Bea e Filippo

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giovedì 7 febbraio 2013

Padre peluche? Ma è una malattia?

Tempo fa lessi quest’articolo: I grandi siamo noi, dimenticarlo costa caropubblicato su la 27esima ora, del Corriere della Sera.. Lo commentai rapidamente, ma quelle righe scritte mesi fa ogni tanto mi ritornavano alla mente. A freddo,  in questi giorni l’ho ripreso. Riletto con calma. Qualcosa non mi tornava rispetto al giudizio globale della famiglia, dei papà, della nostra generazione, insomma. 
Non che non ci siano osservazioni e pensieri condivisibili, per carità, ma è il sottofondo che non mi quadra. 


In generale credo che sia un errore strategico (o una tattica?) quello di far diventare alcuni esempi di comportamento strumenti base per costruire un fenomeno. Studiare i comportamenti non è semplice ma l’orizzonte di riferimento dovrà contare un poco? Mi piacerebbe davvero capire, non tanto le basi teoriche di certe ipotesi socio pedagogiche, ma le fondamenta numeriche sulle quali si fondano per definire un fenomeno. Che ci sia molta tattica? Che gli orizzonti siano funzionali a far cassetta? Non pensar male … suvvia.

Molti atteggiamenti errati di noi genitori (spesso circostanziati, con mille concause – compreso il nostro limite oggettivo – ) non sono, a mio avviso,  necessariamente segno di una generazione di genitori “sbagliati”. Partiamo con i confronti? Il passato era meglio? Anzi: quali modelli esistono? Dove è il giusto o il perfetto? Ogni genitore si porta dietro e dentro  scelte, consistenza etico morale, consapevolezze educative, voglie, desideri, sogni, fragilità e doti che non si è inventato, ma che almeno in larga parte ha visto nascere in sé nella sua storia. Una storia in parte consegnata dal passato e dalla propria famiglia, in parte plasmata a pennellate irregolari dalla società e in parte costruita con le proprie forze e scelte. E’ così per tutti e lo sarà anche in futuro. Le presunte (e spesso vere) debolezze dei genitori a volte sono le stesse di una società che si sviluppa  nell’intreccio di mille fenomeni che cambiano le generazioni. Anche quelle dei professori, dei sociologi, degli psicologi. Quelli che si definiscono esperti. Che da una parte fanno i consulenti a certi personaggi perché sfruttino queste debolezze (e ne inducano altre) e dall’altra pontificano sulle generazioni dei papà peluches (e poi di peluches ce ne sono un'infinità... anche quelli che non si accarezzano tanto volentieri).
Ma un genitore non perfetto ha bisogno di un esperto inteso come psicoterapeuta o psicologo? Ma la presunta imperfezione educativa è una patologia? Se è virtù per un politico, perché è debolezza per un papà?

I genitori (mamma e papà insieme) la loro storia se la costruiscono insieme, aggiungendo tasselli, scelte sbagliate e giuste. Esperienze ragionate o intuizioni del momento. Comunque nuove e diverse, poco inclini a lasciarsi categorizzare,  sia perché diversi sono coloro che le compiono sia perché unici sono i destinatari-ricettori: i bimbi. E loro non sono automi … sono unici, difficili da decifrare a volte, da plasmare, da capire. Sempre buoni da amare … ed questo il bello e l’unicità di questa  avventura. Questi manuali aiutano? Servono?
Personalmente ho iniziato a leggerne alcuni, ma dopo poche pagine li ho miseramente mollati. Non riesco a lasciarmi entusiasmare. La colpa è mia: potrei davvero essere un papà peluche.
Sono certo che alcune intuizioni frutto  di attenta e scrupolosa osservazione di fenomeni siano intelligenti e aiutino a  riflettere … ma osservare è più semplice … il difficile è il dopo.  Passare alla pars costruens. Senza generalizzare e senza logiche universalistiche.

Da un anno mi sono messo, riflettere, “giocare con pensieri e riflessioni” sulla mia esperienza di padre. Ho letto molto (soprattutto di altri blogger nella stessa barca), ho pensato molto e ho scritto anche tanto (non vuol dir nulla, ma pare che scrivere faccia figo, a prescindere). 

Ho capito che trovare ricette universali non è semplice, se mai esistano, perché noi uomini (per fortuna) non siamo identici e non siamo così facilmente classificabili. Come non sono replicabili le famiglie. 
Belle perché uniche e diverse. Sentimenti, approcci, consuetudini, reazioni emotive, fragilità, capacità: un mix che ci rende inimitabili (spesso anche indecifrabili) e che ci deve responsabilizzare nella condivisione per guardare avanti, non per un sommario giudizio spesso povero.
Essere genitori è una scelta, una responsabilità, un’avventura, una gioia e una fatica: tutto insieme. Ci vuole cuore e testa perché ai figli si regali un futuro che sappiano affrontare … non pronto, ma vero e affascinante!
Studiare il fenomeno della genitorialità, della paternità e della maternità, della famiglia nel suo complesso implica, a mio modesto parere, una grande scrupolosità, un’attenzione ai dettagli più che ai fenomeni. 

Vabbè, ho scritto fin troppo... ma se fossi davvero ammalato?
Datemi il mio peluche!
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