Bea e Filippo

Bea e Filippo

martedì 29 aprile 2014

Barcellona e ritorno

Le incognite ci sono sempre. I tempi, le distanze, i ritmi, la tenuta fisica. Viaggiare con dei bambini non è scontato. Poi c'è il cibo, gli imprevisti, il casino, le code, il tempo. C'erano aspettative e piccole ansie. 
I bambini per la verità erano davvero carichi, ogni giorno chiedevano: "Quanto manca al viaggio a Barcellona?". Ma anche noi stavolta avevamo preparato tutto abbastanza nel dettaglio. Visite prenotate per evitare le code. Itinerari definiti a priori per non incappare in trasferimenti eccessivi. Spazi e tempi per tirare il fiato. Devo ammettere che avere una moglie che ha vissuto un anno in Spagna e parla benissimo il castigliano è una grande risorsa.
Ho scelto un appartamento in una posizione strategica, nella città vecchia a due passi dalle ramblas e dal porto. In effetti questo ha aiutato un sacco soprattutto la sera... si cenava in zona Plaza del Rei e poi in 5 minuti si era a casa. A letto presto e rapidi subito in pista al mattino. Rigorosi, e questo ha aiutato.

Ma veniamo alla cronaca dura e pura.
Atterriamo puntuali giovedì 24 aprile alle 8.00. La Catalogna si sta risvegliano e noi pimpanti come non mai alle 9.20 siamo già davanti all'acquario. Zona del porto turistico: un caldo sole ci accoglie e accompagna. I bambini sembrano non risentire della sveglia alle 4.00. Chissà quanto reggeranno.
Acquario tutto d'un fiato... vedersi sfilare sulla testa uno squalo colpisce sempre, anche se alla fine Bea sentenzia patriottisticamente: "Papà, però quello di Genova è più grande vero?". In effetti.
Ci fiondiamo, visto il tempo, in spiaggia per un po' di relax. C'è pure gente che fa il bagno!
Partiti non ci fermiamo più: non ci facciamo mancare nulla. 
Piazza del Re, Cattedrale col suo bellissimo chiostro, Sagrada familia, Casa Battlo, Parc Guell, Montjuic, spettacolo delle fontane, il mercato,  la sardana ecc.
In mezzo qualche pausa e qualche sangria tonificante.
Mia moglie si è ritagliata pure un po' di spazi femminili: lo spaccio di Disegual, quello di Zara, quello di Custo. Il richiamo genetico dello shopping... aimè!
E pensare che mi è stata inopinatamente bocciata la proposta di una visita al Camp Nou del Barcellona... un vero tempio del XX secolo ignorato dalla mia signora.
Io mi sono preoccupato maggiormente del cibo. Integravo con frutta e verdura i pasti nei ristorantini, dove il rapporto qualità prezzo mi ha davvero sorpreso.

Lo confesso: Bea e Filippo superato questa piccola "prova" a pieni voti. Un po' ha contribuito la presenza di mio nipote più grande che ha trascinato non poco i piccoli. Ma loro non si sono mai tirati indietro! Interessati e attenti. Sempre carichi di domande. Curiosi e stimolati dalle tante novità incontrate. Non si sono praticamente mai lamentati, neppure quando eravamo costretti a lunghi spostamenti a piedi. 
Forse perché abbiamo ritagliato un itinerario a target bambino, forse perché Barcellona ha questo potere di includere, di affascinare e di generare buon umore a prescindere.
Un po' di tutto questo, anche se - ne sono convinto -  la curiosità un po' va indotta e stimolata. E con essa il desiderio di nuove conquiste! Turistiche.

In aeroporto, in attesa dell'imbarco, Beatrice se ne esce così:"Papà, il prossimo anno però ci porti a Parigi?". Sorrido. Questa è come la mamma... chi la ferma più?

Scoprire un pezzo di mondo è un bel regalo!


martedì 22 aprile 2014

Divieti generazionali? ... il gioco in condominio.

