Bea e Filippo

Bea e Filippo

lunedì 7 maggio 2012

Che cosa non posso dare ai miei figli

Tante volte penso a quello che posso (e devo) trasmettere e dare ai miei figli: amore, l’educazione, l’esempio su come agire, quello di cui necessitano a livello materiale (nel limite del possibile e nell’orizzonte del necessario o dell’utile. Filippo ieri mi ha  detto che lui vorrebbe una nave dei pirati. Vera! Lì non ci arrivo proprio).
La visione delle cose, della vita, la serenità.
L’affetto che si meritano e così via. 
Come papà – e come genitori -, posso,  e  in certi casi devo, saper dare ai miei figli ciò che serve  loro per affrontare la sfida di una vita che in fondo“ho contribuito a scegliere” per loro. 
Io e mia moglie siamo stati “causa” del loro esistere e sarebbe davvero molto brutto non prendere sul serio il percorso che dalla loro nascita li deve condurre all’indipendenza. Sì, brutto, non è da genitori. 
E la responsabilità del genitore è quella di  esserci, e senza deroghe, in questo cammino come presenza insostituibile. Presenza attiva, viva, ferma e tenera allo stesso tempo.
Ma anche un genitore non può tutto. E non deve tutto. Non sarà mai padrone di altre vite, neppure di quelle dei propri figli: ne potrà essere custode e responsabile per un certo periodo. Profondamente unito; ne sarà affezionato, legato da un amore profondissimo, ma mai padrone.
Infatti ci sono un sacco di aspetti della vita dei figli che un genitore non potrà (e non dovrà) mai decidere o determinare.
Un genitore non potrà mai imporre gli affetti e le amicizie. Potrà capitare (e quante volte sarà successo) che un genitore dica ai propri figli che tizio va bene, mentre caio no. Se anche avesse ragione sarà impossibile sostituirsi ai sentimenti di affetto o di amicizia che un figlio potrebbe provare per altri. Non esiste un telecomando che regoli queste dimensioni o che le possa  spegnere. Non esiste un regolatore delle percezioni affettive dell'altro. Si può educare ad apprezzare certi stili, a dare valore a taluni comportamenti piuttosto che ad altri. Ma nell'intimo di ognuno di noi si genera l'affetto.
Che amicizie avranno i mie figli? Di chi si innamoreranno? Chi lo sa!
Un genitore non potrà mai decidere le passioni: se da una parte succede che un figlio, quasi per osmosi, possa condividere sinceramente certe passioni dei propri genitori, dall’altra, invece, spesso accade che ne   abbracci altre, magari totalmente diverse. Addirittura opposte. Le passioni sono un richiamo, di razionalità ed emotività, tipico della persona nella sua singolarità. E’ per passione che  un individuo  abbraccia o l’arte o uno sport;  degli ideali o la bellezza;  la natura e gli animali, i libri e la musica,  chi più ne ha più ne metta. Non si possono imporre, al massimo condividere.
Un genitore non potrà dare le idee. Rispetto ai propri figli sono certo che  si possa influenzare un pensiero o spingere a essere più inclini a determinati valori piuttosto che ad altri, ma quando il figlio diventa adulto e indipendente deve, ribadisco deve,  avere le sue idee. Un suo pensiero. Un suo modo di guardare alla realtà. Una sua – solo sua – capacità critica di fronte a quanto avrà di fronte. La vera sconfitta di un genitore è quando non è così. Da giovane con mio padre spesso mi confrontavo, anche animatamente, su idee o visioni delle cose discordanti. Lui aveva le sue idee ed io le mie: ne andavamo orgogliosi entrambi.
Un genitore non può dare la fede. Ne accennavo nel post di qualche giorno fa.  "Qualunque" Dio non tollera l’imposizione a credere. La fede si gioca nella libertà del riconoscere un Senso al proprio vivere che l’uomo non si auto-genera, ma semplicemente accoglie. In famiglia eventualmente un figlio vede se la fede è vissuta e il bene che può produrre. Ma poi tocca a lui.
Un genitore non riesce a generare capacità. Immaginare la "perfezione" (quando mai?) o particolari abilità per i propri figli significa desiderare per loro eccellere. Creare in loro attese inutili rispetto a proprie presunte doti inesistenti, o semplicemente comuni, significa indirizzarli alla frustrazione. Vale di più una sana e realistica autostima che mille complimenti su quello che non c'è!
Un genitore non può dare la felicità. Ne deve tratteggiare contorni nel presente, indicarla come meta che si conquista o semplicemente a volte si scopre passo dopo passo. Non è detto la conquisti per intero. Ma certamente non può essere consegnata in un pacchetto dono. Nessuno lo può fare per un altro. 
Ci sarò molto altro ancora...essere genitore non è dare per forza, soprattutto quanto non è trasferibile, ma esserci per preparare la via alle vere conquiste della vita.
Poi si libereranno e voleranno a solcare orizzonti tutti loro! Che siano i migliori!
Mi dico pure: per fortuna! Non voglio dei figli cloni di me o di mia moglie… o di chiunque altro ne volesse determinare i comportamenti.  I miei figli, non sono miei: nel senso che le loro vite non mi appartengono e devono potersi costruire attraverso i loro affetti e amicizie. Attraverso le loro passioni e la loro fede. Attraverso il loro modo di ricercare la felicità. A noi genitori il compito di preparare la strada.

1 commento:

  1. Mi piacciono molto queste riflessioni, penso anch'io spesso ai limiti del mio agire. A volte soffro al pensiero che certe decisioni e certe battaglie mio figlio dovrà farle da solo ma poi mi fermo e rimetto il necessario distacco tra ciò che e' suo e ciò che e' mio, che e' una delle sfide più dure per un genitore.

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