Bea e Filippo

Bea e Filippo

martedì 26 novembre 2013

Avvisaglie... di Natale

Il Nostro presepe!
E' già Santo Stefano!
Fra un mese il Natale sarà già passato.
Dietro le nostre spalle. Volato via.
Manca meno di un mese!
A casa nostra, per la verità,  è già comparso il calendario dell'avvento e la mamma s'è prodigata a fare un angioletto per il Presepe di classe all'Asilo. Avvisaglie...
La nostra casa cambierà volto il prossimo sabato: albero e presepe faranno la loro comparsa.

Il nostro Presepe, quello comperato "a pezzi" (= a rate) e il classico albero finto da "condominio milanese" modificheranno lo scenario e la geografia del nostro salotto. Bello il presepe vero?

Chissà che penserà la tartaruga... festeggerà il Natale pure lei?

Riprendo in parte le parole di un post vecchio... lo faccio perchè sono ancora talmente presenti in me da non riuscire a trovare di meglio.


Attesa. Attesa, sì proprio lei..
In questo tempo mi ritrovo spesso ad attendere che accada qualcosa. Di quello che poi si verifica o di quello che accadrà: chissà. E' il secondo che mi prende. Come ogni anno, di questi tempi.
Attendo il Natale.  E' l'appuntamento annuale che sa imporsi in me, che non riesco (e non voglio...) tenerlo fuori e neppure ai margini. E' evocativo di tanti ricordi, e a questi non si sfugge. Sa ripresentarmi tradizioni alle quali sono legato, anche se a volte sono un po' impolverate, o semplicemente meno vitali.
Ho voglia di fermarmi, di calore casalingo. Di risentire e rivedere un po' di gente che durante l'anno sfugge. Senza colpe. E' il circolo delle esperienze che allontana e riavvicina.
Ricordo i rientri al paese per le Feste, gli incontri - sempre senza appuntamenti - con gli amici: incontri più forti delle tradizioni. Legami che rimangono anche senza incontri.
Desidero respirare l'aria di festa, di lasciarmi contagiare da lei, anche se attorno è più quello che si spegne di quanto si accende.
Ho voglia delle sue (... sempre del Natale parlo)  melodie, dei suoi profumi, dei suoi tempi, delle sue preghiere. Sì,  quelle che si sentono o si recitano. Spesso non si sa perchè né per chi... ma ci sono. E mi fanno pensare: sono eco di desideri. Anche dei miei.
Ricordo la Mezzanotte, nei vari luoghi in cui ho vissuto. Il prima con il presepe vivente, il silenzio che raccoglie pensieri se ti lasciavi rapire dalle dolci note tipiche di quei momenti. La Messa, quella dove si stava stretti perchè troppi. Dove il parroco cantava tutto, ma proprio tutto. Dove i bambini si addormentavano.
E il dopo: auguri, sorrisi in piazza, il profumo del vino speziato. Un sacco di abbracci, vicinanze di quel momento lì: fiorite e sfiorite in pochi istanti (ma non per questo necessariamente povere) e rinviate a ricrearsi alla successiva mezzanotte.
Ho voglia dei suoi simboli, dell'albero e del presepe. Il presepe, oggi nella mia casa cittadina è originale e senza impatto ambientale... ai tempi costava fatica: andavo a raccogliere il muschio nel bosco. Magari ghiacciato. Ma era bellissimo, perchè poi sistemare le statuine era un conquista. Era tradizione... oggi è più memoria.
Ho voglia di sorprese. Di guardare i miei figli negli occhi, di fronte ai momenti che pure loro attendono con trepidazione. Aspetto i loro sorrisi. Il loro stupore. Il loro calore.
Grazie a loro mi ritornano in mente le attese da piccolo. Quando mi alzavo dal letto presto, vincendo la mia pigrizia perchè volevo scartare il mio pacchetto riposto sotto l'albero. Non so perchè m'è rimasta l'immagine dei pennarelli: queste mega scatole di pennarelli. Proprio a me che a disegnare e colorare ero una cippa. Ma erano tempi grami...
Attendo il tempo che rallenta. Omaggio delle feste. Un tempo non lo sopportavo, preferivo la velocità, ora me lo gusto, perchè è presenza di chi amo. E mi basta.
Attendo le ferie. Il non pensare al dover per forza fare, ma al fare quanto  desidero o scelgo.
Di non dover aspettare che la moglie torni dal lavoro in un orario decente. Di non dovermi incazzare perchè il lavoro oggi ha meno slancio di ieri, anche se ne avrebbe bisogno di più.
Attendo il nuovo anno e ringrazio i mei figli che mi offrono la scusa per vivere il passaggio come piace a me. Senza casini. In pace. Preferisco osservare... e la semplicità.
Attendo che tutto passi, perchè dopo un po' mi rompo. Le pause invernali troppo lunghe mi rendono alla fine un po' claustrofobico. Il freddo mi frena.
Che tutto passi perchè vuol dire che ricomincia la discesa, verso le stagioni che amo di più.
Attendo che il qualcosa di nuovo poi accada davvero. Che si esca dal tunnel di ciò che non c'è più, per rivedere la luce del nuovo che si rigenera. Di qualcosa che ci riporti a galla, per riprovare davvero ad offrire un futuro migliore a chi se lo merita. Le stesse speranze di 30anni fa...
Attendo. E provo a non fermarmi.