La pasqua è passata. Più sole del previsto. Che incazzatura gli albergatori valtellinesi... da 10 giorni tutti minacciavano tempaccio invernale... alla fine la pioggia è arrivata solo domenica verso sera. 
Vabbè il meteo in fondo prevede soltanto o forse faceva comodo che si rimanesse a casa, e vai di retropensiero.
La pasqua è passata dicevo. Riposo, serenità, compagnia, e con le solite sorprese, quelle dell'uovo, un po' deludenti. 
Ma che se ne fa un bambino di 4 anni di un portachiavi dei trasformers? Che cavolo di chiavi si dovrebbe portar dietro? Quelle dell'armadietto dell'asilo? 
Come si fa a donare a una bambina (uovo rosa... quindi da bambina) un mini cofanetto dei segreti quando per chiuderlo il papà immancabilmente spezza la chiave e per ripararlo rompe il resto? Come rovinare i rapporti con le proprie figlie!
Per fortuna il cioccolato non era male. Finalmente ho trovato uova per bambini al fondente... per la gioia di tutti, soprattutto mia. I bambini si stanno godendo un supplemento di vacanza. Noi genitori siamo rientrati al lavoro. 

Ma la vera sorpresa campeggiava ieri sera sull'ascensore. Un bel foglio, a firma dell'amministratore, che recitava più o meno così... parafraso per far capire meglio:

"Comincia a far caldo
 e purtroppo le tre o quattro famiglie
 - i nostri condomini hanno circa 90 appartamenti ndr - 
con bambini (sotto i 7 anni...) se ne approfittano per far giocare i propri figli all'esterno.
 Peggio ancora: c'è qualche nonno
che fa giocare i nipotini, che però abitando in altre case non potrebbero farlo! 
Ecchecca**o!
Nel giardino condominiale si può sostare,
possibilmente in silenzio, 
vietato l'uso della palla: si usura l'erba e qualche pianta secolare. 
Ee per caso qualche bambina o bambino tentasse di divertirsi, 
anche solo per imparare,
con la bicicletta, il monopattino 
i pattini a rotelle lo dovrebbe fare sul prato. 
E visto che lì è impossibile se ne vada in strada, 
perché negli ampi spazi condominiali calpestabili
non si può. 
Inoltre il gioco è severamente vietato dalle 14.alle 16.30.
Il riposo del giusto è sacro.
Tutto questo,  per chi non se ne fosse accorto,
è previsto dal regolamento 
e i trasgressori verranno severamente richiamati all'ordine."

Quel povero "cristo" di Amministratore l'avviso l'ha messo perché qualche condomino solerte glielo ha sollecitato. Sì perchè i paladini dell'ordine esistono! Sono necessari al bene comune, e per questo amano fustigare il prossimo ergendosi a paladino del regolamento. Dimenticano la propria infanzia, quella dei loro figli, quando proprio negli spazi condominiali insegnavano ad andare in bicicletta. Oppure se lo ricordano bene: non hanno potuto farlo perché il vicino scassapalle glielo aveva impedito e quindi perché permetterlo a ste cavolo di nuove generazioni che hanno già tutto? 
Non si fa! In fondo disturbo non ne arriva, rumore nemmeno. Non si rompe nulla, ma questo non interessa: il regolamento non si discute! E quindi il sollecito all'amministratore. Certo parlarne con i colpevoli non si fa: figuriamoci, fare la figura di merda del cattivo? Mai! Meglio l'anonimato.

In verità con Bea  e Filippo sfrutto poco gli spazi comuni. Giochiamo raramente nel giardino condominiale, men che meno a palla. Magari col mitico super tele che si usura a contatto col l'erba... non viceversa.

