Bea e Filippo

Bea e Filippo
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mercoledì 23 ottobre 2013

Papà ... ma prima figlio!

Si diventa genitori nella gioia, nella bellezza del generare e amare i propri figli. Nella fatica quotidiana del crescerli, con gli alti e i bassi nel riscontrare che non sempre rispondono alle attese dei genitori: fanno casino quando non devono, si picchiano (tra fratelli è quasi una regola…), non ubbidiscono o non ascoltano, fanno a se gli chiedi b e viceversa. Ma sanno sorprendere, spesso. Nel loro essere unici. Nel farti sorridere, e amare d’averli con te. E’ tutta una giravolta di esperienze dove spesso la regola è l’imprevedibilità, quella che nei bambini è molto più vera della nostra, quella adulta. Un po’ assopita.
Si diventa genitori, dicevo (stavo divagando lo so…) – e nel caso specifico papà -   mica all'improvviso. C’è tutta una storia che non può essere messa sotto uno zerbino. E’ la storia della nostra vita che ci ha visto, come prima tappa fondamentale, assumere e vivere in pienezza la condizione di figli. Sono stato figlio… e lo sono ancora, per la verità.
Ma “figlio, proprio tanto figlio” lo sono stato da bambino e da ragazzo. Un po’, anche da giovane: insomma fino a quando sono stato dipendente dai miei genitori. Una dipendenza che si è evoluta nel tempo,  ma che nelle sue forme diverse mi ha accompagnato per molti anni.
Guardo i miei di figli. Sono ancora piccoli. Non riesco a  non riportare la mia mente alla mia esperienza di figlio e ogni tanto mi chiedo: ma io che figlio sono stato? Li vorrei come? O meglio lasciar perdere?
Diamo spazio alla memoria. Fino alle medie ho navigato nella zona medio bassa della classifica dei ragazzi bravi, sempre sull'orlo della retrocessione. Non ero un teppista, ma neppure un santerello.
Da una parte me la cavavo a scuola (voti buoni), ma  rispetto al comportamento è un altro discorso. In prima elementare presi ben 6 note (il massimo della classe). In terza media conclusi il percorso con una visita dal Preside. Lingua lunga … troppo, nel bene e nel male. Pure a catechismo mi misero qualche volta fuori dalla porta. Vivevo nel regno dorato di un paese della Valle e quindi in casa non ci stavo praticamente mai. A giocare con gli amici: all'oratorio, nella via, nei cortili. Facevamo mille cose, anche un sacco di “stronzate” (che non elenco per non generare emulazioni spiacevoli). In casa facevo la parte “del cane”, “il gatto” era mia sorella: spesso le mani addosso. Era più forte di noi. Ricordo la mamma che ci sgridava. O gli sguardi di mio padre… a lui bastavano. Ai miei ero molto attaccato, ma non mi pesava il distacco. Da loro ho ricevuto e imparato tantissimo, anche quello che non insegnerò ai miei figli. Fa parte della vita anche questo.
Ero sereno. Non si navigava nell'oro, ma non ricordo rinunce particolari: con gli amici ci si faceva bastare quello che c’era. E ci si divertiva. Mi fermo a quest’epoca, perché il parallelismo è funzionale all'età dei miei bambini.
Lo vorrei come me? Mi ci rivedo? Per me non è questo il punto: io sono io e loro sono loro. Siamo e saremo diversi.
La questione è un’altra: vorrei ricordarmi più spesso come ero io. 
Vorrei farlo riportando nel mio presente le volte che  non ascoltavo, che facevo cavolate o  disubbidivo e deludevo i miei genitori … ma anche quando mi impegnavo, ne azzeccavo qualcuna o riuscivo davvero bene in qualcosa. 
Vorrei ricordarmelo per garantirmi da una parte uno spazio di tolleranza (e di incoraggiamento) di fronte a ciò che mi fa arrabbiare o mi spazientisce. Ma anche per tirar fuori da me gli stimoli perché loro affrontino le cose con serenità e lo spirito giusto (quello positivo e costruttivo). Se spesso ci sono riuscito io ce la possono fare anche loro.
Vorrei ricordamelo di più per non correre il rischio di pretendere da loro riconoscimenti funzionali a me… e non a loro. Il loro futuro è importante, non (solo) il mio  - e nostro -  presente.
Vorrei ricordarmelo perché nel gioco intricato della loro crescita il binomio dipendenza/libertà venga vissuto nella logica del rispetto e dell’amore, non in quella del non avere “fastidi”.
Da papà non posso non intrecciare questi pensieri per accogliere quanto  vissuto da figlio perché mi aiuti ad essere padre.

