Bea e Filippo

Bea e Filippo
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lunedì 17 novembre 2014

La buona scuola

Non so che qualcuno di voi abbia partecipato alla consultazione On Line sui punti che il Governo ha indicato per la riforma della scuola, o abbia anche solo letto la proposta negli otto punti indicati.
A me ha spinto la curiosità. ma anche l'interesse: ho una bimba in seconda elementare e un bimbo che dal settembre prossimo inizierà la prima.

Ho cercato di capirci un po'. Di vedere quali sono le prospettive, se mai si realizzeranno, rispetto a questo cardine della nostra società.

Poi dalle mie parti c'è stata pure l'occasione di un incontro pubblico sul tema. Con tempismo eccezionale (a 4 giorni dalla scadenza delle consultazioni), ma tant'è che almeno l'opportunità di capirci un po' di più c'è stata. Incontro pubblico dicevo con interventi di esperti del settore.

Non dettaglio quanto emerso perché la platea che vedeva la presenza di pochissimi genitori e di molti insegnanti ha generato un dibattito sostanzialmente unidirezionale: il rapporto riforma e corpo docente.
Me ne sono venuto via un poco deluso sommerso da questioni a mio avviso molto "settoriali", incentrate spesso sul tema degli insegnanti. Dei precari, del loro ruolo, della loro valorizzazione e valutazione ecc. 
Nulla di banale sul tavolo, anzi, ma alla fine se devo dire di aver capito quale sarà la buona scuola del futuro, ammetto  di non poterlo affermare con certezza.

Sono convinto che la scuola sia il paradigma di una società, la base su cui edificare il futuro di un paese. Per questo motivo credo che le scelte da fare debbano essere radicali e senza compromessi.
Mi spiego.

a. Non si deve partire dal concetto di Buona Scuola, ma dal più ambizioso: la Scuola Migliore! Perchè puntare da subito al ribasso: un po' di coraggio. L'obiettivo deve sempre essere quello di costruire la scuola migliore. Quella che tutti vorrebbero. Quella per cui vale la pena vantarsi.

b. La scuola deve diventare un'opzione prioritaria. Senza compromessi. Lo Stato italiano deve assolutamente tornare ad investire nella scuola: da quella dell'infanzia, alle primaria e secondaria, fine all'università.
Deve investire in fretta e tanto (pur sapendo che i risultati si vedranno fra anni...). Lo deve fare con coraggio e senza ripensamenti. Lo deve fare partendo dagli edifici, dalle attrezzature. Da spazi riqualificati e ripensati guardando al futuro.
Lo deve fare dando dignità agli insegnanti attraverso una retribuzione decente (che ne qualifichi il ruolo), attraverso una formazione d'eccellenza, perché nella scuola deve trovare spazio l'eccellenza e la qualità. E questo va fatto perché al centro tornino gli studenti che meritano il meglio!
Lo deve fare rivedendo il percorso formativo, didattico, culturale dall'inizio alla fine. Senza programmi ripetitivi e ridondanti.Con un'offerta formativa solida e moderna. capace di valorizzare le qualità, ma in grado di non perdere nessuno per strada.
Deve tornare ad attrarre soprattutto gli studenti: a ricreare il desiderio del sapere e del saper fare. De conoscere come opportunità di libertà.

c. Ma per far questo la Scuola stessa deve finirla di parlare di se stessa e a se stessa! E il Governo deve assumersi la responsabilità di elevarne il rango: non è il brutto anatroccolo (nella considerazione e nelle priorità di investimento)!

Ho letto la proposta del Governo, ho letto anche alcune discussioni aperte sul Forum ne sito dedicato.
Non so se la strada che si vuole intraprendere sia quella giusta: temo sia uno specchietto delle allodole, perché alla fine non c'è menzione di investimenti veri... e non esistono mai vere riforme a costo zero.
Staremo a vedere!