venerdì 22 novembre 2013

Bea a scuola. Un primo assaggio

Sono passati più di due mesi da quando Beatrice ha iniziato la scuola. Con lei di fatto l'abbiamo ricominciata anche noi genitori. Un figlio che inizia la scuola vede aprirsi per sé un mondo nuovo, ma sono tante anche  le novità che toccano la famiglia. Agende da riaggiornare, avvisi da memorizzare, appuntamenti quotidiani col diario, con l'astuccio. I compiti, i primi giudizi. La merenda da non dimenticare... I giorni di ginnastica. 
Una piccola rivoluzione, lo ammetto, non tanto nel menage generale, ma in quello quotidiano. Sempre all'erta.

Parto dalla novità più importante: il colloquio con le maestre. Il primo. Mia moglie purtroppo non ce la poteva fare. Eccomi allora puntuale. Ci sono arrivato senza pensieri e in quei pochi minuti d'attesa me ne sono sorti un sacco. Chissà come va Bea? Sarà attenta, educata, socievole? Ascolterà le maestre? grosse apprensioni no, ma in fondo parleranno di mia figlia. 
Entro. Mi accolgono con un sorriso. Tutto ok. La faccio breve. La partenza è stata molto buona... che continui così. Esco soddisfatto, i dubbi sono fugati. Sono contento per Bea. Si merita di sentirsi riferire da me i complimenti sul percorso fatto, anche perchè non sempre io e mia moglie siamo di manica larghissima. E' giusto. Come va da sé la raccomandazione a  non abbassare la guardia. In fondo l'autostima si rafforza col riconoscimento dell'impegno profuso e dei risultati. Giusto?

Poi c'è la cartella. Sì quella rossonera, che guardo sempre con un certo disappunto. E' la cifra simbolica di un'attenzione quotidiana. Il controllo puntuale della cartella è necessario. Si parte sempre dal diario: per eventuali compiti, avvisi, segnalazioni. A cascata si prosegue con i quaderni per verificare il percorso fatto ( l'occhio cade sulle faccine sorridenti o i giudizi espliciti... e si va dal "Colora meglio" al "Brava" o "Hai fatto un lavoro eccellente"). A onor del vero Beatrice non segnala nè l'uno nè l'altro. Non va dalle stelle alle stalle. Forse c'è ancora un po' di sana inconsapevolezza rispetto al valore generico del giudizio. Ma va bene così.
Ma la cartella non ha solo una funzione di contenitore didattico. E' spesso foriera di residui della vita a scuola dei bambini: reperti di oggetti di compagni. Disegni vari. Residui di merende condivise. La bonifica si rende ogni giorno urgente.

