Bea e Filippo

Bea e Filippo
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mercoledì 30 luglio 2014

Primo assaggio

così poco da mangiare?....
Un primo assaggio di vacanza. Dovevamo incastrare qualche giorno prima che i bimbi prendessero la via del mare con la nonna.

Cartina alla mano la scelta è caduta sulla Toscana interna, inizio della Valle D'Orcia. Zona che non conoscevo e potenzialmente davvero interessante: Siena a due passi, Montepulciano, Pienza, Montalcino.
Vino buono. Arte. E un sacco di siti termali.
Deciso pronti via! Giovedì 24 luglio accompagnati da un clima autunnale ci mettiamo in macchina alla volta di Sinalunga. Si è alloggiato da Casa Elisa, e la scelta si è rivelata davvero azzeccata!

Beatrice e Filippo sono carichi hanno voglia di genitori e pure noi desideriamo questi giorni con loro. Abbiamo di fronte quattro giorni intensi prima che il 28 la nonna li prenda al volo e li porti al mare.

Terme di S. Filippo la Balena Bianca
Non perdiamo tempo e pianifichiamo la nostra mini vacanza:
- venerdì: Terme di San Filippo (a queste non si poteva proprio rinunciare!) e monte Amiata.
- sabato: relax e Siena.
- domenica: Montepulciano e relax.
- lunedì: Cortona e trasbordo.


Programma rispettato senza neppure troppi intoppi meteorologici. Sapientemente schivati i temporali quasi quotidiani!
Non entro nei dettagli di una cronaca simpatica ma a rischio tedio collettivo. Vado per appunti di viaggio, di quelli brevi, più da sensazioni immediate che riflessioni profonde.

Fiume caldo a S. Filippo
Primo dato e non scontato: girare con i propri figli è bello! E più crescono meglio è. Non so se sarà sempre così... chissà se ci capiterà di muoverci con tredicenni ribelli e annoiati. Però oggi ci si diverte. Sono interessati, osservano, chiedono, non fanno troppe storie. Bello!

Per cantine
Varietà, bellezza e bontà. In pochi km abbiamo visto di tutto: dalle bellissime terme di S. Filippo con il fiume "caldo" e le sue vasche accessibili. Alla distesa di faggi del monte Amiata, fantastica, sembrava di addentrarsi in un paesaggio delle favole. A Siena, Montepulciano, Cortona: cittadine bellissime.Ogni loro angolo è uno scorcio di bellezza, di storia. Molto ben tenute. Specchio di un'Italia che ama se stessa e non si trascura.
Ma pure la natura riesce ad imporsi. Paesaggi bellissimi. Distese di girasoli incantevoli. Spesso ci si fermava sul ciglio della strada semplicemente ad ammirare il paesaggio.
nel mare di girasoli
E come non citare infine il cibo e il vino. A prezzi accessibili e sempre di qualità. Anche questo non era scontato, per certi versi è stata una lieta sorpresa.

Vitalità. In ogni angolo abbiamo incontrato appuntamenti, mostre, concerti, iniziative di ogni tipo da quelle culinarie a quelle culturali. Un'offerta impressionante. Cortona ad esempio è stata trasformata in una mostra fotografica a cielo aperto. A siena in ogni piazza o palazzo pubblico c'era o un concerto, o un balletto o una conferenza... vitalità, passione. E soprattutto un sacco di stranieri interessati. Anzi in giro c'erano quasi solo stranieri: olandesi, francesi, tedeschi, belgi.
Se il patrimonio è curato, valorizzato, offerto in modo intelligente si vince! In Italia e fuori!

Quattro giorni volati. Intensi, sereni, ricchi. Un assaggio e la voglia di ripartire!




martedì 15 aprile 2014

Arte e bambini... si può!