giovedì 3 aprile 2014

Il Voto

.... immagine di repertorio... non mio
"Papà, ma se ho preso otto ti arrabbi?"
"Perché dovrei arrabbiarmi, non capisco"
"Perché vuol dire che ho fatto qualche errore e quindi non sono stata proprio brava"
"Cara Bea, mettiamo allora subito in chiaro alcune cose. 
Anzitutto l'otto non è un brutto voto. Dice che anche se ci sono alcuni errori l'esercizio è fatto bene. Non è perfetto, ma neppure insufficiente. Quindi non disprezzare l'otto.
La seconda cosa che mi preme è che tu di fronte a questo compito non perfetto impari a guardare a quello che hai sbagliato per capire il perché: ti eri distratta? Non avevi capito bene che cosa dovevi fare? Era troppo difficile? Ti sei semplicemente confusa? Il voto conta, certo, ma è molto più utile capire da dove nasce l'errore e quindi fare in modo di migliorare per non compierlo più. A questo serva la scuola e l'impegno che ci metti.
Infine: il tuo otto non mi fa arrabbiare per niente. E non ti devi arrabbiare neppure tu: non lo devi vivere con invidia rispetto a chi ha preso un voto migliore e neppure come vanto per chi ha fatto qualche errore in più di te. Metti la testa su quello che fai e su che cosa stai imparando. Il voto è la fotografia di quello che stai facendo: se puoi fare meglio, la prossima volta lo dimostrerai."
Chiaro?."
"Sì, ho capito papà... allora guarda quello che ho sbagliato".

Mi mostra il quaderno e noto che ha completamente cannato uno dei cinque esercizi che doveva fare. Ha però sbagliato con logica perché, forse per una sua lettura troppo superficiale o per distrazione, ha fatto il contrario di quanto richiesto. E senza errori, se avesse avuto una traccia ribaltata.
Le spiego la dinamica dell'errore. E sorridiamo insieme.

Quello che non le ho detto ... per ora.

Il mio rapporto con il voto (o il giudizio) scolastico è sempre stato abbastanza altalenante. Me la cavavo, ma non ho mai raggiunto le vette della perfezione. Anzi in artistica e musica alle medie ero una vera e propria schiappa. Al Liceo me la cavavo meglio con le lingue morte che con quelle vive... e se, successivamente, ho migliorato molto in italiano, in francese ho sempre lottato per non retrocedere.
Però più proseguivo gli studi più la mia media voto si alzava, e paradossalmente meno me ne importava. Non so che cosa mi sia successo ma da un certo punto in poi cominciai a vivere un certo distacco dalla valutazione.
Tanto che i miei genitori, da quando raggiunsi il potere di firma, non videro più un mio compito in classe... e la pagella di fine anno se la dovevano andare a vedere a scuola.
Per non parlare del libretto universitario... 
A loro dicevo che andavo bene. Si fidavano... erano curiosi, ma ad un certo punto si arresero. Non che non cercassero di informarsi (mia sorella aveva solo un anno meno di me... certe notizie arrivavano), ma con me alla fine non insistettero più di tanto. Mio padre mi diceva che la scuola era per me, non per lui.
In più bastava mia sorella a rimarcare i suoi successi scolastici... neppure troppo eccelsi. E ricordo bene quella volta che per sbaglio mise le mani sul mano al mio libretto universitario:  rimase stupita e mi disse perché non li facevo vedere alla mamma e al papà. "Così, già si vantano per te...". A me sta robe di dire che "Mio figlio va bene a scuola" mi davano sui nervi... e in un paese piccolo. 
A me studiare piaceva. Mi rompevo il giusto e mi esaltavo per le materie più appassionanti. Il voto era in second'ordine. Vabbé.

Non so se il mio disincanto rispetto a quel numero, comunque importante, fosse giusto o meno. Se posso essere considerato, in prospettiva, un esempio positivo. fatto sta che non ricordo particolari ansie rispetto alle prove scolastiche: interrogazioni, compiti in classe, esami. Non perché mi andassero sempre bene... ma perché cercavo di arrivarci almeno pronto. Quello mi riusciva, poi come andava andava.

I miei figli li vorrei almeno sereni di fronte al voto! Né ansiosi, né con eccessive pretese di perfezionismo.  Soprattutto non li vorrei con gli occhi puntati sugli altri, a dire o anche solo pensare "ma lui o lei hanno preso meno di me...".

Ma so che questo un po' dipenderà anche da noi genitori...

"No, non mi arrabbio per il tuo otto, Bea!"





martedì 7 gennaio 2014

Cose o esperienze?

Ci sono termini che non mi piacciono: sacrifici, rinunce, fatica. Non ce le dobbiamo tirare addosso.
Poi se arrivano, si pigliano e si affrontano. 
Ma d'istinto non credo al preventivo allenamento al sacrificio. Quello indotto, intendo.