Capitolo a parte merita l'astuccio. Deve contenere matite per scrivere, quelle colorate, gomma, temperino, righello, forbici e colla. Nei primi due mesi sono spariti: 3 temperini, 4 colle, 3 gomme, 2 forbici e il righello... quest'ultimo non ancora rimpiazzato. Ammetto di aver colpevolmente sottostimato l'onere economico del continuo approvvigionamento dell'astuccio. Potessi almeno detrarre sti costi dalla paghetta di Bea!
Per non parlare del costante controllo della punta delle matite. Sotto a temperare... ma se li mangiano i colori?

Infine ciò che veramente cambia i ritmi di una famiglia sono i compiti. Per ora sono concentrati solo al fine settimana. Per ragioni di progressi didattici sono il classico "colorare". Anche se ultimamente s'è aggiunto qualche esercizio. I compiti comunque necessitano anzitutto tempo. Colorare è una pratica semplice (forse) per un adulto. A sei anni no. Più è piccolo il disegno da colorare più tempo è necessario. Dopo un po' Bea si rompe. La mamma pure. (per scelta tecnica io entrerà in gioco col latino...). Un tira e molla che dura ore.
Voglia: un minimo di afflato al senso del dovere. Quello c'è e non c'è. "Bea i compiti!" "Posso farli dopo?". E via coi ritornelli. Bea, comunque, li vuole fare da sola. Ma Filippo la "vuole guardare": altro inghippo non sempre semplice da dirimere.
I compiti, e lo dice uno che ritiene giusto assegnarli, vanno incastrati nelle attività di famiglia. Bisogna calcolarne il tempo, ritagliarne spazi e momenti. Ritmi non certo sconvolti, ma rivisti. E siamo all'inizio.

Un primo assaggio della scuola. Almeno non è indigesto!
Alla prossima!






martedì 19 novembre 2013

Parigi, ritorno e progetti

Tornati da Parigi. Famiglia riunita. Tutto è ripreso con i ritmi soliti... un po' troppa pioggia, forse, ma passerà.
Parigi rapisce sempre. Ma devo essere sincero... atterrato a Milano, ho come dovuto riprendere fiato. Riacquistare confidenza con la mia dimensione. Perchè là è tutto grande. Molto grande.
I palazzi storici o di valenza nazionale, i musei, le strade, la metropolitana.
Questa grandeur palpabile in ogni angolo. 
Sti francesi, dove hanno potuto, hanno davvero fatto le cose giganti.
E pensare che i vari Luigi, e Napoleone stesso, erano dei tappi. Sarà stata una specie di rivalsa?

Parigi rapisce non solo per le cose da vedere - c'è proprio di tutto -, ma anche per il suo essere viva anche "fuori stagione". Per la moltitudine di colori: delle persone e negli sfondi cittadini. 
Per una vitalità culturale che si respira davvero in ogni angolo. 
Per i profumi. 
Per  il riuscito connubio tra passato,  presente e futuro.
Ha pure le sue gatte da pelare... la miseria  - in certi angoli - è palpabile quasi quanto il benessere.

Da domenica sera, però,  mi ronza in testa questo pensiero che esprimo ad alta voce: "Viaggiare senza i propri figli, ti fa venir voglia di farlo con loro".
Girovagando tra musei e monumenti a me e mia moglie venivano spontanee affermazioni di questo tipo "Questo sarebbe piaciuto un sacco a Bea.... Qui Filippo si sarebbe divertito un tantissimo... Se venissimo con i bimbi dobbiamo prevedere questo. Lì si può andare, di là meglio di no....". 
Ci immaginavamo con loro. Ed erano bellissime sensazioni.