Lo confesso: l'amante dell'arte in famiglia è mia moglie. In verità, se rammento bene, al liceo pure io in arte andavo molto bene. Ero uno dei pochi che la studiava, anche con un certo trasporto. Ma sarà per sensibilità, per troppa razionalità o per una concezione dell'estetica molto basilare,  mi sono fermato agli impressionisti. Fin lì ho cercato di andare a fondo, di studiare, di capire. Mi sono lasciato prendere da quella bellezza.   Oltre ci ho sempre capito poco e il mio gusto estetico mi ha impedito di apprezzare le produzioni dell'arte moderna e contemporanea. Quando siamo andati a Parigi tanto sono rimasto coinvolto nella visita del Louvre (sezione classica), tanto mi ha lasciato perplesso il Centre Pompidou nella sezione arte contemporanea. Mi arrendo di fronte a produzioni a me poco comprensibili.
Amo i musei "classici", le mostre di chi conosco. Amo l'architettura delle cattedrali, dei palazzi storici. Sono meno rapito dalle esposizioni moderne. La Triennale non è il mio ambiente, mi trovo più a mio agio a Brera. Mia moglie dice che non "capisco". In fondo è vero! Mi adeguo.

Sabato comunque mi toccava Kandisky. Mostra a Palazzo Reale a Milano: prenotata visita guidata per bambini. In questi casi la lascio fare. Non mi ci metto in mezzo perché non voglio inibire il suo spirito d'iniziativa. Inoltre sono convinto che se vissuta bene per i bambini l'arte è pur sempre un'esperienza interessante.
Il dubbio preventivo c'era: Kandisky ai bambini? Come lo si spiega? Non è che si romperanno le scatole?
In più m'è scappato l'occhio sui costi. La visita guidata per bambini in gruppo prevede per il bambino 4-5 anni un costo di 9 euro, dai 6-10 anni 15 euro e l'adulto 17 euro.  
Mi permetto un appunto. In questo modo si ottengono sicuramente due cose: si scoraggiano le famiglie ad avvicinare i bambini all'arte e si induce un messaggio oggettivamente perverso: l'arte che assume di per sè un alone di inutile elitarietà. 
Ma in Italia purtroppo è così! Si convive con questo paradosso: se voglio visitare gli Uffizi a Firenze pago 6,5 euro e i bambini entrano gratis... Kandisky a Milano mi sa che fa più figo, ma qualcosa non funziona.

Ma torniamo alla visita.
Puntuali alle 14.00 la guida riunisce un gruppetto di 15 bambini con genitori annessi. Una giovane signorina brillante comincia a condurre i bambini verso il percorso della mostra. Lo schema è semplice: attorno al quadro prescelto narra il percorso artistico di Kandisky: lo spiega con semplicità, e con grande abilità. Mai banale. Riesce a far parlare i quadri creando una vicenda che intreccia la vita del pittore e il suo percorso artistico. Mi colpisce l'attenzione dei bambini. Vedo Filippo, 4 anni, che osserva, interagisce, ammira. E' coinvolto. Da Bea me lo sarei aspettato, Filippo mi stupisce.
A parte la presenza dei due secchioncelli (bambini che per indole più che Kandisky avrebbero bisogno di attività agricola pesante... lo so sono un po' cattivello...) tutto domande (inutili) e racconto autoreferenziale della propria vita per dimostrare che Kandisky alla fine ne ha "fatte meno di me", comunque ben gestiti dalla guida, la visita si rivela una sorpresa. Quasi un'ora e mezza senza lamenti, senza "quando finisce?" o "sono stanco". Sorprendente davvero! 
Pure io riesco a lasciarmi coinvolgere da questo artista. Ne osservo i dipinti con sguardo diverso nonostante non riesca a comprendere fino in fondo il perché diventi così artistico "rappresentare quello che non si vede" attraverso una tecnica che all'apparenza di artistico sembra avere così poco... ma questo è un altro discorso.

Alla fine i volti di Bea e Filippo esprimono soddisfazione! se la sono gustata.
Ringrazio la guida a cui riconosco una dote speciale: quella di aver dimostrato oltre ad una professionalità evidente, una capacità di coinvolgimento ammirevole.

Silvia confabula con un addetto.... "Per Klimt quando potremmo venire?"... 




venerdì 19 luglio 2013

Il più bel gioco della mia vita

So di non essere un critico cinematografico. Ultimamente mia moglie sostiene che mi sono addirittura "imbarbarito" perchè guardo solo action movie liberapensieri. E in parte ha ragione. 
Quindi non mi cimenterò a scrivere una critica. In questo caso mi limiterò a liberare qualche emozione.

