In questa riflessione “socio paternalistica”
voglio ribadire ai quattro venti che il papà (che sarei io) e la mamma sono
anzitutto marito e moglie.
La nascita dei figli però, nel caso specifico desiderati,
è riuscita a rimettere in gioco questa dimensione. Di certo non apposta.
La dimentico io, che mi
considero spesso più papà, e la dimentica pure – lo confesso, meno di me - la moglie che tende (anche perché spesso
fisicamente più coinvolta) a sentirsi più mamma, molto mamma… tendente alla
super mamma (nel caso nostro è una tendenza abbastanza embrionale, ma il
concetto è funzionale al ragionamento).
E così i figli, a loro
insaputa, diventano il centro di tutto: delle attenzioni, del tempo, degli
affetti, dei programmi …
Al centro delle discussioni: col tempo hanno come protagonisti i figli. “Non fare così… stai sbagliando … lo fai
piangere …. Stai attento/a … non capisci che si deve fare così, … ecc.”.
Al centro della gestione tempo:
“Non possiamo fare quella cosa lì perché poi
viene tardi si stancano, …. Vacci tu”. “Bambini, veloci è tardi…”. “Che
facciamo in qs we?” “Che vuoi fare: Bea è invitata dall’amica X, Filippo ha la
festa di compleanno del compagno Y: facciamo gli autisti…”.
Al centro di pensieri,
preoccupazioni, progetti a breve e medio termine, dei bisogni ecc. un centro in
cui necessariamente gravita la gran parte delle decisioni che si prendono. Un
centro volutamente condizionante.
Essere marito (e moglie) diventa
una condizione vaporosa, quasi addizionale.
Giusto o sbagliato che sia a
volte è così, … o spesso?
Mi limito a registrare questo
fatto che ho vissuto (e sto vivendo) perché lo ritengo non banale.
Alla fine vengono un po’
trascurati quelli che sono i nostri bisogni di coppia…. Superati da quelli che
si presentano per confermare la condizione di paternità o maternità.
Sono convinto che il rapporto
originario (e originale) sarà sempre quello di coppia, non quello con i figli. Essere dei
“bravi” genitori (uso le virgolette perché capire che significa quel bravi è un
bel problema) si genera nella capacità di consolidare il proprio rapporto di
coppia. Il papà deve cercare di essere anzitutto marito e la mamma moglie.
Sono un marito anzitutto. (azz…
me lo devo assolutamente ricordare!). A dire il vero ci pensa più lei, mia
moglie, a ricordarmelo spesso chiedendomi più attenzioni, cazziandomi il giusto (sempre
troppo… ma si accetta), mantenendo dinamico e quindi in crescita un rapporto
che non si è fermato nei giorni della nascita di Bea e Filippo.
Sono certo che proprio loro
beneficerebbero di questa dinamica.
I bisogni reciproci: questi
sono importanti. I bambini impongono i loro, e portano con sé una serie di doveri, indotti dal loro esserci
e dal nostro (direi innato) desiderio di cura, protezione, amorevole paternità.
Ma i nostri bisogni restano. Perché
limitarsi a sostituirli con quelli dei figli? Che ci guadagniamo? Metterli in
disparte per poi riproporli? Non è che si finisce per dimenticarli? Quasi da allontanarsi
inconsciamente dal partner?
In fondo siamo spesso
contornati da …azzi vari, brutti e buoni che siano, e non sempre sono collegati
ai figli. Il lavoro, il contorno amico-socio-parentale, il tirare avanti la
baracca, stanchezze, scadenze, desideri frustrati, incavolature…. In questi
rompicapi quotidiani i figli possono diventare un appiglio o un “peso”.
Mantenere la complicità. Parlarne.
Non farsi travolgere….
Rimanere marito,
fino in fondo!