In giro da soli, è vero. Con tutti i benefit del caso.
Ma con i bimbi bene in mente, non tanto per l'ansia di averli a casa, ma nei progetti di quanto poter fare con loro. I tuoi figli non ti mollano, ti lasciano libero incerti momenti, ma non si riesce a pensare avanti senza di loro.
Come non immaginare di condividere la bellezza del viaggiare, dello scoprire luoghi nuovi, affascinanti e unici?
Come non fantasticare su occasioni di scoperta, di piccole avventure?
Come non ritenere un vero regalo da fare quello di aprire gli orizzonti dei "mondi nuovi", delle città più importanti, dei confini da superare?

Insomma ce li immaginavamo per le vie di Parigi, di Barcellona, di Berlino, di Londra, di Praga (le città che amiamo di più), accanto a noi a osservare, commentare, domandare... ci vorrà tempo. E un po' di spending review, ma ce la faremo.

Speriamo a breve...

mercoledì 13 novembre 2013

Parigi e ... distacco

L'ultimo è stato 2 anni fa... (o 3?)... non ricordo con precisione. A Berlino, ponte di S. Ambrogio. Bello.
Venerdì invece si va a Parigi. Soli. Io e la mia dolce metà. Un viaggio in cantiere da un sacco di tempo. Messo in agenda come desiderio di prenderci uno spazio nostro. E si partirà.
I bambini al "sicuro": Filippo in Valtellina: "Papà, mi raccomando non venirmi a prendere prima di domenica, voglio stare qui almeno una settimana".  Chi "lo ammazza quello"? Lui sta pacifico in Valle: gioca con cugino e amichetti, si fa coccolare dalla nonna, dorme quanto gli pare... si riossigena. 
Bea invece, sotto la supervisione della nonna Renata, sarà ospite da due amiche: "Mamma, ma quando andate a Parigi, così che io vado da Sara e Chiara due giorni?". Spavalda pure lei, di fatto s'è praticamente organizzata da sola.

Noi partiremo tranquilli. Lo eravamo anche 2 inverni fa (mi sono ricordato: Berlino 2011), ma adesso un po' di più. Sono i bambini stessi che ci rendono sereni. Ce lo dicono e lo leggiamo nei loro volti.
Questi distacchi, seppur brevi, sinceramente mi pesano sempre meno. Nel senso che non mi causano più ansie o preoccupazioni. Nella loro crescita si sta facendo spazio non solo una certa capacità  di rimanere sereni lontani da noi (con i nonni o da  amici), ma anche quel pizzico di autonomia che rende il distacco un'esperienza... e non una penitenza.
Altre volte ho accennato a questo tema, nel contesto della nostra famiglia. Rimane sempre vivo il mio desiderio che in loro cresca una certa autonomia. La speranza che possano sentirsi a loro agio anche con altre persone. Questo per loro, anzitutto. 
Non so se si tratti di una questione di carattere personale, di attitudine. O abbia contribuito una certa abitudine a stare fuori di casa che fin da piccoli abbiamo cercato di condividere con loro.
Sta di fatto che Bea e Filippo non vivono come un dramma lo stare un poco lontani da mamma e papà. Mamma e papà riescono quindi a "sopportare" queste parentesi senza ansie o drammi. Possono godersi momenti tutti loro proprio perché Bea e Filippo sono così. a
Tutto questo non pregiudica l'unità familiare, né la rende meno solida. Né allarga le dinamiche inserendo progressivamente situazioni di lontananza che saranno poi il destino che la vita riserverà. Senza enfasi. Ma con i riconosciuti benefici. Posso chiamarla fortuna?

Parigi, arriviamo!

venerdì 8 novembre 2013

Anch'io sono una maestra!