L'altra sera, però, mi sono visto un film davvero speciale: "Il più bel gioco della mia vita", che narra la storia vera di Francis Ouimet, un ragazzo di umili origini che nel 1913, da dilettante, vinse l'U.S. Open di golf.
Mia moglie non mi ha visto (dormiva come ogni sera beatamente sul divano), ma alla scena finale mi sono commosso come un bambino. Non sono riuscito a trattenermi.
La famiglia di Francis abitava  ai margini di un campo da golf e quel ragazzo, fin da piccolo, si appassionò a quello sport. Non lo poteva praticare (sui campi) perchè a quei tempi era riservato solo alla nobiltà. Ma il suo talento naturale e la sua passione spinsero un nobile illuminato a farlo scendere in campo. Non sbagliò: quel ragazzo era davvero forte. E tanto. Il talento e un sogno: giocare a golf: un mix esplosivo.
Un sogno che la madre leggeva negli occhi di Francis e incoraggiava di nascosto, e che però il padre, umile operaio, non tollerava perchè quello sport era "di proprietà dei ricchi". 
Per il padre Francis doveva mollare tutto e trovarsi un lavoro giusto per affrontare la sua vita, rimanendo al posto che gli competeva.

Dopo varie vicende ecco l'occasione: Francis, perchè della zona, viene invitato come Amateur a giocare nel più importante torneo americano: l'US Open. Anche oggi è così: nei grandi tornei sono riservati dei posti a dilettanti: una grande occasione per loro.
Il padre non vuole, ma stavolta Francis decide di disubbidire e di  giocare, pur sapendo che dopo il torneo avrebbe dovuto lasciare la propria casa.

Inizia l'U.S. Open: i migliori non deludono. Harry Vardon e Ted ray (inglesi e quindi i "nemici da battere") si portano in testa e dominano la gara. Nessun americano riesce e reggere i loro score.... tranne Francis. 
Sì quel ragazzo venuto dal nulla rimane incollato a loro. E' l'unica speranza.
Entusiasma le folle, rianima il patriottismo. Lui, buca dopo buca, tiene il passo e al termine del quarto giro chiude alla pari ai due campioni. Si val al playoff. Un altro giro completo. 
Ray sbaglia ed esce dalla gara. Siamo alla 18: Francis ha un colpo di vantaggio, ma sbaglia il putt della vittoria. Vardon può pareggiare, ma rimane corto di un pelo. Ultimo colpo: Francis non sbaglia. E' l'apoteosi.
La scena finale è bellissima (guardatela!!!).


Un film dalla leggerezza pregnante. Da non critico: fatto molto bene!

Ho confessato di essermi commosso...mi ha entusiasmato la vittoria, "il piccolo Davide" che batte i due Golia. Mi ha rapito un pochetto anche la retorica del "sogno americano" che si realizza... ma ciò che  mi ha scatenato la lacrima è stato lo sguardo finale tra padre e figlio, e la loro stretta di mano. 
Quel padre burbero, probabilmente provato da una vita dura, alla fine ha capito che suo figlio non ha solamente fatto un'impresa sportiva. Ha fatto molto di più: realizzato un sogno. E' andato oltre il determinato: ha dimostrato che il talento, la passione, la forza di volontà, la fiducia, possono abbattere certe barriere.
Quel papà alla fine ha vinto con Francis, e probabilmente quella stretta di mano ha significato tantissimo. Quanto la gloria di quel trofeo.

Forse oggi non si riesce più a sognare in quel modo. 
Le barriere di oggi sono altre: la disillusione, la sazietà, il materiale che ha soppiantato l'ideale. E a queste barriere, senza troppo combattere, a volte ci si rassegna. 
Non lo so.
Forse anche noi genitori (almeno io spesso sono così) preferiamo la concretezza del certo, alla bellezza del sogno (incerto per definizione).

A me questo film è rimasto dentro, non solo perchè ultimamente ho iniziato ad amare il golf, ma perchè mi ha ridestato almeno il desiderio di guardare avanti e al futuro con un spirito diverso... un po' più sognatore. 
Con più coraggio... 


martedì 19 marzo 2013

Diventare Papà

.... in occasione della festa del papà mi "riprendo" un post che ho scritto qualche tempo fa per IpadMamma.

