacca-mento" è solo un fatto di vestiario? Di calzature? Di altezza metaforica del tacco (lunghezza o colore della cravatta)?
E' estetica  o ontologia? (miii mi sa che ora mi diverto).
Forse andrò fuori tema, ma mi piace immaginarlo un po' come filosofia. Non tanto da contrapporre al "tacca-mento", ma da  elevare a rango identificativo-esistenziale.
Certo, fornire una base teoretica allo "staccato-pensiero" non è semplice, ma cedere nella retorica affermazione che "l'uomo è cio che indossa" mi sembra riduttivo.
Voglio provarci.
Cara Staccata reggiti forte!

Mi affido per i pensieri fondativi dello "staccato pensiero" ai primi teorizzatori:

a. Stratobabbo: "lo sconnesso per eccellenza": è lo staccamento pensiero, nei suoi albori. Punto. Sconnessione come dinamica di approccio alla vita: non è la genitorialità a determinarlo, ma i figli a subirla. Per loro meno traumi: essere staccato come chiave relazionale. E la cravatta come nemico. Come partenza non è male!
b. Babbonline: "non si può essere genitori in giacca e cravatta con i propri figli, nel senso di persone rigide e attente all'esteriorià". Lo staccato non è rigido, se ne frega dell'esteriorità: "staccato dentro". Dove il dentro però si vede, eccome che si vede: viene fuori alla lunga con la sana consapevolezza che con i bimbi se non si è un po' flessibili e liberi è un casino. Anzi è un inferno perchè loro non sono programmabili.
c. Sinenobilitate: "Per questo mi considero staccato e distaccato. Perchè alla  faccia vostra mantengo comunque un mio stile e questo mi fa sentire gggiovane". Due concetti irrompono alla grande: lo staccato è distaccato, non dipende (credo di interpretare), si sente libero... "alla faccia". In più "si sente giovane": è una filosofia che rigenera e riduce la percezione dell'invecchiamento. Lo staccamento come condizione "rigenerante": il livello si alza!
d. Lorenxo: "da estetica a funzionalità" per sè, alla "nemesi" per i figli: qui le parole prendono corpo: parlano da sole. Non si scappa. Essere staccato significa rendersi liberi esteriormente (la propria funzionalità va preservata fino in fondo) per trasferire la nemesi sui figli: "l'irreprensibile apparenza" di chi è staccato, ma non si vede. Geniale.

Tiriamo i fili: il papà staccato è una condizione per e non contro. Ha i suoi nemici: la cravatta in prima fila, ma non ama le guerre, preferisce l'approccio "staccato" alla vita e al futuro. Un approccio libero, filosoficamente orientato al dentro piuttosto che al fuori. Ma quando è fuori deve potersi muovere in libertà: in piena funzionalità. I bimbi lo esigono e allora ci si "stacca" e di-stacca per loro!

Mi sono allargato e divertito... speriamo di non aver urtato la suscettibilità di nessuno... ma lo "staccato" che è in me sa anche essere un po' pirla,  ogni tanto!

domenica 28 ottobre 2012

Neve fuori stagione!

Non eravamo preparati... altro che ora legale!
La vera sorpresa di questa mattina è stata la neve... fiocconi giganti.
Scenario invernale ed eccitazione dei bambini: "vogliamo uscire a giocare!"
Mi chi se l'aspettava? Abbigliamento da autunno, "come faccio a spararvi sotto la neve!"
Ma le soprese vanno sfruttate!
Ci attrezziamo alla belle e meglio e via con il primo pupazzino di stagione.
Pochi momenti per evitare il primo assideramento, ma ci voleva!
Antipasto invernale con i fiocchi!
... per fortuna comunque domani torna il sole!

venerdì 26 ottobre 2012

La "guerra" è iniziata!