Due interventi di maestre sul Corriere della Sera: "Il mestiere di maestra? Più duro che fare il soldato" e "Pensate sia facile? Venite voi ad insegnare!". Un sacco di commenti "contro" le maestre. Un putiferio. Militaristi... e quindi a favore dei soldati. Anti-dipendenti pubblici: lavorano poco, se ne fregano, fanno 3 mesi di vacanza. C'è pure qualche difesa. Poche per la verità.
Semplicemente mi domando: in un paese dove consiglieri regionali spendono 30.000 euro in cene o pagano le spese del matrimonio dei figli. In un paese dove gestire la camera dei deputati costa 1.000.000.000,00 di euro e ben 5.000.000,00 sono spesi (all'anno) per fare fotocopie....
In un Paese dove magari ti scontano l'IMU ma poi ti aumentano la refezione scolastica, la retta dell'asilo, la tassa sui rifiuti, ti tolgono le detrazioni per il mutuo, ti bloccano gli assegni familiari (ben 30 euro per 2 figli).
In un Paese dove la scuola ti chiede di portare la carta igienica e il materiale didattico (anche se poi insegnanti si sbattono un sacco per non fare mancare nulla).
In un Paese dove in finanziaria si tolgono 200 ml di euro per le scuole paritarie (la maggior parte asili) rischiando di creare un buco educativo i centinaia di comuni. 
In un Paese dove 4 scuole su 10 cadono a pezzi ... e i soffitti in testa ai bambini e alle insegnanti...
In un Paese dove 4.000.000 di persone fanno fatica a mangiare e il Governo stanzia per loro l'equivalente di 2 kg di pasta all'anno!
Ecco in questo Paese di solito se ne esce grazie alle guerre tra poveri. In questo caso tra i militari e le maestre. Ma sì facciamo diventare una giusta rivendicazione una scintilla che accenda il rogo. Ma quel titolo, caro Corriere l'ha scelto la maestra?
E a margine di una rivendicazione escono rivoli di fiele dalle tastiere di un sacco di italiani. Perchè in fondo siamo un paese dove lo sport preferito è cazziare qualcuno. Siamo tutti tribuni impeccabili. E magari le cazziate sane che fa una maestra a scuola ai nostri figli vengono prese come atti prevaricatori.... se penso a quante ne ho prese io.

Non sono un insegnante. Un semplice genitore di bambini che frequentano la scuola.
Ebbene un Paese che non si rende conto che la categoria degli insegnanti è trattata in modo indegno. Che accetta che abbiano stipendi indecorosi, prospettive professionali nulle. 
Un Paese che considera la scuola una realtà di serie B, dove si drenano risorse, senza cercarne una vera modernizzazione per il futuro e per il bene degli studenti.
In una scuola dover se sei in certi territori (es. Bolzano o Valle d'Aosta hai in classe un Tablet per alunno, lavagne digitali o multimediali ecc.) se hai la  sfiga di abitare in altre zone ti cambiano tra insegnati ion due mesi o non hai neppure un banco decente.
Un paese dove la presenza di qualche insegnante inadeguato o incompetente spinge a denigrare una categoria intera.
Un paese che non riconosce che la Scuola è necessaria per il futuro dei suoi figli e che necessita investimenti, passione, cura, dedizione.
Un paese che non rispetta chi nella scuola prende a cuore il futuro dei nostri figli, chi insegna con competenza per passione e amore dei bambini, dei ragazzi e dei giovani. 
Un paese che non lotta perchè gli insegnanti vengano aiutati, supportati, valutati (certo), sostenuti.
Questo è un Paese destinato ad una lenta ed inesorabile agonia.