E' per vero che i no esistono. I no che ci diciamo a noi adulti. E quelli che pronunciamo per i nostri figli. Non tutti i desideri sono esaudibili. Alcuni perché sono vaccate e non val la pena, altri semplicemente perché non si può. Si rinuncia sempre a qualcosa: è un atto naturale.
Ci sono limiti di vario genere: il tempo, lo spazio ... e le risorse economiche.
Questi limiti, allora, ci chiedono di scegliere.
Bea e Filippo in verità non fanno richieste esagerate. Ogni tanto la sparano: "Papà mi prendi questo? Vorrei quella cosa. Mi comperi...". Ma devo ammettere che per ora non sono né oppressivi, né esagerati.

Comunque scatta spesso la scelta preventiva. Quella nostra. Di noi genitori che anticipano una direzione rispetto a quanto concedere. La scelta che tiene conto di alcuni fattori: appunto il tempo, lo spazio e i soldi.
Dentro tutto questo c'è una regola non scritta che con mia moglie si condivide con i figli. 
Nel limite del possibile cerchiamo di offrire esperienze, piuttosto che cose.

Tutto non si può. Almeno noi non possiamo. C'è un budget implicito (e concreto) da rispettare... 
Esperienze: cose da fare, piuttosto che da possedere. Questa è la nostra idea.
Non è che alla fine i nostri figli vivano di privazioni, è impossibile.
Ma quando si deve scegliere la direzione ha una meta precisa.

Un viaggio, delle mostre, il cinema, gli sport, un giro in più .... 


... e sedersi su un Van Gogh è un'esperienza...










Chissà se lo apprezzeranno....

martedì 6 agosto 2013

Me la godo? ... un po' sì e un po' no...

Sono solo. Moglie e bambini al mare (dai miei suoceri).
Io alle prese con l'ultima settimana lavorativa.
Sono solo a casa... non ho vincoli: di orari, di faccende più o meno urgenti... 
C'è silenzio. In certi momenti è irreale.

I miei amici mi dicono: goditela! Dura poco...
In effetti. Venerdì ci riuniamo per andare in montagna.
Me la godo. Faccio ciò che mi pare.
Mangio schifezze. Non rifaccio il letto.
Tratto la casa come rifugio e non come bene da abitare.
Guardo la TV col rammarico che lo sport in agosto è drammaticamente troppo poco.
Programmo uscite (una birretta qua e là) con amici...
Insomma sopravvivo con un discreto margine di serenità.

O non me la godo? ... nel senso etimologico del termine, intendo.
Ogni tanto penso di essere fatto male: da una parte riconosco l'unicità di questi momenti.
Mi capita pure di desiderarli. Un po' di pace. Un po' di attenzione verso me stesso.
Il non avere vincoli per o doveri temporanei.
Il poter mettersi al centro un attimo col tempo tutto per sè.
Dall'altra quando mi ci trovo in mezzo vivo una sorta di disagio latente.
I mille micro progetti che mentalmente mi ero costruito per ottimizzare la solitudine, alla fine evaporano, in poche cose.... spesso fatte pure con pigrizia. 
Non sono sensi di colpa. Questo lo decodifico.
Ma un disagio da "lontananza"... che c'è, e quatto quatto mi rode dentro.

Sopravviverò. Lo so. Pure serenamente.
Senza scossoni esistenziali o drammi di coscienza.
Sopravvivo e bene (alla fine), ma più passa il tempo, più scorre questo tempo, sempre di più questi distacchi, seppur brevi, rimangono distacchi.

Alla fine negli affetti, i miei affetti, amo starci immerso.
Tempo fa scrivevo (a me stesso soprattutto) sulla libertà, e ne confermo i contenuti.
E' quella libertà che mi fa sentire bene quando sto con chi amo.
E' quella libertà che in fondo rende sempre meno attraente, nel mio vivere, la solitudine.
Non un dramma, per carità, ma neppure una una botta di vita.

Ancora quattro giorni.
Me la godo?
Un po' sì e un po' no....
Ma va bene così!




lunedì 17 giugno 2013

Natura, sole e libertà!

... sulla "vetta"
Lo scorso anno avevo inneggiato allo stato brado: cioè al fatto che i miei figli potessero trascorrere momenti all'aperto, scoprendo liberamente quello che la natura offre. Pochi vincoli e molto spirito d'iniziativa...
Che lo potessero fare senza troppi limiti, costruendosi la gestione del tempo secondo i desideri del momento e adattandosi ad accogliere. Attenzione ai pericoli, certo, ma per il resto....