E' iniziata. Doveva succedere e mo' ci siamo dentro in pieno: Bea e Filippo sono in guerra. Quella vera, fatta di strategie studiate, colpi bassi, reazioni, rappresaglie, agguati. E chi li tiene più?
Bea "non lo fa mai apposta": lo spinge, gli ruba le cose, gli dà in testa il mestolo di legno, ma tutto ciò si svolge inesorabilmente senza intenzione. Filippo è un buono iracondo: si mostra tutto tranquillo, anche allegro e serafico, ma se parte sono dolori. Anche per la sorella più grande. Mena che è un piacere.
La guerra è iniziata.
Ormai non c'è momento che non scatti qualche scintilla per cui in qualche modo, o per qualche ragione, non debbano litigare.
Basta un nulla.
Bea fa la fredda calcolatrice ed espone sempre ragioni apparentemente incontrovertibili: quando non fa apposta, è evidente legittima difesa. Se non si difende contrattacca in maniera preventiva, manco Filippo possedesse armi di distruzione di massa.
Filippo mostra le ferite: "è stata la Bea", spesso invisibili...fa il furbetto indifeso: il frigno tattico (e col suo faccino a volte funziona pure).
Poi, però, va al contrattacco: si arrangia come può, e bene... la teppa.
Che cosa deve fare un genitore? Ad esempio un papà che con la propria sorella ha vissuto l'infazia nel sano clima di guerriglia casalinga? Ricordo i litigi, gli scontri continui... lo ammetto, ai tempi ero bravo pure io a far ricadere la colpa sulla femmina più maligna: la sorella! Cani e gatti ci definiva mia madre, e aveva ragione.
Ora con Bea e Filippo cheffaccio? Punire? Mediare? Rasserenare? Indagare? Contrattaccare? A volte mi viene quasi da ridere e mi devo trattenre... nel litigio sanno pur essere buffi. Ma non posso transigere: fermezza e richiamo ai principi della non violenza!
Per prima cosa li divido, per evitare il peggio. Poi cerco di ricostruire le dinamiche dei fatti per determinare non tanto il vero colpevole, ma almeno il grado maggiore di responsabilità. Per ora la dialettica di Bea la pone in vantaggio, ma visto che è la più grande è costretta ad andare di recupero... e mica sempre riesce.
Poi ramanzo l'uno e l'altro - tentando di calcare la mano su chi ha subito in quel momento il verdetto di colpevolezza -  nella speranza che comprendano l'inutilità della violenza tra fratelli: rompe solo il clima, alla fine la pagano entrambi. Faccio il duro, e se perdo la pazienza riescono a vedermi bell'incavolato.
Ogni tanto li metterei in quarantena, ma i ricordi mi frenano... i mei che ci avrebbero dovuto fare? Soprattutto a mia sorella. Aveva sempre torto.
Faccio quel che si può, ma in certi momenti verrebbe davvero voglia di ..... lasciamo perdere.
E li guardo fiducioso: anche le guerre finiscono!

lunedì 22 ottobre 2012

Filippo inappetente? .... Mah!

Ne ho parlato con ironia, ma per un bel po' di tempo mi ha fatto preoccupare. E non poco.
Le fatidiche sette camice per nutrire quella teppa di Filippo....

Se volete leggere il com'è andata su Autosvezzamento il Post completo.

Grazie per l'ospitalità!

venerdì 19 ottobre 2012

Air Food Project - Un appello importante!