La Scuola, gli insegnati (maestre, professori, docenti universitari) non sono un di più. Sono la base del futuro, se non il nostro (ormai non lunghissimo) almeno quello dei nostri figli!



giovedì 7 novembre 2013

Dall'antibiotico alla fiducia

Stasera in farmacia. Una mamma in fila davanti a me. Si avvicina al banco e chiede al farmacista di turno: "Scusi dovrei prendere l'antibiotico per mia figlia, ma vorrei sapere se, secondo lei, si tratta già del virus influenzale o è un semplice raffreddamento con febbre? Fuori fa ancora caldo, non capisco cosa possa essere successo, le che ne pensa?"
Il farmacista la osserva un po' sorpreso e le risponde con molta calma: "Signora, faccia quello che le ha detto il pediatra... sinceramente non saprei dirle di che tipo di malattia si possa trattare... io vendo farmaci, non faccio diagnosi". "Lo so ma se inizio a novembre a dare l'antibiotico, poi con le influenze invernali cheffaccio? Almeno mi dica se ne sta vendendo anche ad altri?". "Bhe, in questi giorni qualche caso si è verificato, ma non si tratta di statistica, ma di salute, bisogna fidarsi del pediatra, secondo me". Conclude il farmacista, le prende la ricetta dalle mani e le consegna quanto prescritto.

Ascolto tra il divertito e lo sbigottito. Quella mamma ha a fianco la figlia che ogni tanto, nel suo pallore evidente, emette qualche colpo di tosse diciamo bello tosto.
Guardo la ricetta della mia pediatra che nel pomeriggio ha visitato Bea. Pure a me tocca comperare l'antibiotico. Bea s'è fatta due giorni di febbre alta, tre giorni sfebbrata e poi ci risiamo: ancora febbre. In mezzo tosse costante che di notte evolveva in "abbaiante", con i rimedi soliti perchè non degenerasse in spasmo laringo faringeo, che in passato ci ha spaventato non poco.
Dicevo che, anche a Bea, il pediatra ha prescritto l'antibiotico. Gola arrossata, inizio di otite, catarro, febbre. Tosse abbaiante. Tanto basta. Areosol e antibiotico. A casa qualche giorno e si rimetterà in sesto.
"Bisogna fidarsi dal pediatra", mi risuona questo consiglio del farmacista. Mi sembra ovvio, quasi scontato... ma non sempre è così. In questi anni, tante volte ho letto e sentito pareri discordanti. 
Di chi, nonostante le prescrizioni e le diagnosi, non usa farmaci. Di chi nonostante la richiesta non fa vaccinare i figli. 
Di chi oggettivamente non si fida e sottopone i figli a supplementi di visite. ecc. 
Ma non solo rispetto alla salute: chi critica le maestre, il falegname, l'elettricista, l'architetto.... ormai siamo tutti esperti di tutto.

Per scelta mi fido di chi fa un mestiere specifico diverso dal mio. 
Mi fido del pediatra e dell'elettricista. Del dentista e dell'idraulico. Del cardiologo e delle maestre. Del contadino e del fisioterapista. Dello psicologo (soprattutto se si chiama Stratobabbo).
Non sto equiparando funzioni diverse come se tutto avesse lo stesso valore. Sto solo dicendo che non conoscendo (e leggere su internet info di vario tipo non significa conoscere, ma semplicemente essere un po' più informati... e non è la stessa cosa) la medicina, l'elettricità, i principi della termodinamica, la biologia, le tecniche della didattica, faccio fatica a giudicare e a non fidarmi del lavoro altrui. Per principio. 
Questo non significa che a volte ci si trovi di fronte a risultati deludenti... che possa succedere di mal riporre la fiducia. Non vuol dire che non io stia attento e cerchi di capire, di farmi spiegare. Non vuol dire non informarsi e magari confrontarsi. Vigilanza, attenzione, senso critico e fiducia mica sono nemiche!
Ma credo sia molto più pericoloso mettere sempre in discussione la professionalità di chi fa un mestiere diverso dal nostro. 
Trasformarsi in professionisti "per un giorno" solo per millantate conoscenze, spesso estemporanee, secondo me è pericoloso... soprattutto in campo medico. Molto pericoloso, a volte. Facciamolo su noi stessi - se ci va - , non sui nostri figli...