In questo fine settimana, finalmente, siamo riusciti a gustarci due giorni  in montagna, e pure con tanto sole. 
Due giorni intensi: i bambini hanno praticamente passato tutto il tempo all'aperto... in compagnia di un'amica hanno costituito un trio fenomenale.
Ormai Bea ha quasi sei anni, Filippo va per i quattro... non hanno più bisogno di attenzioni continue. Il bello del loro crescere. 
In certi casi riescono pure a stimolare il mio spirito un po' teppistico...
E questo, che non è un dettaglio,  ha reso questi due giorni ancora più divertenti.

Andiamo al sodo: li ho visti catturare insetti da mettere nella loro gabbietta, andare a buttare le briciole di pane secco sul mega formicaio del bosco ("devono fare la scorta per l'inverno..."), catturare girini per poi costituire un piccolo allevamento nella fontana di casa... 
Inciso: Filippo dopo vari tentati vi finalmente ne cattura uno. Esultante viene da me ed esclama:"Papà ce l'ho fatta, ne ho preso uno! Sono Figo, sono figo, sono figo!". 
Lo ha ripetuto ben tre volte! ... e mi ha lasciato di stucco.
... momento di relax, per asciugarsi

Mi hanno aiutato a ripulire il prato dai rami dell'albero che ho tagliato (era una vita che non tagliavo un albero - vabbè, un piccolo pino  di un paio di metri - ... che bella sensazione).
Hanno raccolto, durante la passeggiata domenicale, un sacco di piccoli sassi per la loro "collezione"... Hanno tentato di "scalare" qualche masso abbordabile, e in certi casi se la sono pure cavata mica male...
Si sono rincorsi, bagnati, asciugati e ribagnati... ad un certo punto non avevamo più vestiti di ricambio... avevo immaginato un we un po' più tranquillo.

Hanno corso, saltato, si sono sporcati, graffiati. 
Raccolto fiori e assaggiato il "pane e vino". 
Fatto polpette di fango e creato piccole tombe per gli insetti defunti.  
Si sono ricordati che le ortiche pungono e che la cacca delle mucche è meglio evitarla.
... forse che i tizzoni sporcano?

Hanno scoperto, pure, che con i tizzoni spenti si può colorare un po' tutto (anche se stessi...). In questo caso la mia tendenza a far sperimentare (cfr foto), non è stata molto apprezzata - e capita -  dalla mamma...
Il tutto - i due giorni alpini -  si è concluso con Filippo in lacrime: "Non voglio tornare a casa...". Lacrime placate dalla promessa che se il tempo lo permette sabato si replica....

Niente di artificiale: tutto rigorosamente "naturale". Allo stato brado per me vuol dire lasciarsi guidare da ciò che naturalmente si trova. A quanto la natura ti mette nelle mani per divertirti.
Da subito ho cercato di far vedere a Bea  e Filippo che spesso all'aperto si trova il necessario per divertirsi, basta avere un po' di fantasia e lasciarsi guidare.
La mia soddisfazione sta proprio in questa conquista che ho visto in loro: quella della natura. Alleata e amica per rendere le giornate piene di novità!
"Papà, la montagna ci piace molto...", ad un certo punto se ne sono usciti con questa esclamazione... 
Ed io mi sono sciolto!






mercoledì 17 aprile 2013

Sole, fantasia e dolce dormire

Aprile dolce dormire.... per me è così. 
Il primo caldo affossa la mia  reattività. Ho il metabolismo rallentato e propenso all'orizzontalità...
Impietositasi, una mia collega mi ha regalato delle miracolose compresse omeopatiche, chissà se funzionano.
Ma lo spirito non si lascia abbattere! La voglia c'è sempre... i neuroni reagiscono all'inattività del corpo producendo stimoli a go go. Non sempre ascoltati invero.... ma tant'è!
L'inerzia paterna (e materna... ma quella è cronica) è contrastata dalla vitalità dei bambini.
Operosi, ridestati dal clima finalmente favorevole.
Non li tieni: i loro ormoni sono usciti dal letargo.
La collezione di Filippo
E si fanno sentire!
Il sole però ha un potere in più: stimola la mia creatività... ridesta la fantasia.
Creatività, fantasia, imprevedibilità, sono tutte qualità che mi aiutano a non essere eccessivamente statico, a saper affrontare il nuovo, o quanto non ancora conosciuto, non come un pericolo - o un ostacolo -  ma come una possibilità o una risorsa.
E non importa che si tratti di persone, cose, esperienze.
Mi piace giocare di fantasia e cercare di generare in loro il desiderio di far viaggiare la loro mente.
Di trovare soluzioni, di costruire occasioni con poco, o con quello che c'è!
Cheddire di Filippo che riempie le tasche di sassolini per la sua nuova collezione?
O di Bea che ogni giorno torna a casa con un fiore diverso che puntualmente pianta con cura sperando possa mantenersi in vita?
In fondo fantasia significa anche autonomia. Capacità di rivalutare ogni momento.
Di appropriarsi degli spazi e di sfruttare quello che c'è!
Eccomi allora a coniugare la necessità, utile ai bimbi, di momenti e spazi programmati, con il tentativo di riempirli di approcci nuovi, non scontati, lasciando spazio anche a ciò che è imprevedibile.
L'importante è fare in modo che l'indolenza e la noia non si approprino mai del nostro tempo.
E' dura... in certi momenti.
Ma ce la farò!
Nonostante l'aprile col suo dolce dormire.