Aiuti alimentari agli indigenti sì o no? A questo tema tengo molto.
Sono dieci anni che lavoro in questo mondo e ne ho viste davvero molte.
Il sostegno alimentare alle persone che "fanno fatica ad arrivare alla fine del mese", o a tutte quelle che manco riescono ad iniziarlo il mese, è il minimo che un Paese civile (e un'Europa civile) dovrebbe garantire.
Da 20anni le eccedenze agricole dell'UE (semplifico un po', ma sostanzialmente è così) sono destinate agli Stati richiedenti perchè diventino cibo per gli indigenti.
E in Italia questi aiuti arrivano a circa 3.000.000 di persone. Sono tante: famiglie, bambini, anziani, giovani. Emarginati o famiglie integrate apparentemente a posto, ma in grave difficoltà.
Una rete di 16.000 Strutture Caritative, e alcuni importanti Enti Caritativi di I Livello (es. i Banchi Alimentari, Le caritas, la Crocerossa, Sant'Egidio ecc.), attraverso l'opera di migliaia di volontari, si occupano di questo: incontrare chi ha bisogno e distribuire pacchi alimentari come supporto alle difficoltà delle persone.
Per non parlare delle mense dei poveri, delle unità di strada, dei dormitori, delle case d'accoglienza e così via. Una Rete immensa, capillare, unica... e spesso silenziosa. Ma vitale, ricca di umanità e sensibile. E oggi fortemente preoccupata. Molto preoccupata.
Nel 2012 saranno distribuite circa 80.000 tonnellate di prodotti (pasta, riso, latte, formaggi, biscotti ecc.), nel 2013 questo aiuto non verrà a mancare.
Ma dal 2014 tutto finirà.
Questa è la prospettiva e la scelta: la Germania ha creato una minoranza di blocco perchè non vuole che si utilizzino fondi europei per gli aiuti alimentari. Sostiene che, "finite le eccedenze di produzione", i prodotti non possono essere acquistati. Tutto finirà.
Ogni Stato si deve arrangiare: ai suoi  poveri deve provvedere per i cavoli propri.
L'Europa che è disposta a ricapitalizzare le Banche con migliaia di migliardi di euro (e mi fermo qui per pudore), non se la sente di impegnare 500 milioni per continuare un'azione di sostegno a chi realmente è in difficoltà!
Un sostegno concreto. Che funziona e  che molto spesso va ben oltre la consegna di un semplice pacco alimentare: diventa ascolto, compagnia, aiuto, tentativo di inclusione, condivisione, dialogo... Alleviare il bisogno e ridurre la solitudine. Con il cibo si può. Senza si delega tutto alla burocrazia, abbandonando di fatto milioni di persone, alle probabili NON risposte... ad un'amara solitudine.

Ecco allora la petizione e l'appello lanciato dalle grandi Associazioni Caritative Francesi (cattoliche e laiche insieme) attraverso L'Air Food Project e rilanciato in Italia dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus (dove da anni lavoro).

Un progetto virale, da diffondere per chi vuole sostenere questa "battaglia" a favore del sostegno alimentare agli indigenti.

Chi condivide questo impegno. Chi ha voglia. Chi semplicemente ritiene la cosa giusta:  lo faccia girare!
Il modo più semplice e immediato è attraverso questo bellissimo video!

Grazie!

ca

giovedì 18 ottobre 2012

Piccoli milionari? No, piccoli e basta!

... post ispirato da Volete dei piccoli milionari...

E' spesso più facile fare in modo che i bambini "siano innalzati" al nostro livello di adulti, piuttosto che fare lo sforzo di abbassarci al loro.
Nel primo caso tendiamo a rendere innaturali i percorsi con la bruttissima affermazione “sono degli ometti/ delle piccole donne”. Ma è più facile fare così. Alla fine noi facciamo quello che ci piace e l’adattamento è delegato dei bimbi: se poi si annoiano, non capiscono, rimangono disorientati son “cavoli loro”.Li immegriamo in cose, mondi esperienze che spesso non sanno comprendere e apprezzare. Se fosse il contrario ci dovremmo probabilmente interrogare...
Non ci rendiamo conto che al posto di aggiungere a loro qualcosa rischiamo di privarli del necessario: del gioco, dei tempi a loro misura, delle freschezza della loro età, dell'unicità del loro mondo e del loro tempo. In questo caso irrimediabilmente irrecuperabile. Non si torna indietro.
Perchè mandarli a scuola un anno prima (per fare un esempio... forse dei meno drammatici)? Un anno in meno di giochi e tranquillità perchè? Per lavorare un anno prima. Esagero: ma mi sembra accanimento terapeutico....
Nel secondo caso la scelta è diametralmente opposta: come genitore “mi abbasso al loro livello” per garantirne una crescita graduale, equilibrata, serena. Senza strappi o pretese inutili (e spesso nocive).
Mi abbasso in senso figurato: non divento bambino, ma entro nel mondo del bambino perchè i piccoli lo percorrano tutto e fino in fondo. Le scelte saranno fatte per loro, non per me. Perchè si preparino ad ogni dopo - il fantomatico futuro -  gustando tutte le fasi della crescita, senza odiose anticipazione esistenziali!
Purtroppo l’autoreferenzialità di noi adulti spesso si ripercuote sulla cura e sulla sana educazione dei bambini.
Riflettere a volte sull'inutilità per un bambino di bruciare le tappe mi sembra d'obbligo. E urgente. Non rubiamo il loro tempo. E l'innocenza: Non togliamo l'innocenza all'infanzia dei nostri figli
Altrimenti se poi non diventano milionari è davvero un casino!