Prometto che però in questo bel mese di maggio che si aprirà lo farò con più costanza. Mi impegnarò: palla, bici, monopattino, pattini e magari tennis e golf!
Voglio essere richiamato. Spero in una nota disciplinare. Ma soprattutto desidero ardentemente capire chi è (o sono) il fustigatore! O chi sono i paladini del regolamento. Perchè tutti sorridono ai bambini, li salutano e dicono: "Come cresci bene, come sei carino, come sei bravo". Ma se potessero.
In fondo quello che è torto è un diritto! Capisco l'educata regolamentazione, ma il divieto ostinato e anche un po' rancoroso proprio faccio una gran fatica a somatizzarlo!

C'è qualcosa che non funziona in questo cambio generazionale... me ne sto convincendo da tempo. Non mi hanno mai entusiasmato le rottamazioni, ma credo che con una giusta dose di bontà e benevolenza, andrebbero attuate per decreto... parliamone!





martedì 15 aprile 2014

Arte e bambini... si può!

Lo confesso: l'amante dell'arte in famiglia è mia moglie. In verità, se rammento bene, al liceo pure io in arte andavo molto bene. Ero uno dei pochi che la studiava, anche con un certo trasporto. Ma sarà per sensibilità, per troppa razionalità o per una concezione dell'estetica molto basilare,  mi sono fermato agli impressionisti. Fin lì ho cercato di andare a fondo, di studiare, di capire. Mi sono lasciato prendere da quella bellezza.   Oltre ci ho sempre capito poco e il mio gusto estetico mi ha impedito di apprezzare le produzioni dell'arte moderna e contemporanea. Quando siamo andati a Parigi tanto sono rimasto coinvolto nella visita del Louvre (sezione classica), tanto mi ha lasciato perplesso il Centre Pompidou nella sezione arte contemporanea. Mi arrendo di fronte a produzioni a me poco comprensibili.
Amo i musei "classici", le mostre di chi conosco. Amo l'architettura delle cattedrali, dei palazzi storici. Sono meno rapito dalle esposizioni moderne. La Triennale non è il mio ambiente, mi trovo più a mio agio a Brera. Mia moglie dice che non "capisco". In fondo è vero! Mi adeguo.

Sabato comunque mi toccava Kandisky. Mostra a Palazzo Reale a Milano: prenotata visita guidata per bambini. In questi casi la lascio fare. Non mi ci metto in mezzo perché non voglio inibire il suo spirito d'iniziativa. Inoltre sono convinto che se vissuta bene per i bambini l'arte è pur sempre un'esperienza interessante.
Il dubbio preventivo c'era: Kandisky ai bambini? Come lo si spiega? Non è che si romperanno le scatole?
In più m'è scappato l'occhio sui costi. La visita guidata per bambini in gruppo prevede per il bambino 4-5 anni un costo di 9 euro, dai 6-10 anni 15 euro e l'adulto 17 euro.  
Mi permetto un appunto. In questo modo si ottengono sicuramente due cose: si scoraggiano le famiglie ad avvicinare i bambini all'arte e si induce un messaggio oggettivamente perverso: l'arte che assume di per sè un alone di inutile elitarietà. 
Ma in Italia purtroppo è così! Si convive con questo paradosso: se voglio visitare gli Uffizi a Firenze pago 6,5 euro e i bambini entrano gratis... Kandisky a Milano mi sa che fa più figo, ma qualcosa non funziona.

