Quando osservo i miei figli mi rendo conto che tra loro e me (e credo anche con parte del mondo adulto in generale) ci sia una grandissima differenza. Precisamente: per loro è naturale e necessario chiedere. Chiedono a me, alla mamma, ai nonni; chiedono alle maestre, alle amichette, l’altro giorno in un negozio in montagna mia figlia ha chiesto alla signora alla cassa “mi puoi dare una caramella?”, sono diventato rosso come un peperone e la distinta padrona del negozio ha fatto finta in modo davvero professionale di non sentirla. I bambini non si pongono problemi, nessun pudore: chiedere è parte di loro, una sorta di dimostrazione esplicita di dipendenza. Ma c’è pure l’altra faccia della medaglia: fanno una gran fatica a dare, a condividere. Nonostante gli inviti a farlo. Nonostante, soprattutto quando sono tra amici, cerco di far capire che per poter giocare insieme è necessario mettere in comune, almeno temporaneamente, quanto custodiscono nella loro cameretta. Insomma, “è Mio!” è declinato regolarmente e senza sconti. In verità, più passa il tempo più questa possessività si attenua ma il chiedere e il dare in loro non sono ancora ben riconciliati: quanto è naturale il primo, tanto è faticoso il secondo.
Diverso è lo scenario che si apre nel mondo a cui appartengo, quello adulto. Senza generalizzare mi limito a descrivere, in punta di piedi, lo scenario che mi appartiene e che vedo attorno a me.
E’ molto più semplice dare che chiedere. In fondo dare, anche al di fuori (soprattutto fuori) della cerchia della famiglia, genera soddisfazione, ti fa sentir utile, in certi casi ti permette – in maniera implicita, magari non premeditata – di generare una sorta di dipendenza rispetto a chi riceve. In fondo è come generarsi molti crediti. E il credito ti lascia libero nella decisione di esigerlo, il debito invece non dipende da te. Inoltre, talvolta, la diretta conseguenza del dare (e questo vale soprattutto in casa) è la rivendicazione: “ho fatto, ho detto, mi sono ricordato, ci ho pensato io … invece tu…”. In questi casi mia moglie, ad esempio, non me le manda a dire e mi risponde: “se non ti andava di farlo, potevi lasciar perdere..”. Tiè!
Il chiedere, invece, necessita uno stato d’animo diverso e un modo diverso di mettersi in gioco. Chiedere (e questo vale molto più fuori casa che in casa) costa fatica per questi motivi principali: perché dimostra che non si è autosufficienti e perché non si è certi della risposta (a chi non fa paura sentirsi un no). Chiedere tempo, cose, favori importanti, impegni non è assolutamente semplice. Per analogia al dare, qui si originano debiti, meno interessanti dei crediti. Non so se questa sia una dimensione antropologica, forse è più una dimensione della generazione a cui appartengo. Comunque se capita che un mio amico mi chiede una cosa importante sono contento perché ha deciso di mettere in gioco questa fatica con me: un bel segno di fiducia!