Un buon padre.

martedì 30 luglio 2013

Apero-Papà

Papà al Centro è un'associazione di Milano che cerca di promuovere il ruolo di Papà attivi per famiglie e comunità responsabili.
Ha promosso un'iniziativa bella, interessante e ambiziosa dal 20 al 29 settembre: Mostra gioco interattiva "Nella Pancia di Papà". Ed accanto ad essa incontri per i papà (e non solo) e spettacoli per la famiglia.
Papà al Centro è anzitutto un gruppo di papà e ieri sera ne ho incontrati alcuni in simpatico Apero-Papà! 
Il mio primo in assoluto.

Li ho incontrati perchè nell'evento di settembre (di cui parlerò in modo più approfondito più avanti) hanno pensato di dedicare un momento di incontro-confronto ai Papà Blogger.
C'era anche Federico di Vitadapapa..

Birra, qualche stuzzichino: Massimo ci ha raccontato l'evento. Speranze, aspettative, qualche ansia. Papà al Centro non è mica la macchina da guerra del MammaCheBlog... 
I papà blogger poi non sono molti.... anche se, bene o male, si difendono abbastanza bene....

Ma torniamo all'Apero-Papà. 

Mi sono divertito un sacco: rotto il ghiaccio abbiamo cominciato a calcare i terreni a noi più noti. 
I figli, le esperienze quotidiane, le vacanze, le mogli. 
Situazioni comuni, soluzioni diverse o approcci simili. 
Il sonno che manca, i nonni che ci sono o che non ci sono, lo spannolinamento in corso, il cibo,  i giochi, le storie,  le mamme (e mogli) - ma qui si passa al segreto di genere -.
Un microcosmo di scene di vita familiare viste da un gruppetto di papà: molta ironia, qualche preoccupazione. 
Tanti sorrisi e scenari comuni. 
Molta complicità: universi paralleli e intrecciati.
Due ore volate in un baleno.

Un saluto e una promessa: la Mostra Gioco, sarà un successo!
Alla prossima... care mamme stiamo arrivando!




mercoledì 5 giugno 2013

Papà Vitto: l'accendiamo?

Grazie a tutti!
Per i suggerimenti, le proposte, i consigli... per chi mi chiede di mantenere questo nome.
In effetti sono ancora combattuto... 

Ma elenchiamo le proposte:

Questo papà
Lodicopapà
Dillopapà 
PapàLive
Nonsolomamme
Papà Vitto (e alloggio)
Un solo difetto: sono interista (questa proposta è una contraddizione in termini)
Il Mio Blog
Mamma che papà!
Papà Vittore
Trombabbo (è mia, ma è stata ripresa, probabilmente gli amanti della musica sono davvero molti)
Papà nella rete
Papà in servizio
Wpapà
Crescerepapà
Pappy Hour
Le Vette di Vitto
Un Papà per Due
A babbo Morto (tiè....)
Padre mostro
Mi Scappa la pipì papà

A ri-grazie di tutto...  
Molti di questi nomi mi sono piaciuti molto e se, come è giusto che sia, un Blog è personale, è pur vero che chi guarda dall'esterno vede oltre o da angolature diverse e scorge particolari interessanti, o ignoti.

Da giorni li rileggo, ci penso su, medito ... perché comunque voglio fare una classifica: ci sono dei premi in palio.

Il nome che mi ha preso di più d'impatto è: "Mamma che papà!". Ma non posso mettere la parola mamma nel Blog di un papà... non si fa...
Quello che mi ha fatto sorridere è Pappy Hour, perchè mi ricorda mia moglie... e quindi se mai facesse un Blog sarà certamente Mammy Hour.