lunedì 15 ottobre 2012

Così belli, così da grandi (celli)

"Ribelle", "L'era glaciale", "Madagascar", per non parlare di "Cars 2" e così via. Tutti questi film d'animazione per bambini (per come sono presentati, indicati e pubblicizzati) sono speciali: belli, affascinanti, creativi.

Li ho visti tutti d'un fiato. Rapito dalle scene, dagli intrecci narrativi, dalle invenzioni. Sono rimasto ammirato dal risultato e mi piace immaginare l'immenso lavoro che c'è  alle spalle.
Ma quello che mi colpisce ogni volta -dopo la visione - è un'altra cosa: i volti dei miei bimbi. Dopo ogni film rimangono imperturbabili. Nessun entusiasmo, nessuna particolare espressione compiaciuta. Per certi versi volti un po' sollevati dal termine delle visioni.
Da una parte insistono sempre un sacco per vederli, dall'altra, appena visti, sembra siano usciti dalla visita del dottore. Ieri ad esempio li ho portati a vedere l'Era glaciale 4, al termine chiedo: "Ma vi è piaciuto?". "Sì....", un sì traballante, talmente poco convinto da riattivarmi gli allarmi intellettuali..., si fa per dire. E qualche micro riflessione.
Rifletto. Ci penso. I miei sono abbastamnza piccoli (3 e 5 anni) e checchesenedica l'età fa la sua parte. Anzi, la fa alla grande... e potevo capirlo prima. Ma sono film adatti a loro?
Magari mi sono lasciato ingannare da quelle famiglie che hanno portato bambini di 4/5 anni a vedere Spiderman o l'ultimo Batman, (... non vi dico i volti tramortiti di questi poveri piccoli al termine di queste visioni)... se sono film adatti ai bambini appendetemi sull'albero maestro della  nave di Jake Sparrow!
Ma torniamo ai film d'animazione in questione.
Secondo me non sono per bambini. Non sono costruiti per loro, è evidente. Forse per ragazzi. Genericamente oserei direi: per grandi.
Quei film hanno trame abbastanza complesse, ritmi serrati, dialoghi molto veloci, scene di impatto che aumentano il battito cardiaco ad un adulto, figuriamoci ad un bambino. Gli intrecci impongono passaggi logici quasi da adulto. Ma a colpirmi è la velocità: sia delle azioni che del parlare. Ma bimbi (ipotizziamo) dai 5 al 7/8 anni sono davvero in grado di seguirli con un minimo di soddisfazione? Ho i miei dubbi. Seri dubbi.