Quindi il problema non è il mese (novembre o febbraio), il  problema è la diagnosi: se l'antibiotico fa guarire mia figlia, non bado al periodo o alle temperature esterne! Glielo do, e basta!




martedì 5 novembre 2013

Random, tra armadi e mamme bollite

Alcuni pensieri veloci...

Cambio di stagione.

Il mio cambio di stagione è durato esattamente 20 minuti. Non è un vero e proprio cambio di stagione, per la verità,  ma un semplice cambio posto: i maglioni ritornano in basso, le polo e le magliette a mezze maniche tornano sù, nel ripiano alto. I pantaloni corti con i pigiami leggeri prendono (sempre in altro) il posto dei pile e dei pigiami pesanti. Detto fatto. Un semplice mini trasloco, nella zona dell'armadio a me riservata, inferiore a quella che occupa mia moglie. Ma non polemizzo. Ci attacco anche un minimo di selezione naturale: ho eliminato i maglioni e i pantaloni che non indossavo dal 2009 e qualche camicia ormai priva di colletto... il prossimo anno toccherà a quelli del 2010. Rapido ed essenziale e probabilmente facilitato da un guardaroba piuttosto  minimalista. 

Il cambio di stagione dei bambini è stato più o meno come il mio. E' durato un po' di più perchè sono in due ed è stata necessaria l'analisi delle taglie.... crescono in fretta, quindi ho dovuto (sì, l'ho fatto io il loro cambio di stagione)  eliminare quanto diventato piccolo. Diciamo che me la sono sbrigata in 3, 4 ore (pause sigarette incluse)...

Il cambio di stagione di mia moglie è in divenire. E' un'azione che ha un inizio, ma fatica ad indirizzarsi verso una fine. Il primo freddo (quei giorni gelidi di metà ottobre) sembrava avesse innescato una sorprendente azione virtuosa: il cambio anticipato. Invece di fatto si sono materializzati sulla cassapanca in fondo al lettone due grandi contenitori con una parte dei suoi abiti invernali (maglioni vari ecc.) e sono lì. Come dei dispenser: un po' aperti, un po' chiusi. Lì come nuovi componenti d'arredo, tanto che io non ho più lo spazio per appoggiare gli abiti del giorno dopo. Questo non perchè mia moglie stia meditando come applicare i suggerimenti di Mo te lo spiego a Papà nel suo simpatico e utile post Come fare il cambio di stagione, ma semplicemente per una congiuntura negativa: non ho tempo.
La mia unica speranza è che la super amica vicina di  casa, l'iperattiva Cinzia, si commuova anche quest'anno e intervenga... come ha già fatto qui.

MammaBollita

Qualche giorno fa mi sono imbattuto su una nuova pagina di facebook. Mi ha colpito, per il titolo, per l'idea per le prime battute, per lo spirito, per l'ironia, per quanto potrà riservare.
Si chiama MammaBollita. Bella anche la grafica. E questo è un buon segno.
MammaBollita: l'immagine è troppo simpatica. 

A me il bollito, per fare un paragone culinario, è sempre piaciuto un sacco. Per due motivi: 
a. Il brodo. Il bollito lascia in eredità un brodo fantastico, col quale si possono fare un sacco di prelibatezze... ed io adoro, per esempio,  il riso fatto col brodo "vero". Tutta un'altra cosa, non me voglia il dado.
b. La carne. I bolliti mi piacciono anche perchè mi permettono di utilizzare tutte quelle ottime salse (quella verde, la senape, la maionese stessa, ecc.) che solitamente manco mi ricordo che esistono. Apparentemente la carne sembra ammosciata... ma si rianima esaltando se stessa grazie a pochi accorgimenti.