Ma quello che mi ha convinto è: Papà Vitto (e alloggio). Probabilmente l'alloggio lo toglierò.... rimarrà Papà Vitto, cioè rimarrò io. 
Nel mio nome abbreviato (come in tanti mi chiamano) e con papà come prefisso... che è chi sono da qualche anno.

Il suggerimento è stato di El_Gae (Stratobabbo), che quindi ha il diritto di scegliere uno dei premi che avevo messo in palio (consiglio il quarto...):

- cena a casa mia a base di pizzoccheri valtellinesi (rigorosamente originali) 
- buono di 10 euro per acquisti su Nildi ... (sono miei amici)
- Un CD a scelta di Davide Van De Sfross
- possibilità di tenere i miei bambini per un WE a scelta (trasferimenti inclusi:).

Oggi blindo Papà Vitto... e se la pigrizia non mi fermerà il mio obiettivo è ripartire a settembre col Blog rinominato e rinnovato....
Fino ad allora mi tengo IlMioSuperpapà!




venerdì 31 maggio 2013

Svoltiamo? Un nuovo nome al Blog? ... Aiutatemi!

No, non sono impazzito.
Non sono in preda ad una crisi di identità.
Neppure il Mammacheblog (e tulle le mamme blog incontrate lì),  mi ha sgretolato l'autostima. 
Ho retto all'urto... 
Da un po' di tempo mi frulla per la testa questa svolta: cambiare il nome al mio Blog.
IlMioSuperpapà (come nome del Blog)  è nato d'istinto da un'esclamazione di mio figlio... ma non mi ha mai convinto al cento per cento. Il termine Super è troppo. Mi suona male... "maledetta educazione cattolica".... direbbe il mio amico Pasquale.
In più, tanto per dare un spinta ulteriore il mio desiderio represso per pigrizia, ho ricevuto anche un velato invito a cambiarlo sto nome,  per evitare sovrapposizioni o confusioni con il Superpapà per eccellenza. 
Mah, non vedo molte similitudini col mio umile Blog, ma tant'è che il dubbio sorge... e gli inviti velati mi hanno sempre intimorito...

Mi sono decido: cambio!
Ma qui viene il bello, o il brutto: che nome scelgo?
Papàpiky: simpatico, ma poi Mammapiky. mi denuncia per plagio.
TrombaBabbo (che avete capito, lo strumento intendevo...) ci può stare... ma chi lo dice a El_Gae che l'ispirazione al suo Stratobabbo è puramente casuale?
Anche Papàcolpisello non sarebbe male, ma anche in questo caso l'idea è già stata carpita da Lei.

Cambiare nome non è per niente facile... (non oso poi immaginare il casino del riaprire i battenti in un'altra casa.... ma non ci penso), anzi sta diventando un problema.
So benissimo che il nome del Blog in fondo deve rappresentare, in qualche modo, chi lo scrive... è la crasi del suo essere, la sintesi del microcosmo che lo rappresenta... so tutto. 
Eppure sono in crisi!

Ecco perchè vi chiedo aiuto: cari lettori, lettrici, navigatori occasionali ecc. (se ci siete ancora), datemi una mano: che nome dareste al MIO Blog?
Mi basta una scintilla ispiratrice, un frammento di idea, poi ci lavoro su.
Se poi ne esce il nome, meglio ancora!
E' vietato propormi un nome già registrato che poi dovrò pagarvi per non fare un altro trasloco... ma per il resto provate ad aiutarmi.

Volevo indire un concorso, con premi allettanti, ma la spending review alla quale la moglie mi sta costringendo me lo impedisce.
Però prometto che chi contribuirà in maniera decisiva a questo faticoso parto potrà scegliere tra:

- cena a casa mia a base di pizzoccheri valtellinesi (rigorosamente originali) 
- buono di 10 euro per acquisti su Nildi ... (sono miei amici)
- Un CD a scelta di Davide Van De Sfross
- possibilità di tenere i miei bambini per un WE a scelta (trasferimenti inclusi:).

Vi prego, aiutatemi!

Attendo con ansia suggerimenti!