Chi li ha creati probabilmente lo sa: perchè abbiano successo si deve allargare il pubblico potenziale. Si generano personaggi e storie genericamente per bambini ma poi quando si costruisce il film il raggio di chi lo può (e deve) apprezzare viene inevitabilmente dilatato. Il bambini rimane attratto dai personaggi, ma si sconnette dal film... e quindi quello che conta è merchandising successivo.
Non so se si tratta di questioni di businnes o perchè è più semplice così. O forse semplicemente costruire qualcosa davvero per bambini iìnon importa più di tanto. Non lo so.
Ma ogggettivamente questi sono film da grandi. Belli, unici nel loro genere e affascinanti. Ma da grandi. O almeno da grandicelli.
E quest'equivoco, comunque, non è banale, perchè le dinamiche che possono generare nei bambini sono tutte da capire.
Mah... ho esagerato?


mercoledì 10 ottobre 2012

Figli a Tavola: fatica e opportunità!

"ho praticamente riscritto un vecchio mini post... perchè molto è cambiano... anche nella mia testa"

Parliamo dei bimbi a tavola!
Nella mia condizione  privilegiata in famiglia mi tocca cucinare. E' il papà, cioè sono io,  a spadellare quotidianamente  e i motivi  di tale privilegio sono essenzialmente due: mia moglie torna regolarmente a casa più tardi di me e, sempre, mia moglie non ama cucinare (per usare un eufemismo).
Ma cucinare per due bambinetti di 3  e 5 anni è un'avventura. Anzi a volte è uno stress...
Bisogna saper mettere insieme molti fattori imprevedibili, che rendono questo momento a volte un'incognita. E' necessario attrezzarsi in capacità strategiche e tattiche, senza dimenticare fantasia e pazienza.
Oddio, se rispettassi il loro volere mi basterebbe cucinare ogni giorni wurstel (o polpete), "stelline in bianco"(o pennette), carotine crude e, al limite, alberelli per Filippo e cipolline per Bea. Con queste pietanzhe chi li ammazza.
In fondo sono essenziali e hanno le idee chiare.
Ho l'impressione che, a volte,  per loro (il) mangiare sia una specie di perdita di tempo: tanto vale occupare quel tempo con cibi semplici e graditi. Ma soprattutto occuparlo per poco... fare in fretta è la regola.
I primi tempi quest'avventura mi pesava un sacco. Da una parte non mi sembrava giusto, per un fattore educativo, non assecondare i loro gusti e basta, dall'altra sapevo che di fronte a proposte diverse dalle attese avrei dovuto intraprendere momenti di faticoso "convincimento" almeno all'assaggio.
A tutto questo si aggiungono fattori di altro genere che rendono il processo ulteriormente faticoso: il tempo a disposizione (sempre poco...), la paura che non si nutrano abbastanza (limite oggettivo di un "ansio papà" in erba... ma sono guarito presto), l'orgoglio dello chef incompreso: ma come non possono piacere certi miei piatti?
Ma come non tentare di fornire almeno una parvenza di equilibrio nutrizionale? Ed uno stratagemma che sto adottando da qualche tempo,  che, per ora (tocchiamo ferro), sta funzionando. Discretamente...
Basta con primo e secondo (quando non ingrana il primo è un casino vero,  saltano pure il secondo tra capricci, ritorsioni ecc.), tutto è "accumulato" nel "Piatto Speciale", così l'hanno battezzato i piccoli!
Un tris con il primo, una verdura e il secondo e il tutto poi concluso con la "gara della frutta" e, se capita, il dolcino. Attenzione alla varietà, alle dosi e alla presentazione. Ma un po' funziona, anche perchè il tris è lo stesso che mangiano anche mamma e papà. E anche nel mio piatto c'è attenzione alle dosi...
So bene che non si tratta di un'invenzione particolamente originale, ma per ora si sta rivelando abbastanza efficace. Il problema però è creare un tris diverso ogni sera generando un equilibrio di sapori che si integri e che in qualche modo piaccia.
E qui scatta la pianificazione e la strategia. l'ho risolta - sono in fase sperimentale -  più o meno così: pianifico la spesa e mi creo una un provvisorio menù settimanale! Questa settimana ad esempio  i tris entrati in gioco sono stati:
1) raviolini in brodo, spinaci e polpettine (di fatto mini svizzere ricoperte di pan grattato).
2) pasta al pesto, frittatina e piselli,  - questo è andato alla grande! -
Questa sera ho programmato: 3) minestrina, alberelli (in realtà broccoli), filetto di platessa.
E domani mi butterò su risottino, carotine e bocconcini di pollo.
Confesso che le mie abilità culinare non sono un gran che, per cui qualche suggerimento mi farebbe molto comodo.... ma al di là di questo sano S.O.S., quello che mi vien da dire sul tema è questo: "nutrire" i propri figli non è una cavolata. Decidere che cosa possono mangiare, aiutarli a farlo in un certo modo, educarli ad apprezzare il momento dello stare a tavola, trasmettere il valore e condividere il rispetto di quanto si trova nel piatto... ebbene tutto questo rende questo momento da una parte una fatica (almeno per me...), ma anche una grande occasione. Un'occasione che si perde (almeno a me capita) quando stresso i bambini perchè mangino e quindi un'occasione che spesso non comprendo del tutto nella sua valenza profonda, ma che porta con sè significati che vanno al di là del semplice atto del "dar da mangiare".
A volte succede che tutto fili liscio, che si stia a tavole anche più di un'ora: i bimbi mangiano, parlano, sorridono.
Cibo (apprezzato e consumato) e convivialità: che bello!