lunedì 25 marzo 2013

Essere al loro posto?


Li guardo, li osservo. Mi diverto con loro, sorrido... mi arrabbio, perdo la pazienza. Si fa pace, si gioca. Ascolto e parlo.

E ogni tanto vorrei "poter essere al loro posto!"

Quando vedo i miei figli in difficoltà per qualsiasi cosa vivo la voglia – o la tentazione – di fare cambio. Ci sono dei momenti in cui vorrei potermi sostituire a loro in modo che possano affrontare e superare rapidamente quanto in quel momento magari li turba, li mette in difficoltà o addirittura li fa soffrire.
Mi capita quando vedo Beatrice, ad esempio,  alle prese con  le sue prime sofferenze legate ai piccoli dispetti che subisce (probabilmente ne fa pure… non è una santa) dalle sue amiche, che la portano a chiudersi in se stessa. 
Mi succede quando vedo Filippo che vorrebbe fare una cosa o raccontare un suo pensiero, ma non riesce: il suo sforzo a volte  mi intenerisce. Che voglia di farlo al suo posto per vederne il sorriso e non la fatica. 
Mi succede quando li vedo star male: febbre, tosse, dolori vari… e a me, nonostante cerchi di farmi contagiare per fare qualche giorno di sana malattia a casa, non capita mai nulla. 
Mi succede quando sono tristi o delusi; quando non riescono ancora ad accettare alcune regole o impegni e quindi si ribellano.
Istintivamente mi viene voglia di  sostituirmi a loro affinché possano essere preservati da ciò che in qualche modo ne mette a nudo le loro fragilità o le difficoltà naturali. 
Ma non solo: poter fare -  o sistemare – al loro posto renderebbe comunque tutto più agevole: meno fatiche, meno volti tristi, meno delusioni… e meno pensieri per me.
Il mio "stare in pensiero"… allora, per dirla tutta,  il volere sostituirsi a loro significa non solo desiderare di diminuire certe loro difficoltà, ma togliere da me il disagio di vederli come non vorrei. 
Fare cambio quindi può diventare non una semplice voglia, giustificabile e quasi naturale, ma anche una piccola tentazione. Anzi una doppia tentazione: verso i miei figli perché rischierei di non far vivere a loro in pienezza quanto è naturale vivano; verso di me perché mi costruirei uno scenario non reale, un po' romanzato magari. 
Invece le difficoltà ci sono ed è giusto che siano affrontate e vissute  fino in fondo, anche se questo spesso può pesare molto ai bimbi e di conseguenza anche a me.
La speranza che i miei figli possano viverne il meno possibile (le difficoltà e le fatiche mica si devono per forza cercare), non deve spingermi a togliere loro quelle che comunque arrivano: solo affrontandole e non fuggendole, diventano ostacoli superabili. 
E forse anche utili. Anche per me!
Senza scomodare, inoltre, la retorica della responsabilizzazione a tutti i costi, con l'umana e serena convinzione che nessuno può vivere la vita degli altri... soprattutto quella dei figli.