Ps. Se poi qualcuno gentilmente mi spiega come traslocare sto Blog col minimo sforzo, potrei dare sfoggio di generosità compulsiva...





venerdì 1 marzo 2013

Papà ansiosi ... ma poi passa

Eccoci al terzo post ospitato da Ipad Mamma

E questa volta si parla di ansia. 
Di quella naturale che sopraggiunge dentro ogni nuova avventura, e la paternità è una di quelle che sconvolgono alla grande.
E dell'ansia un po'  più caratteriale o legata agli episodi: reali o ipotetici.
Essere padre mi ha obbligato a fare i conti anche con questo sentimento. 
Per un tipo come me è stata una bella sfida... 
E come ogni competizione non importa uscirne necessariamente vincitori, ma più forti!

Chi vuole saperne di più, leggete qui: Papà ansiosi... ma poi passa!

lunedì 18 febbraio 2013

Papà, ce l'hai l'X Factor?

La musica non c'entra. E' semplicemente una sfida o una richiesta d'aiuto. Entrambe insieme. Vediamo che ne esce. Il Corriere della Sera, nel suo Blog in questo periodo cavalca il tema dei papà. Sarà di moda, susciterà interesse. Chi lo sa. Fatico a comprenderne un interesse così pressante, eppure è così. Dal Padre peluches di qualche mese fa, ai papà più fragili di ieri, passando per le coppie cavalluccio di qualche giorno fa. Un filo conduttore c'è: i papà di oggi chi sono? Qual'è la loro identità? Che cosa si stanno perdendo o che cosa stanno riscoprendo? ma sono capaci di essere o di fare i papà? O stanno decretando l'indebolimento irreversibile di generazioni di bimbi che non saranno in grado di affrontare il futuro? Poveri cristi... per colpa del papà.
E tutto perché questi benedetti papà, sembra non abbiano l'X Factor! Sembrano incapaci di vincere la sfida. Perché alla fine è una sfida anche quella di crescere dei figli.
Per fortuna esiste tutta una schiera si sociologi, psicologi, psicoterapeuti, giornalisti, intimisti, politologi, storici della società contemporanea, conduttori televisivi ecc. che stanno smascherando questo cortocircuito generazionale che sta colpendo i papà (le mamme vengono per ora risparmiate per ovvi motivi socio culturali). 
Nello smascherare però spesso mancano le ricette: si descrive, ma non si indicano vie, percorsi o modelli. Perché non essere coerenti fino in fondo? Identificate questo benedetto X Factor: questa patente del papà tutto d'un pezzo. 
Almeno uno si confronta. Capisce dove sbaglia. Si redime per raddrizzare le storture che, magari inconsciamente, sta inculcando nei propri figli.
Ma cos'è questo X Factor del papà?
Se un papà non incute timore con lo sguardo ce l'ha?
Se un papà ama giocare con i  propri figli, ride con loro, scherza... va bene? O è troppo bambino?
Se un papà ascolta, dedica tempo a parlare con loro, cerca di spiegare le cose, si preoccupa - purtroppo - anche per piccole cose, perché crede che anche i dettagli siano a volte importanti, merita di passare il turno o no?
Se un papà cucina, sistema, fa la lavatrice, adora l'asciugatrice, e odia stirare quanto la mamma, è in crisi d'identità o indebolisce la categoria?
Se una papà ogni tanto ammette di aver sbagliato, di aver esagerato nel rimprovero e si scusa ce l'ha sto benedetto X Factor? O è irrecuperabile?
Se un papà è presente in casa vuol dire che è un fallito fuori? E quindi poco presentabile come figura autorevole?

Voglio vincere! Voglio il mio "mentore" che mi aiuti a lottare per questa X! La chiave del successo, quella, l'unica - anzi -, che mi permetterebbe di fare la differenza, di essere un papà d'articolo! Un papà che merita di essere definito degnamente papà, per la buona sorte dei miei figli!

Aiutatemi, se avete un po' di compassione: ditemi come conquistare l'X Factor!
Con gratitudine.


venerdì 8 febbraio 2013

Con rispetto, papà

Questo Post partecipa al Blogstorming sul tema del mese: il rispetto.