Ora che c'azzecca la mamma bollita col brodo e la carne?
Abbiamo il brodo: è la sostanza della vita di una mamma. Sapore. Ricchezza. Tanta roba, insomma. 
C'è il risultato: una mamma apparentemente moscia (nel senso di stanca, provata, affaticata, destabilizzata...) ma che se ci prende gusto, si può esaltare in fretta con poche parole. Le salse sono i pensieri ironici, sarcastici. Frecciatine e dardi. Come solo le donne sanno scagliare o mettere nero su bianco. 
Il tutto sintetizzato (per ora) in poche righe. Ma eloquenti. Molto. Ilarità condivisa, come segno di soddisfazione. Bollita, ma contenta!

Bella idea! Care mamme bollite vi seguirò con molto interesse!!!
... anche perchè un po' bollito lo sono pure io!

PS. Chiarisco che il mio post non è sponsorizzato. Non ho ricevuto nessun dono in cambio. Nessuna mammabollita (che non ho il piacere di conoscere) è mia parente. Neppure amica. No, neanche amante, lo saprei, suvvia. 
Va da sè che se l'idea avesse un successo planetario mi propongo come segretario tutto fare!

sabato 2 novembre 2013

"Ridere a Catinelle"

In una seconda vita - se mai me la concedessero (a proposito a chi si deve chiedere?) -, giuro che studio da critico cinematografico. Si va al cinema, di solito gratis e poi si scrive. Solitamente si stronca, perchè un critico buonista non vale una mazza. Ma mica devo parlare di questo.
Ieri sera avevo serata libera. Moglie con Jet Lag operativo (arrivava da Dallas...), Bea e Filippo a nanna alle 20.45. Ho fiutato l'opportunità: l'amico Zanardi e Paolino disponibili ad assecondare una mia voglia: quell'americanata di Ender's Games. Guerre stellari, azione. Sfide interplanetarie. Film libera pensieri.
Purtroppo giunti al cinema ci dicono che c'è un problema tecnico ed Ender's Games non verrà proiettato... abbiamo pochi secondi per decidere un'alternativa (c'era una fila infinita). "Allora ci facciamo Checco Zalone", diciamo in coro. In terza fila  laterale... ma chi se ne frega. Si va.
"Il Sole a Catinelle" (mo' comincio a fare il critico) non so se si possa definire un bel film, in senso artistico. Ma in fondo non ho mai capito come si possano considerare opere d'arte certe espressioni dell'arte contemporanea. 
Non so con quale criterio gli abbiano attribuito tre stelle. Posso solamente condividere quello che ho vissuto: ho riso un casino. Ma tanto. Non solo io, la sala intera. Per le trovate, le gag, le battute, le situazioni. 
Un sorriso istintivo. Bello fresco. Il tempo è volato: un'ora o due, non so quanto sia durato... 
L'inteccio narrativo si gioca su due dinamiche quasi contrapposte: da una parte la storia di un papà oggettivamente svarionato che, con la moglie subisce, a suo modo, le conseguenze della crisi economica. Dall'altra quella di una parte della società che, guardando la crisi dal porto sicuro della propria condizione privilegiata, pare bearsi della capacità di approfittarsene. E Checco, il papà svarionato, accompagnato da un bambino bello sveglio, inconsciamente ribalta la prospettiva. Toglie certezze ai ricchi. Smaschera ipocrisie. Ci gioca. La rende da vincente a perdente. E manco se ne accorge.
Un Superpapà, come si definisce in una delle sue canzoni (quella "Che ho fatto di male" è fantastica - che ne dite mamme? -), quasi alieno. Proprio perchè tale così vicino a quanto accade: alla verità di sentimenti che non muoiono nel cuore della gente.... specialmente nel suo, in quello di suo figlio e di sua moglie. Tocca la nostra "pancia", ma non ci impedisce di attivare il cervello.
Un film divertente, satirico nell'intreccio e nella prospettiva. 
Si ride "a catinelle" perchè Zalone è un fenomeno di comicità
Un film che consiglio... perchè ridere fa bene!



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