martedì 6 novembre 2012

Il volto sereno

Questo Post partecipa al Blogstorming sul tema del mese: l'autostima.
In Genitoricrescono mica vanno per il sottile. Ogni mese mettono sul piatto temi importanti, interessanti, che fanno riflettere. E ogni tema viene affrontato da destra, sinistra, sopra e sotto. Con esperienze e riflessioni.
Novembre è il mese dell'autostima. E' un tema che mi ha costretto a pensare perchè riguarda me, ma come papà tocca anche i miei bambini. Perchè è una condizione che ci si porta dietro e che, per certi versi, si può anche trasmettere. Determina non solo una certa visione della vita, ma un approccio alla stessa tale da renderla più o meno serena.
Autostima e sè stessi.
Non riesco a non legare questo tema a quello della libertà. Quella dentro di sè. Quella che si conquista nel tempo e che permette di non ancorarsi a sovrastrutture di qualsiasi genere.
L'autostima è la serena e consapevole visione di sè. Serena perchè obiettiva rispetto ai propri pregi e difetti. Consapevole perchè non li nasconde e li accetta: i primi - i pregi - per valorizzarli, i secondi - i difetti - per vincerli.
L'autostima ti permette di non sentirti mai schiacciato dal timore del giudizio. Non lo eludi perchè a volte aiuta (mica si è perfetti), ma non ti lasci abbattere. Permetti al tuo volto di rimanere sereno, nonostante le piccole sconfitte quotidiane.
L'autostima crea prossimità, è contagiosa, non si lascia abbattere. Non è autoreferenzialità, nè arroganza intesa come pretesa di totale autosufficienza. Non è sentirsi "di più" ma star bene per come si è: senza rimpianti per eventuali doti non possedute o invidie per traguardi non raggiungibili.
Mi piace, inoltre, accostare l'autostima ad una certa dose di autoironia. Saper sorridere di se stessi è "catartico". Non per minimizzare o essere superficiali, ma per dare il giusto peso a tutto. Anche alle proprie cavolate.
Autostima e figli.
Per un genitore, inoltre, l'autostima è fondamentale come risorsa quasi osmotica per i propri figli. I bambini assorbono molto. Da varie fonti.  Sono delle piccole spugne. L'autostima quindi può essere almeno trasmessa come stile percepito: come atmosfera attraente, perchè la si respira. I figli saranno comunque un mondo a sè e quindi non è assolutamente detto che tutto sia determinabile. Ma se scorgono genitori che stanno bene con se stessi probabilmente impareranno pian piano ad asservarsi con meno distacco o timore.
L'autostina dei propri figli può passare anche dal modo con cui ci si pone nei loro confronti: pretese eccessive, sfide inutili. Dare troppo peso agli errori, ai presunti difetti o limiti. Tutto questo può far insorgere un disagio, spesso latente, che impedisce all'autostima di consolidarsi in loro. Faranno un'enorme fatica a volersi bene. Perchè devo credere in me stesso se non sono apprezzato neppure dai miei genitori?
C'è pure l'altra faccia della medaglia: confondere l'autostima con improprie esaltazioni. Far credere di essere quel che non si è: quasi imporrre una maschera. Prima o poi cascherà per conto suo, lasciando a terra cocci difficilmente ricomponibili.
Il peggio è indurre ansie e paure. Timori inutili. Insicurezze. Alimentano le delusioni e non li aiuteranno mai ad essere pienamente se stessi.

Infine
L'autostima si alimenta dalla capacità di essere veri con se stessi: pregi e difetti, doti e limiti convivono in noi e in loro: sono gli elementi imprescindibili "dell'unicità che si è". Nascondere i secondi ed esaltare i primi è inutile. Convivere serenamente con entrambi è libertà. E' autostima.


mercoledì 1 agosto 2012

...Ferie!


saremo in questa zona... dove?

Da stasera si è in ferie.
Quelle lunghe (due settimane e mezza...).
Quelle che mi piacciono.
Quelle con i bambini full time.
Quelle con gli amici.
Quelle in cui si fa di tutto, ma tranquillamente.
Quelle nei luoghi che amo (montagna... manco a dirlo!).
Quelle che impegnano il corpo con tante cose da fare, ma liberano lo spirito.
Quelle senza eccessivi vincoli d'orario.
Quelle in cui bene o male non si hanno pensieri di lavoro.
Quelle che ti fanno passare la voglia del lavoro.... (se mai c'è stata)
Quelle in nuove, diverse da quelle passate.
Quelle in cui preparo la testa non a quello che mi piacerebbe fare, ma a quello che si potrà fare con i mie piccoli e mia moglie.
Quelle che durano troppo poco!
Queste ferie arrivano una volta all'anno... me le voglio gustare!

Caro Blog pure tu sarai in ferie, per ripartire alla grande a settembre!


Un saluto a tutti gli amici che passano di qui...e in particolare ai/alle Blogger compagni/e di viaggio!


martedì 24 luglio 2012

Il tempo delle conquiste!

