Bea e Filippo

Bea e Filippo

venerdì 13 settembre 2013

Il giro dei Giganti


Non ho la capacità di raccontare questo evento come in questo articolo (Tor de Géants....) di  Riccardo Barlaam. In più ho seguito la gara solo On Line. O attraverso i Social.
Ogni tanto cercavo di parlarne con qualcuno (qui in città).... scorgevo solo volti perplessi. Quelli son matti. Dicevano spesso. Tutta quella fatica senza neppure un montepremi "decente"?
Guardavo le prime foto. E poi quelle successive.... Ho passato le sere a leggere, osservare. Guardavo i volti degli atleti e di chi incontravano.
Ammiravo gli orizzonti e i paesaggi. Alcuni ho imparato a conoscerli in questi anni.
Ho immaginato la fatica, lo sforzo: la battaglia con se stessi e con i 25 colli su cui salire e poi scendere. Stima e ammirazione.
Tutto nella mia testa, perchè non faccio parte di questo mondo: non sono un atleta, non corro in montagna.
Da ragazzo qualche volta l'ho fatto (20 kg fa)... e mica scherzavo. Ma è' preistoria.
Eppure nella mia testa questo evento frulla da una settimana: mi affascina, mi rapisce. Da lontano. Eppure riesce a farlo.
Forse proprio per la distanza. Tra me e quegli atleti, tra il mio essere in città e quelle montagne. 
Una distanza che paradossalmente mi fa sentire quasi il respiro affannato dei passi in salita o addirittura percepire la fatica dello sforzo. Le gambe a pezzi.
In montagna ho camminato tantissimo... mai esperienze estreme, ma abbastanza numerose e variegate per percepire che cosa si possa vivere dentro un'esperienza del genere.
E più passa il tempo più questa distanza si fa sentire (o pesare?). Non tanto quella agonistica. 

Quella dello spazio. Dei paesaggi. Del silenzio. Delle rocce, dei ghiacciai, della vegetazione che dirada, dell'acqua che scorre.
E allora osservo, ammiro, provo a entrare in sintonia con chi questa distanza riesce in qualche modo a colmarla. E la racconto a me stesso.

Consapevole di tante cose, anche di rincoglionirmi in certi pensieri... 
Ma all'istinto delle parole spesso non si comanda!

"Bisogna imparare ad attendere, a saper aspettare. Imparare a soffrire per conquistare, alla fine, uno a uno i 25 colli del Tor e arrivare in fondo.
E giorno dopo giorno, passo dopo passo, mi sono accorto che i minuti, i secondi, le ore acquistavano un altro valore, rispetto al solito. Mi accorgevo dello scorrere del tempo. In sintonia, una cosa sola
- non so come dire - con il panorama attorno, la natura e i bellissimi scorci di queste montagne uniche e bellissime. In un silenzio pieno, che non si ha bisogno di riempire d'altro. Rotto solo dalla voce del vento.(BRUNO BRUNOD)".

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