Mio papà manca da 13 anni. Ha fatto appena in tempo ad andare in pensione, a iniziare a dedicarsi a quello che gli piaceva. Poi improvvisamente è volato via. Di botto, senza far rumore. 
Di lui ho un sacco di ricordi che mi porto dentro. Sono ancora molto vivi. Era un tipo semplice, granitico. Plasmato e integrato nella sua (e mia) terra,  una Valle semi alpina con le sue asprezze, con le sue bellezze, con i suoi ritmi e operosità. Con il suo salutare  e limitante isolamento.
Spesso silenzioso, un po' rude, ma capace di sorrisi e passioni. Sempre attivo, per nulla incline al far nulla o alla dispersione, ma capace di coltivarsi amicizie, di trovare lo spazio per l'impegno civico.
Un uomo, per certi versi, di un'altra epoca. Stava in casa pochissimo, noi figli eravamo affidati alla mamma. Soprattutto da piccoli con noi poche parole, molti sguardi... e quelli severi valevano di più di mille paternali o sculacciate. A lui non sono mai servite.
Pochi complimenti, non ci esaltava mai, neppure se lo meritavamo, almeno in pubblico o apertamente di fronte a noi. Lasciava trasparire un certo orgoglio, ma ogni conquista mia e di mia sorella era il nostro dovere... il minimo che ci toccava.
Col passare degli anni s'è trovato di fronte due figli un po' tosti... non ribelli o scapestrati, ma pieni di domande, di iniziativa, di voglia di uscire la piccolo mondo alpino. Due figli diversi: mia sorella poco malleabile e anima di numerosi conflitti, io apparentemente più saggio e pacato, di fatto anarchico nel sottobosco... facevo quel che volevo senza far troppo rumore.
Sono stati anni dove lui è stato risucchiato nella necessità di un dialogo maggiore, a volte acceso in altre pacato. Non ha respinto questo suo dovere, ma non era abituato... e alle molte parole scambiate con noi figli seguivano ampi silenzi. I suoi silenzi. Spesso mi chiedevo che cosa frullasse nella sua testa.
Perché parlo di mio padre, non è neppure il suo anniversario? Dopo 13 anni perché mi preoccupo di ritracciarne i contorni? Perché se esistesse una parola che ne potesse racchiudere sinteticamente la cifra della sua esistenza, questo termine è il rispetto. Mio padre mi ha trasmesso tanto.  Più con i fatti che con le parole, ma tra tutto quello che per lui era essenziale che noi figli imparassimo e vivessimo al primo posto c'era il rispetto. Forse esagero, ma è una licenza che mi concedo volentieri, ma per me il rispetto è lui. (speriamo che in questo caso non mi senta).
Per lui il rispetto aveva dinamiche e volti diversi.
Il rispetto in casa... di chi ci abitava e di chi passava.
Il rispetto per le figure autorevoli del paese... a volte a prescindere magari dalla loro reale consistenza morale, ma quel rispetto era dovuto al "valore dell'abito". 
Il rispetto delle regole. Il rispetto degli impegni presi.
Il rispetto delle parole.
Il rispetto degli anziani... dei "noss vecc", sempre carichi di storia, sacrifici e insegnamenti. 
Il rispetto delle tradizioni, della festa.
Il rispetto degli altri, anche di chi per vari motivi lo aveva fatto soffrire. 
Il rispetto delle idee, anche di quelle che criticava o osteggiava. 
Il rispetto dei boschi, degli animali (le pecore della nonna o i suoi cavalli), della nostra vigna, dei prati .... da rispettare perché era parte della nostra vita.
Il rispetto del lavoro. Dei sacrifici e delle fatiche... mai sfuggirli.
Il rispetto del dolore e della morte. Non temerli, né arrendersi di fonte a loro: imparare a viverli come parti ineludibili della nostra vita.
Per lui il rispetto era sacro, non me lo ha mai spiegato nel suo significato semantico, me lo ha mostrato e trasmesso. Forse anche nei limiti di un eccesso di zelo... non so.
Anche lui aveva, come tutti, le sue contraddizioni. Non era perfetto - chi lo è? - ma da uomo semplice è riuscito a farmi entrare dentro il senso del rispetto. 
Non ne riesco ad argomentarne le implicazioni socio filosofiche, non riesco a dipingerne contorni letterari particolarmente appetibili... riesco a evocarne l'esempio vissuto, fatto di attenzioni, di passione, di silenzi, di cura delle cose, di impegno, di passi indietro o in avanti quando necessario. Fatto di stima. Attento a non ferire o a chiedere scusa. 

mercoledì 20 giugno 2012

Sassolino...