L'estate è entrata nel vivo. Dopo la settimana al mare "di famiglia", è inziato il periodo ferie alternate tra me e mia moglie così da poter stare il più possibile con i bambini.
Le alterniamo anche nei luoghi... io me li porto in Valtellina da mia mamma e lei  se li spupazza in Valle D'Aosta. Ci riuniremo per le centrali d'agosto.
L'estate è nel vivo, e i più vivi di tutti sono Bea e Filippo! Vivi, scatenati, capaci di farsi rapire dallo spirito di libertà che lo stare all'aria aperta, il caldo, le opportunità di gioco ecc. offrono. Tutto è una specie di regalo di questo tempo speciale.
W i porcini!
E a me piace un sacco vederli così: mai domi, sempre alla ricerca di una cosa da fare, sempre in movimento e spesso col sorriso sulle labbra.
Mi accorgo che crescono, che in un attimo sono diversi. Nelle movenze, negli atteggiamenti, nell'autonomia che stanno conquistando, nel modo di affrontare le cose: crescono, eccome crescono.
Il loro diventare sempre un pochino più grandi è di fatto un guadagno e un impegno. Un guadagno perchè c'è meno apprensione (almeno da parte mia) e so che posso sciogliere qualche briglia in più, impegno perchè comunque non sempre la loro capacità critica nel discernere il facile dal pericoloso è sviluppatissima.
Ma i tempi stanno cambiando rapidamente e mi sembra di poter gustare di più i progressi che fanno, il loro avvicinarsi pian piano a compiere sempre più cose "da soli". E' proprio un bel vedere.
Al mare Beatrice si avventurava nell'acqua alta e nuotava alla grande. Filippo s'era trovato un amichetto e con lui ho giocato per ore. Bea ha camminato con me nei boschi tutta orgogliosa di sapersi destreggiare anche in punti un poco più faticosi. Filippo segue Bea e mio nipote e, per nulla in difficoltà, riesce a eseguire quello che fanno loro.
E' il momento in cui è possibile concedersi qualche passo indietro per ammirare le loro conquiste, senza la necessità di tenere un braccio teso per ogni evenienza.
Questo passaggio mi sta permettendo di chiamare la vacanza col suo nome: non è un sempplice "cambio d'aria"... concede in effetti un minimo di riposo e relax. Un minimo di tempo per se stessi.
Il crescere è una conquista, una loro grande conquista... e un regalo per noi genitori!
L'estate è entrata nel vivo! Me la voglio gustare fino in fondo!

martedì 19 giugno 2012

Estate: libertà e scoperta... e un po' di fastidio.

Soffro l’estate cittadina. Il caldo non mi dispiace, ma quando esplode tutto d’un colpo in città mi dà fastidio. Il fastidio dell’appiccicaticcio continuo, il fastidio dell’aria condizionata  in ogni luogo chiuso, il fastidio dell’asfalto che emana calore in ogni momento rendendo spesso la notte peggio del giorno. Per non parlare del fastidio delle zanzare. Soffro e credo che difficilmente riuscirò ad abituarmi a questo clima a me così poco caro. Ma per fortuna l’estate non è solo questo. L’estate va oltre la città.
L’estate, allora,  diventa soprattutto scoperta, novità, star fuori di casa. Per Bea e Filippo il corso normale dell’anno rappresenta, anche da piccoli, il periodo dell’apprendimento. Graduale, lento, proporzionato e attento al loro grado di crescita. Autunno, inverno e primavera, nonostante siano tutte stagioni con caratteri molto belli, sono accumunate da ritmi sostanzialmente ripetitivi. Durante l’estate, invece, i bambini  possono liberarsi a scoprire: meno didattica  e molta libertà per incontrare, scovare, ammirare cose nuove. L’estate con i nostri bambini, indipendentemente dal luogo frequentato, cerchiamo di indirizzarla verso questa direzione. Nessun affanno nell’inseguire ritmi poco sostenibili, ma molta libertà nel lasciar scorrere il tempo necessario a gustare quanto incontrato e scoperto. Possibilmente molta natura e poco caos. Molto movimento, quello sì!
Ricordo lo scorso anno le passeggiate nel bosco con Filippo (non ancora duenne) e Bea: pochi metri ad osservare ogni dettaglio. Che fosse un fiore, un insetto, una fragola, una pianta e così via. Momenti lunghissimi dove il senso della scoperta riempiva di meraviglia i loro sguardi, con Beatrice sempre pronta a porre domande di ogni genere. Ricordo i pomeriggi a catturare girini (poi liberati…), a raccogliere ciliegie, a selezionare pigne, ad osservare il formicaio gigante, a scrutare gli animali incontrati (mucche, uccelli o pesci). Proprio per questo motivo crediamo molto nel fatto che i bambini non debbano semplicemente vedere, osservare o sfiorare tante cose, ma le debbano toccare con mano. Incontrarle, sperimentarle, imparare a capirne le caratteristiche o le diversità. Che sia mare o montagna non importa… importa a me, che prediligo la montagna, ma non fa nulla.
L’estate rimane il tempo privilegiato per tutto questo perché permette in certi momenti di rendere superfluo l’orologio. Nel rispetto dei tempi del corpo (cibo e sonno sono sacri) per il resto si cerca sempre di prendersi il tempo che serve per andare a fondo di quanto s’è deciso di vivere in quel momento: che sia gioco, stare con gli amici. Che sia andare alla scoperta di luoghi nuovi o semplicemente osservare o scoprire.
E i bambini in tutto questo sanno lasciarsi contagiare: assimilano il senso di sorpresa e stanno attenti se li si prepara a qualcosa che non conoscono. Se stimolati sorprendono per la voglia di saperne di più e per il desiderio di capire.  Quando capiscono accolgono, e accogliendo riescono finalmente a scorgere in ciò sta loro attorno non una minaccia o un niente, ma una ricchezza!
L’estate ufficialmente non è ancora iniziata e il caldo cittadino mi sta già infastidendo, nonostante si sia fatto attendere più del previsto. Al di là di questo dettaglio, aspetto con molta voglia le settimane che potrò trascorrere in famiglia: le aspetto perché spero di  renderle ricche di quel senso di scoperta e libertà che solo l’estate riesce a donarci!