Ma torniamo alla visita.
Puntuali alle 14.00 la guida riunisce un gruppetto di 15 bambini con genitori annessi. Una giovane signorina brillante comincia a condurre i bambini verso il percorso della mostra. Lo schema è semplice: attorno al quadro prescelto narra il percorso artistico di Kandisky: lo spiega con semplicità, e con grande abilità. Mai banale. Riesce a far parlare i quadri creando una vicenda che intreccia la vita del pittore e il suo percorso artistico. Mi colpisce l'attenzione dei bambini. Vedo Filippo, 4 anni, che osserva, interagisce, ammira. E' coinvolto. Da Bea me lo sarei aspettato, Filippo mi stupisce.
A parte la presenza dei due secchioncelli (bambini che per indole più che Kandisky avrebbero bisogno di attività agricola pesante... lo so sono un po' cattivello...) tutto domande (inutili) e racconto autoreferenziale della propria vita per dimostrare che Kandisky alla fine ne ha "fatte meno di me", comunque ben gestiti dalla guida, la visita si rivela una sorpresa. Quasi un'ora e mezza senza lamenti, senza "quando finisce?" o "sono stanco". Sorprendente davvero! 
Pure io riesco a lasciarmi coinvolgere da questo artista. Ne osservo i dipinti con sguardo diverso nonostante non riesca a comprendere fino in fondo il perché diventi così artistico "rappresentare quello che non si vede" attraverso una tecnica che all'apparenza di artistico sembra avere così poco... ma questo è un altro discorso.

Alla fine i volti di Bea e Filippo esprimono soddisfazione! se la sono gustata.
Ringrazio la guida a cui riconosco una dote speciale: quella di aver dimostrato oltre ad una professionalità evidente, una capacità di coinvolgimento ammirevole.

Silvia confabula con un addetto.... "Per Klimt quando potremmo venire?"... 




martedì 8 aprile 2014

Io speriamo che sono buono!

Da tanto tempo lo avevo in mente. Molte volte l'ho iniziato e poi lasciato lì quasi per pudore. 
Non so bene il perché, ma un post sulla bontà ci tenevo a scriverlo. 
Perché ho rotto l'indugio? 
Grazie a questo video: "UNSUNG HERO"



Lo ha postato Paola Lovera. Che ringrazio!
Mi ha dato un po' di "coraggio".
Perchè in generale, al netto di come poi realmente sono fatto io con tutti gli spigoli del caso nonostante un sacco di buone intenzioni, credo fermamente nella bontà. Nonostante non riesca ad esserlo sempre (o spesso), provo a non mollare. Mi incavolo con me stesso per le mie inca**ature, e so che con chi mi è più vicino non sempre è facile applicare il principio della bontà. So bene che la bontà generica verso sconosciuto spesso è più semplice di quella concreta verso chi appartiene alla tua cerchia.
Però premesso tutto questo sono convinto che a essere buoni non si sbaglia: magari non si riceve nulla in cambio. Ma l'atto non lo cancella nessuno. La bontà genera fiducia negli altri, apre sorrisi, fa riflettere. A volte pure delusioni, è vero.
Chi è buono raramente rimane solo. 
Ai miei figli cerco di trasmettere questo non come insieme di azioni da compiere ma come modo di essere, come principio guida. E preciso spesso: "Quello che semini prima o poi raccogli". 
Raramente chi semina "merda" raccoglie frutti gustosi... perdonate lo splatterismo da due soldi. E se raccoglie qualcosa è soltanto o perché incute timore o perché genera interessi.

"Papà, però magari chi aiuti ti imbroglia".
"Può darsi, ma tu chiederesti aiuto a una persona buona o a una persona cattiva? Preferisci giocare con chi ti tratta bene o con chi ti imbroglia? preferisci passare il tempo con chi ti scolta e accoglie o con chi ti prende in giro e ti tratta male?"
"Con la persona buona...".
"E' più facile sceglie la bontà... il problema è trovarla. E viverla".

Se si cerca di seminare un po' di bene, di accoglienza, di attenzione, di rispetto, di disponibilità, di allegria, di simpatia, di vicinanza... tutto questo, spesso in dosi inattese, ti ritorna. Basta non pretenderlo come dovuto. La pretesa impoverisce il gesto iniziarle... lo trasforma da buono a dovuto. Basta non pensare che ritorni subito, l'istante dopo.
Cara Paola Lovera alla domanda che poni in questo bel articolo Unsung hero, essere una brava persona: "... aiutare gli altri ne vale comunque la pena?", io ti rispondo: credo proprio di sì. 