Nessun fulmine a ciel sereno. Bea e Filippo sono figli voluti, cercati per dare “compimento” alla nostra famiglia. 
Che parolone. Ma non saprei come esprimermi in modo diverso. Ma una famiglia non è un’entità astratta: c’è una mamma, un papà, e i figli (uno o di più non importa).
Ed io sono il papà.
Non sono nato papà, lo sto diventando.
La nascita di un figlio per quanto attesa, desiderata, destinata al contesto migliore che si possa offrire, genera un piccolo sconvolgimento esistenziale. Per me è stato così.
Quella creaturina (prima Bea e poi Filippo) che ho cominciato a prendere in braccio, in modo quasi impacciato, pochi istanti dopo la sua nascita, ha aperto orizzonti nuovi.
Diventare padre è stata anzitutto un’emozione enorme. Di quelle che non si scordano per il resto della vita. Di quelle che stupiscono. Che commuovono.
E’ stato una specie di nuovo inizio: i figli il tuo mondo un po’ te lo ribaltano. Cambiano i tempi, i ritmi, le priorità, la prospettiva sulle cose… non necessariamente ti cambiano dentro, ma fuori eccome. Ma se cambi fuori, un poco alla volta cambi anche dentro.
Diventare padre ha voluto dire cominciare ad imparare, e in fretta, una marea di cose. Senza libretti d’istruzione. Non lo si fa da soli… con mamma accanto.
Ma il cammino, per quanto bello e affascinante, non ammette deroghe: è un continuo fare e apprendere. I figli crescono in fretta ed in fretta si deve cliccare il tasto “aggiorna”… altrimenti si perdono i pezzi.
Paradossalmente diventare padre significa da una parte rallentare certi ritmi, usare il tempo che ci vuole per fare anche le piccole cose, e dall’altra tutto va capito in fretta perché il tempo dei bimbi è lento nel fare, ma è veloce nel passare.
Come dicevo pocanzi mi sono buttato in questo nuovo inizio ed ora, rivedendo il percorso compiuto con due bambini che ora hanno 3 e 5 anni, mi accorgo che ti riscopri padre vivendone l’esperienza giorno per giorno.
Andiamo al sodo.
Diventare padre è stare accanto a loro, osservarli, metterli al centro ma non troppo (… c’è la moglie, mica lo dimentico … a molto altro che non scompare), tendere la mano e lasciare fare, abbracciare e richiamare.
Diventare padre è giocare con loro, preoccuparsi e sorridere, ascoltare e spiegare. E’ prendersi il tempo e concederlo, anche quando è poco. E’ andare oltre le apparenze per generare libertà e autostima.
Diventare padre è arrabbiarsi, e pentirsi per i modi o le ragioni. E’ palpitare per le prime volte e sorridere per gli impacci delle seconde.
Diventare padre è proteggere, ma non assillare. E’ vivere con loro, non al posto loro. E’ progettare e ripartire da capo, senza rimpianti.
Ci sarà molto di più. Lo so.
C’è certamente molto di più.
Ma è un diventare… e quindi le pagine da scrivere sono ancora moltissime.

domenica 24 giugno 2012

Il potere di un cielo azzurro!

A volte la natura ti abbraccia davvero.

Ti avvolge il sole, i fiori colorano i contorni, la quiete segna il passo faticoso di una salita, il cielo azzurro (ma tutto azzurro) avvolge e protegge.

Ma quale forza può portare in sè un cielo tutto azzurro?

I suoni della terra e di chi la abita sono una colonna sonora non scelta ma non fastidiosa.

Sono gli scenari di un mondo che non ci appartiene e che è fatto per accoglierci a ridestare in noi lo stupore. 
Un mondo che desidera farci gustare ciò che non è frutto delle nostre mani, e proprio per questo stupendo.

Le parole allora appaiono superflue... il piccolo, il bello, il semplice: evocano sorrisi e serenità, basta saperli vedere e accogliere.
Senza artifici o desideri di possesso. Con tanti sorrisi.

Senza pretese che siano loro a renderci felici, ma col gusto di metterci del nostro.

Solo momenti... ma cos'è la vita se non un susseguirsi di questi momenti che uno dopo l'altro rendono il tutto più o meno bello?

Poche parole, voce a qualche immagine.

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