Questo Post partecipa al Blogstorming

martedì 9 ottobre 2012

Presente e Ricordi

Forse certe cose non si devono più fare. Non lo so.
Domenica ho portato i mei bimbi, con alcuni amici a raccogliere castagne.
Ho scelto i luoghi della mia infanzia, i boschi dove da bambino passavo ore con mia nonna e con mio padre.
Ho ripercorso itinerari conoscevo a menadito... un tempo meglio, ma la memoria regge ancora.
Era davvero da tanto che non mi rimmergevo con calma in questi luoghi.
Tanta familiarità. Tante Esperienze.
Belle e spensierate e anche faticose.
Ho incontrato dei mei parenti alla lontana che terminavano la vendemmia. La vendemmia: bellissima! Per me indimenticabile.
Addirittura una cugina di mio padre mi ha detto che "sembro ringiovanito".
Abbiamo mangiato davanti alla chiesetta di una piccola frazione disabitata, su un tavolino in pietra costruito da mio padre almeno 30 anni fa con il mio aiuto.
Era caldo, si stava bene. Anzi benissimo.
I colori non erano ancora quelli autunnali, ma i profumi quelli sì.
Uva, castagne, fichi, funghi, noci... muffa.
Bimbi scatenati, contenti, allegri, liberi, spensierati.
Completamente a loro agio.
Si sono lasciati conquistare da cose semplici e le hanno lasciate entrare, senza barriere, in loro.
E così hanno gustato i luoghi e il tempo. Se si è liberi è facile.
Pure io contento per loro e con loro.
Ma quanti ricordi. Di volti che non ci sono più.
Di momenti unici. Di un mondo passato, lontano.
La natura non passa, si ripresenta e ti ripresenta i suoi cicli, i suoi frutti, i suoi odori.
Lei aiuta a fissare i ricordi. Per fortuna non tradisce.
A due passi dal mondo che ha corso avanti davvero in fretta, lì sembrava che tutto si fosse fermato.
E il mio parlare, per molti momenti della giornata, è stato quello di un vecchio... sembravo mio nonno.
"Qui ho fatto, qui ho detto, lì con mia nonna, là con mio papà...Ricordo che una volta... e così via".
Mi sono ripigliato sul tardi.
Tornando in città la mia mente era ancora rapita dai quei ricordi. Non riusciva a liberarsi. Tanti ricordi.
Di chi non c'è più.
Contento e malinconico, pensavo.
Tutti domivano in macchina... ed io mi tornavo a quel mondo..
Forse certe cose non si devono più fare.
O forse sì, senza paura dei ricordi. E di se stessi.

giovedì 4 ottobre 2012

Arrabbiarsi s'impara...