Ho voglia di togliermi un sassolino perchè con regolarità mi sta capitando di leggere (da articoli, da interventi autorevoli, in discussioni sul tema) "tanta roba" sui padri.  Il comune denominatore? La precaria, povera ma potenzialmente interessante, indefinita perchè sempre meno rilevante figura del padre contemporaneo. Ho tolto la scarpa... il sassolino sta per uscire.

Cercare di ricondurre tutto a categorie di pensiero (“Società senza padri”, "Mammi", "Invidia del seno", "non ci sono più i padri di una volta", "Paternità imperfetta") spesso significa ridurre a concetto quello che la realtà contraddice o almeno non rispecchia fino in fondo. Oggi la società, le persone, le coppie e i papà (con le mamme annesse): tutti sono dentro passaggi pre-generazionali. Prima che finisca una generazione le cose sono cambiate. Ti volti e una categorizzazione è già superata. Punto. A che serve ideologizzare tutto? I papà, quelli che hanno scelto di farlo e sono contenti della famiglia che tentano di costruire, fanno quello che possono: meno autoritari? Basta che siano autorevoli. Più arrendevoli? Basta che abbiano chiaro il messaggio da trasmettere. Nessuna invidia del seno o del pisello: ci sono coppie che sono più interscambiabili nelle responsabilità (basta co sta menata dei compiti... non ci sono maestre ad assegnare nulla) o per necessità o per scelta. Ci sono papà più presenti di una volta o papà assenti come quelli di una volta, ma i primi cominciano ad essere di più. Lo sono e basta senza bisogno nè di avvocati, nè di far casino. Sono così e basta: per la felicità dei loro figli. Questo è quel che conta! Ci sono papà più fragili di quelli di una volta, e spesso proprio grazie ai forti papà di una volta. Ci sono papà meno consapevoli del ruolo... siamo sicuri che possano essere confrontati con la consapevolezza di quelli di una volta? Non è che bastava il pensiero neppure allora.
Il problema non è il ruolo ma la persona, la sua consistenza, la sua capacità di vivere intensamente quanto ha avuto la possibilità di scegliere (per fortuna non da sola), la sua capacità di lasciare alle spalle la propria autoreferenzialità,  il suo desiderio di convivere con la propria imperfezione, segno di vera umanità non di debolezza. Padri imperfetti, mariti imperfetti, eventualmente sono un sintomo, non la malattia.
Non sono imperfetti i padri, sono imperfetti (per fortuna) gli uomini e le donne. Se se ne accorgono imparano a vivere, altrimenti semplicemente o fuggono da sè stessi o dalle proprie responsabilità. E questo non è legato alla famiglia o alla paternità come caso da esplorare: ma è legato ad ogni condizione vissuta. L'amicizia, la relazione più o meno profonda, il proprio rapporto con la società o con  il lavoro. Perchè non aprire questi capitoli?
Mi sono tolto il sassolino...

giovedì 31 maggio 2012

E' meglio iniziare da piccoli!