Credo che in generale, oggi, si abbia proprio un gran bisogno di atteggiamenti e di un modo di vivere molto più positivo. Più buono. 
Il tasso di conflittualità anche per ca**ate oggi è decisamente eccessivo. Si vive in una sorta di rivalità diffusa dove tutto ha la necessità di essere giudicato e possibilmente confutato. E' come se ci si sentisse perennemente sotto attacco.
Lo Smerdaug è lo sport nazionale, quello col maggior numero di tesserati!
Il sospetto è l'atteggiamento principe: c'è sempre qualcuno che ti vuol fregare. Il politico, il commerciante, l'assicuratore, le multinazionali, i contadini, i vigili, la polizia, i benzinai, i giornalisti, i macellai, la banca, i preti, la vicina di casa, l'amministratore di condominio, l'insegnante di scuola ... per poi arrivare agli amici. Pure loro, sotto sotto, gratis non fanno nulla. 
Pare sia impossibile trovare qualcuno che si dia agli altri senza ricevere nulla in cambio. 

C'è qualcosa quindi non acquistabile, che non è quotato e quotabile.
Mi piace pensare che valga ancora la pena crederci...









venerdì 4 aprile 2014

A Barcellona!

E' fatta. Tutto deciso.
Stavolta ci ha pensato la mamma: 24-27 aprile prima gira di famiglia in una città europea. 
Si va a Barcellona!

Era da tempo che mia moglie la remenava: "Mi manca viaggiare." "Ma se ti sei appena vista mezza Asia e a fine mese te ne vai anche in America?". "Intendo viaggiare tra di noi e con i bambini, mi piacerebbe portarli in qualche città europea!". "Continui a ripeterlo, su agisci, organizza! Scegli la città e prenota un volo. Attenta solo al budget: New York in quattro in questo frangente sarebbe francamente eccessivo, ok? E poi scordati città nordiche di mezza stagione... le code invernali non le apprezzo per nulla!".
Detto fatto, questa volta mi ha preso proprio sul serio, e anche un po' stupito: eccola arrivare qualche sera fa  con i biglietti aerei per ... Barcellona!
"L'appartamento lo cerchi tu, va bene?"... ti pareva che arrivasse col pacchetto completo... vabbè.

I bambini sono felicissimi. Bea ieri sera s'è preparata due piccole borse di quello che vuole portare con sé: mollette, elastici, matite, spazzola, profumino, timbrini, le monete che ha portato il topolini dei denti (non s'è ancora accorta che non sono euro, ma dollari di Singapore ... mi servivano per la macchina del caffè), ecc.
"Bea guarda che in aereo potremo portare un solo bagaglio a mano e a Barcellona rimaniamo solo tre giorni, non un anno." "Dai papà, queste cose le devo portare per forza". Come no.

Barcellona mi piace molto e credo che per il primo giro di famiglia sia perfetta. Mi porto pure mio nipote (un po' più grandicello dei miei) per la gioia di Bea e Filippo... e di mia sorella: "Grazie, almeno ha uno zio che se
lo porta in giro a vedere il mondo...". La solita pigra e stanziale.

Non ci resta che studiarci bene un itinerario adatto ai bambini, che permetta loro di capire la bellezza di una grande città straniera, ma allo stesso tempo li faccia divertire o almeno non annoiare.
So che Barcellona offre tantissimo, l'ho già visitata un paio di volte: Penso all'acquario fantastico, alla Sagrada Familia, alla zona di Gaudì. Allo stadio Camp Nou (lo so non ci andremo...),  ma dobbiamo costruire un itinerario equilibrato, non troppo stancante e divertente!