domenica 22 aprile 2012

Due parole sulla libertà

Qualche giorno fa ad un mio amico che si lamentava perché per “colpa” dei figli non riusciva più ad essere libero come prima istintivamente gli ho detto “Per me la libertà sono proprio i miei figli e la mia famiglia!”. Mi ha guardato in modo un po’ strano. L’ho sparata così grossa? Mi sono lasciato prendere la mano con le mie teorie a volte un po’ sopra le righe? Allora ho cercato di argomentare: “Alla fine la libertà è quello che scegli di fare, non quello che pensi di non poter riuscire a fare o quello a cui credi di rinunciare. Sei libero se in quello che decidi di fare sei contento e ti senti al tuo posto. Per me è così.” Mi ha risposto: “ Mah, , io so che quando desidero fare una cosa o ripenso con nostalgia a quello che un tempo facevo quando non avevo  la famiglia, mi sembra di essere meno libero. Non dirmi che anche a te non capita questo!”. “Come no, ma non tanto rispetto al passato, per ora di nostalgie non ne vivo, non perché il mio passato sia stato brutto, anzi, ma perché il presente mi va benissimo com’è. Quanti vorrei ma non posso mi sono detto o ho pensato. Ma la libertà non è legata alla singola azione desiderata e non fatta. Non bisogna ridurla. Per me la libertà è qualcosa di più, per cui anche se in certi momenti non riesco a fare quello che mi sarebbe piaciuto, non per questo mi sento meno libero.” … drin dirn drin… suona il suo cellulare deve andare, è arrivato il suo “appuntamento di lavoro”.
“Quello – indico il cellulare -  ti rende meno libero, mica i tuoi bimbi o la tua famiglia“ sorrido e lo saluto! Come la solito mi manda scherzosamente a quel paese e fugge da chi lo attende.
Quelle poche parole su un tema così importante non mi lasciano tranquillo. Da una settimana ci penso e ripenso. In fondo è da una vita che cerco una risposta che mi convinca fino in fondo sul concetto di libertà. A Luigi (nome di fantasia) ho detto ciò che da tempo mi sono risposto, non ho pensato alle definizioni che conosco. Di altre risposte e definizioni ce ne sono a centinaia, probabilmente molto più corrette, profonde, complete, ma nella mia vita non riesco a vedere una libertà che abbia un altro significato. Non è la definizione delle definizioni, è semplicemente quella sento vera per me. Mi aiuta a non avere rimpianti, a essere sereno ogni giorno rispetto a quanto vivo: che sia programmato, che sia inatteso.  Rispetto anche a quello che mi piacerebbe fare ma non riesco a realizzare.


                                                                                     
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