Riunione di fine anno con le maestre del nido di Filippo. Unico papà presente, ma questo è un dettaglio. Inizia un’interessante presentazione in PPT dal titolo: “Verso l’autonomia”. Si tratta del percorso che ha caratterizzato i bambini più grandi: l’obiettivo era di abituarli a fare le cose da soli per essere pronti alla scuola materna. Osservo concentrato le prime foto: bambini che si occupano di travasi, di incastri, di lavori manuali al tavolo del falegname o in cucina. Le maestre ci raccontano i progressi e quanto avvenuto. Sembrano molto contente del cammino dei nostri bambini. Filippo per ora non appare, prima o poi arriverà. Ho voglia di vedermelo proiettato: mi fa simpatia  la possibilità di  osservare quanto ha fatto. Anche perché ogni volta che gli chiedo che cosa ha fatto all’asilo o tace o risponde: “Bene!”. La curiosità sale. Ad un certo punto eccolo. Cosa??? Vedo Filippo e un suo compagno – concentratissimi - alle prese con il  ferro da stiro e asse, tutti intenti a stirare qualcosa. Stanno davvero stirando! E con che postura: sembrano dei professionisti! Controllo meglio… sì è proprio Filippo. Mi scappa la battuta: “Urca, li state addestrando fin da piccoli!”. Risata. E si procede.
Altra serie di foto: bambine che puliscono l’insalata o preparano le carote, bambini alle prese con gli incolli di forme geometriche (mo’ mi spiego perché una decina di giorni fa per Filippo ogni cosa che prendeva in mano per lui era un triangolo). Ecco, riappare Filippo addirittura protagonista in una serie di foto.  Guardalo - penso - che carino e che omettino mentre si mette un grembiule, spinge il carrello, posa i piatti sui tavoli, dispone i bicchieri e le posate. Seleziona e abbina con cura  i tovaglioli dei suoi compagni. Le maestre spiegano che i bimbi a turno apparecchiano e il giorno del book fotografico era il turno di Filippo.  E s’è guadagnato il centro della scena. Comunque Filippo così attento, concentrato e preciso non l’avevo mai visto.
Termina la presentazione: le maestre si dicono soddisfate del percorso svolto dai nostri bambini, ci offrono un’ottima torta e dopo qualche battuta con le altre mamme saluto e ringrazio.
Il momento in sé è stato molto sereno e tranquillo… ma non mi escono dalla testa le foto di Filippo, mentre stira e apparecchia. Non so ma avrei preferito vedere Filippo con in mano un martello, cion una sega, con un saldatore, che ne so!
Non c’è nulla da dire: l’impostazione pedagogica degli asili nido è troppo avanti. Maschi  ben formati e capaci ad ogni evenienza, fin da subito! Prendili in tenera età e il gioco è fatto. I maschietti devono capire da subito che cosa li attenderà: la rivoluzione è in atto ed è inarrestabile! Le pari opportunità, la divisione dei compiti, l’uguaglianza tra uomo e donna dentro un nido non sono semplici slogan, sono realtà!
Quindi vorrei tranquillizzare quelle donne che ritengono ancora la figura maschile non abbastanza coinvolta nella vita familiare, e soprattutto non capace di badare alla casa: consolatevi perchè quanto magari vi tocca ancora sperimentare, ormai è superato. Il domani scriverà scenari diversi. Potete dire alle vostre bambine che sono attese  da un futuro diverso!

giovedì 12 aprile 2012

Identità del padre e femminismo: binomio o sottrazione?