Mi metterò subito al "lavoro"...
A proposito qualcuno ha consigli freschi freschi?




giovedì 3 aprile 2014

Il Voto

.... immagine di repertorio... non mio
"Papà, ma se ho preso otto ti arrabbi?"
"Perché dovrei arrabbiarmi, non capisco"
"Perché vuol dire che ho fatto qualche errore e quindi non sono stata proprio brava"
"Cara Bea, mettiamo allora subito in chiaro alcune cose. 
Anzitutto l'otto non è un brutto voto. Dice che anche se ci sono alcuni errori l'esercizio è fatto bene. Non è perfetto, ma neppure insufficiente. Quindi non disprezzare l'otto.
La seconda cosa che mi preme è che tu di fronte a questo compito non perfetto impari a guardare a quello che hai sbagliato per capire il perché: ti eri distratta? Non avevi capito bene che cosa dovevi fare? Era troppo difficile? Ti sei semplicemente confusa? Il voto conta, certo, ma è molto più utile capire da dove nasce l'errore e quindi fare in modo di migliorare per non compierlo più. A questo serva la scuola e l'impegno che ci metti.
Infine: il tuo otto non mi fa arrabbiare per niente. E non ti devi arrabbiare neppure tu: non lo devi vivere con invidia rispetto a chi ha preso un voto migliore e neppure come vanto per chi ha fatto qualche errore in più di te. Metti la testa su quello che fai e su che cosa stai imparando. Il voto è la fotografia di quello che stai facendo: se puoi fare meglio, la prossima volta lo dimostrerai."
Chiaro?."
"Sì, ho capito papà... allora guarda quello che ho sbagliato".

Mi mostra il quaderno e noto che ha completamente cannato uno dei cinque esercizi che doveva fare. Ha però sbagliato con logica perché, forse per una sua lettura troppo superficiale o per distrazione, ha fatto il contrario di quanto richiesto. E senza errori, se avesse avuto una traccia ribaltata.
Le spiego la dinamica dell'errore. E sorridiamo insieme.

Quello che non le ho detto ... per ora.

Il mio rapporto con il voto (o il giudizio) scolastico è sempre stato abbastanza altalenante. Me la cavavo, ma non ho mai raggiunto le vette della perfezione. Anzi in artistica e musica alle medie ero una vera e propria schiappa. Al Liceo me la cavavo meglio con le lingue morte che con quelle vive... e se, successivamente, ho migliorato molto in italiano, in francese ho sempre lottato per non retrocedere.
Però più proseguivo gli studi più la mia media voto si alzava, e paradossalmente meno me ne importava. Non so che cosa mi sia successo ma da un certo punto in poi cominciai a vivere un certo distacco dalla valutazione.
Tanto che i miei genitori, da quando raggiunsi il potere di firma, non videro più un mio compito in classe... e la pagella di fine anno se la dovevano andare a vedere a scuola.
Per non parlare del libretto universitario... 
A loro dicevo che andavo bene. Si fidavano... erano curiosi, ma ad un certo punto si arresero. Non che non cercassero di informarsi (mia sorella aveva solo un anno meno di me... certe notizie arrivavano), ma con me alla fine non insistettero più di tanto. Mio padre mi diceva che la scuola era per me, non per lui.
In più bastava mia sorella a rimarcare i suoi successi scolastici... neppure troppo eccelsi. E ricordo bene quella volta che per sbaglio mise le mani sul mano al mio libretto universitario:  rimase stupita e mi disse perché non li facevo vedere alla mamma e al papà. "Così, già si vantano per te...". A me sta robe di dire che "Mio figlio va bene a scuola" mi davano sui nervi... e in un paese piccolo. 
A me studiare piaceva. Mi rompevo il giusto e mi esaltavo per le materie più appassionanti. Il voto era in second'ordine. Vabbé.

Non so se il mio disincanto rispetto a quel numero, comunque importante, fosse giusto o meno. Se posso essere considerato, in prospettiva, un esempio positivo. fatto sta che non ricordo particolari ansie rispetto alle prove scolastiche: interrogazioni, compiti in classe, esami. Non perché mi andassero sempre bene... ma perché cercavo di arrivarci almeno pronto. Quello mi riusciva, poi come andava andava.