Non arrabbiarsi mai è impossibile. Come si fa? Ripeto: è impossibile. Almeno per me.
Adoraboli e scassapalle! Divertenti e irritanti. Teneri e insensibili. Pacifici e scatenati. Calmi e isterici.
Tutto e il contrario: un mix esplosivo che a volte mette a dura prova ogni tentativo del "devo stare calmo". E' impossibile non arrabbiarsi mai. Almeno per me.
Giocano e dopo qualche minuto uno dei due piange. Poi tocca all'altro. E finiscono insieme, con Filippo cheddice "è stata la Bea" e Bea che risponde "non ho fatto apposta": come se un calcio negli stinchi o una sberla fossero imprevedibili. Non apposta de che?
Entrano in casa tolgono la felpa e la lanciano per terra. Perchè? Mi sto ancora rispondeno che una scarpa vola sul tavolino e fa cadere il telefono.
Ti chiedono:  "papà ci fai la pasta col pesto, dai papà.." ... e dopo non la mangiano. Miiii che rabbia.
Si mettono in camera loro e l'obiettivo non è tanto disordinarla (chissenefrega), ma rompere qualcosa: che sia un libro, un pupazzetto, un gioco ...
Vogliono disegnare. Che bello! Ma poi li trovi per terra col parquet arcobaleno che comincia a prendere tonalità impensabili. E mai che rimettessero un tappo!
Buttano i cuscini del divano sistematicamente sul pavimento: ma io e la mamma (soprattutto la mamma) ci appoggiamo la testa!
Si bagnano solo perchè mentre bevono pretendono di fare altro o di farsi i dispetti. E se fanno il bagnetto acqua da tutte le parti... manco a dirlo.
Raccomandi e ricordi, inviti o ordini (quando ci vuole), suggerisci e richiami... ma  - spesso - mica ascoltano.
Tante volte non mi arrabbio (ammetto ce la faccio), li prendo per il lato storto, li smusso col sorriso, con  gesti più lenti, con parole che sdrammatizzano - ci provo almeno -. Ripeto o rassicuro. Sono rigido e mi smollo: cerco di ottenere attraverso le vie della bonarietà o del compromesso. faccio il paziente: non è la mia dote migliore, ma con l'esercizio...
Ma a volte proprio non ci riesco. Non mi è possibile.
Un po' perchè in certe circostanze sono davvero bravissimi ad esasperarti.
Per loro non ci sono mai attenuanti o condizioni particolari: mal di testa, stanchezza, ritardi, necessità di un po' di raziocinio o ordine. Per loro - d'altronde è così - è sempre il momento di essere se stessi, nel bene o nel male. Nella pace o nel caos. Nella serenità o nel conflitto. Non sanno mentire a loro stessi: è bello questo. Ma è una sentenza: soprattutto se ti pesa riescono a farti arrabbiare!
Mi arrabbio: so che quando ci vuole ci vuole. Alzo la voce: mi impongo e vedo che capiscono che devono cambiare registro. Lo capiscono perchè non sono scemi... e lo fanno.
Ma non mi piaccio mai quando mi arrabbio! E mi piaccio ancora meno quando mi rendo conto che mi sono arrabbiato per un motivo non del tutto valido. Capita anche questo.
Anzi ogni tanto mi pento anche... era il caso? Forse non ho esagerato nell'alzare la voce? Non potevo avere un po' più di pazienza? E mi pento.
Fatto sta che è così: pure l'arrabbiarsi fa parte della relazione papà e figli. Al di là dei modi, delle dinamiche o dell'intensità, i bambini lo sanno ( a volte lo temono) e ne sanno cogliere -  crescendo sempre di più - ragioni e conseguenze. Implicazioni e insegnamenti.
Non arrabbiarsi? E' impossibile... ma non mi piace.

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