“Sfrutto” per  questo post parte di un mio commento all’articolo che ho linkato e cerco di andare un poco più in profondità, perché la questione posta a mio avviso è davvero interessante.
L’articolo (http://genitoricrescono.com/e-se-il-femminismo-passasse-dai-papa/comment-page-1/#comment-75727)   e il dibattito sono molto interessanti con un argomento in gioco molto intrigante.
Mi permetto di lanciare alcune considerazioni che nascono dall’esperienza che vivo, e quindi non certo teoreticamente ineccepibili. A mio avviso oggi la percentuale dei padri che tentano di partecipare alla vita familiare e si sforzano di stare accanto alla moglie e ai loro figli con impegno e passione sono molti di più di un tempo. E lo fanno con uno spirito di collaborazione molto più intenso anche nelle “cose di casa”. Fermo restando che molte esperienze dicono ancora il contrario. A mio avviso, quindi un riavvicinamento o un riallocamento dei compiti familiari esiste già ed è determinato da un diverso  modo di affrontare la vita di famiglia presente sia nei padri che nelle madri. Alcuni mutamenti culturali sono stati assorbiti in maniera implicita e la dicotomia tra il ruolo della madre e quello del padre, nelle nuove generazioni è molto meno evidente.
Allo stesso tempo, non va confusa, rispetto al ruolo del padre, una presenza/assenza autoritaria e pacificamente accettata in passato, dall’evoluzione verso un’autorevolezza, non ancora del tutto conquistata, del presente. Al pater familias ante litteram bastava uno sguardo per ottenere o per far capire, oggi le dinamiche spesso sono  capovolte: si passa dai padri iper tolleranti che esercitato la funzione di contraltare a madri eccessivamente rigide (esageratamente inclini al richiamo), a padri indifferenti e quindi ininfluenti  le sorti della famiglia, a padri invece maggiormente presenti, attenti a tutto ciò che anima la vita di famiglia e con la capacità di assumere un ruolo autorevole (non autoritario) convenzionalmente tipico della figura maschile. O ai padri di mezzo che non eccellono né nelle mancanze, né nella bravura (è la mia categoria),  ma sono consapevoli di questo e “ci provano”. Corsi e ricorsi di modi di affrontare la vita, ma con la consapevolezza che il mutamento degli scenari hanno un’incidenza da non trascurare.
Un altro aspetto che mi sembra importante riguarda l’evidenza di un mondo che è cambiato: il lavoro con i suoi tempi e le sue dinamiche spesso molto coinvolgenti condizionano la vita familiare e  non solo quella dei papà. Nella mia famiglia è mia moglie la più impegnata fuori casa e a me tocca molto di quello che convenzionalmente sarebbe toccato alla mamma. Ma non mi lamento assolutamente: mi sento padre ( e uomo realizzato) e ne sono felice proprio perché posso dedicare più tempo ai miei figli e alla mia famiglia. E non vivo questa situazione come un modo di affermare il femminismo di mia moglie, anzi non capisco perché non possa essere considerato un modo per rendere più vero il mio essere uomo e papà.  A mio avviso è questione di equilibri, di scelte e di come la coppia decide di affrontare la propria “avventurosa vita di famiglia”.
Ma per tornare al tema dell’identità del padre, e quindi alla possibilità di determinare o meno una maggiore o minore affermazione del femminismo,  credo che questa sia in gioco perché in fondo è in gioco anche quella della madre: è un percorso comune non semplice anche perché non sono spesso né chiari né condivisi alcuni concetti di fondo: maternità e paternità quali le differenze? è ancora attuale parlare di ruoli in famiglia o non è meglio introdurre la categoria di come “essere” in famiglia? E in tutto ciò la relazione con i figli come deve essere inquadrata?
A me piace molto pensare all’opportunità che ci offre il tempo, con tutte le  esperienze connesse, a disposizione per affrontare tutto quanto avviene con uno spirito più  positivo e costruttivo.
E, perché no, anche con un pizzico di ironia in più.
Infine è vero che “noi papà” siamo molto meno presenti nei dibattiti in Rete o nella creazione di spazi di discussione. Forse è questione di sensibilità, di tempo, di poca attenzione a questi temi: mi auguro che a questo riguardo si recuperi il tempo perduto. Io ci sto provando.

venerdì 30 marzo 2012

“Papà, Mano!”

“Papà, mano!” tutte le sere Filippo mi richiama ad un rito al quale non posso sottrarmi: per addormentarsi vuole la mia mano. “Papà, Mano!” e allora mi siedo accanto al suo letto, allungo il braccio e lui prende la mia mano: se la mette o sotto la sua guancia o se l’appoggia sul petto. È questione di cinque, dieci minuti al massimo, poi s’addormenta o semplicemente mi libera. “Papà, Mano!” ammetto che mi piace trascorrere quei minuti in silenzio  accanto ai mie bambini nell’attesa che prendano sonno. Beatrice s’addormenta in un nanosecondo Filippo invece ci mette un po’ di più e vuole la mia mano. “Papà, Mano” rimango lì accanto e condivido il silenzio che anticipa il loro sonno gustando quel momento di pace. In quei minuti penso a loro, a mia moglie, a quanto vissuto durante il giorno, alla mia stanchezza o a quante cose che mi piacerebbe fare.
“Papà, Mano!” credo che per lui sia una sorta di coccola, di rassicurazione, di presenza importante, non so definire precisamente che senso dia a questo gesto, ma per me quel momento genera una profonda sensazione di serenità. Ogni sera è come se Filippo mi dicesse che basta poco – una mano allungata –, un gesto molto semplice, per creare in lui la quiete necessaria per prendere sonno. “Papà, Mano!”: Filippo crescerà e magari fra un po’ della mia mano prima di dormire non se ne farà nulla, ma mi auguro che passi ancora del tempo, perché allungare quella mano ogni sera per certi versi mi fa sentire ancora di più papà.
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