I miei figli li vorrei almeno sereni di fronte al voto! Né ansiosi, né con eccessive pretese di perfezionismo.  Soprattutto non li vorrei con gli occhi puntati sugli altri, a dire o anche solo pensare "ma lui o lei hanno preso meno di me...".

Ma so che questo un po' dipenderà anche da noi genitori...

"No, non mi arrabbio per il tuo otto, Bea!"





martedì 1 aprile 2014

Amala!

"Papà, quanto è l'Inter in classifica?"
"Siamo sempre quinti, come settimana scorsa... purtroppo."
"E' vero che la Juve è prima".
Interviene Beatrice: "Sì è prima perché vince sempre".
"Bea non esagerare. Non sempre, ad esempio domenica ha perso. Però è prima, mi sa che ci deve abituare, per un po'. C'è di buono che il Milan è dietro 7 punti... anche se è in rimonta. Comunque, cari Filippo e Bea, qui si tifa sempre Inter, anche quando le cose non vanno bene".

Sono interista. Orgogliosamente interista. Sono un tifoso appassionato, ma non scalmanato. Mi piace andare allo stadio o guardare le partite in TV con amici, soprattutto.
Qualche sera Filippo ha detto a mia moglie. "Mamma, puoi spostarti di là che io e papà stiamo guardando calcio?": sono soddisfazioni.

Ma torniamo al nocciolo della questione: l'Inter.
Lo confesso: essere tifoso dell'Inter è una vera scuola di vita.
E non lo dico con ironia. L'ho vissuto sulla mia pelle. Ci sono delle abitudini che a lungo andare rendono le persone meno sensibili, un po' prevaricatrici, anche altezzose o boriose. Una di queste, ad esempio, è l'abitudine a vincere. A dominare. Ad alzare trofei. Penso alla Juve (solo a scrivere questo nome mi viene un po' di fastidio), al Barcellona, al Manchester UD dei tempi d'oro, all'Ajax in Olanda. Antropologicamente può essere destrutturante: il soggetto-tifoso in questione indebolisce le sue difese. Di fronte agli scacchi della vita soccombe o diventa aggressivo.

L'Inter invece - da questo punto di vista - plasma personalità forti. Abituate a cadute e ripartenze. Il tifoso interista apprezza anche il poco, per poi gustare fino in fondo il molto. Quello vero e che fa la storia:  il triplete, ad esempio. O l'anno dei record di punti con Trapattoni. Giorni indimenticabili!
Sono le vittorie delle vittorie!
L'Inter genera un popolo che ha come arma principale la passione. Poi magari allo stadio riesce a stroncare un giocatore per due passaggi sbagliati, o a chiedere il cambio dell'allenatore dopo una partita deludente. D'altronde essere appassionati non sempre fa rima con equilibrati. Ma questo è un altro discorso.

Ogni tanto arrabbiarsi è giusto. Quale interista non lo ha fatto (stasera) dopo il 2-2 col Livorno? Poi lo si fa con l'arbitro che non ti dà il rigore, con Guarin che la passa all'avversario, con gli avversari se le imbroccano tutte... ma l'interista ormai vive di una rabbia morbida. Un po' più serena. Non la reprime col rischio dello scoppio devastante, l'incanala nel borbottio continuo, nell'ironia sarcastica, nell'esultanza delle disgrazie altrui... 

L'interista è sempre al passo coi tempi: affronta il cambiamento spesso e bene. Con fiducia e speranza.. E se qualcosa non funziona a dovere, la cambia in maniera rapidissima. I giocatori dell'Inter spesso sono come la tecnologia, vanno fuori moda in un lampo. Un via vai continuo.
Questo non turba il tifoso. Anzi, ne esalta lo spirito di adattamento in una società che corre senza soste.

L'Inter ovviamente è molto di più. E anche i suoi tifosi!
Filippo e Bea mi raccomando: sempre nerazzurri!. 

AmaTela!




Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...