Bea e Filippo

Bea e Filippo

venerdì 30 marzo 2012

Concedere il tempo 2: la lentezza

Il mio modo di vivere, affrontare le cose, lavorare, ecc. è il contrario della lentezza. Da sempre sono stato abituato, più per indole che per necessità, a velocizzare sempre un po’ tutto. Il vivere in città poi mi ha dato il colpo di grazia. A Milano se non riparti con l’auto 1 centesimo di secondo dopo che è scattato il verde ti becchi strombazzate a go go. Se quando sei al supermercato ti azzardi anche solo a dire buonasera alla cassiera, chi è dietro di te subito ti dice “scusi, ha terminato?”, anche il caffè al bar se non lo bevi subito si raffredda prima.
E quindi sono peggiorato: se sono in macchina con qualcuno che guida piano mi irrito, se sono in riunione e qualcuno parla troppo lentamente o mi addormento o mi spazientisco. Mi sembra sempre di avere i minuti contati e quindi spesso quando faccio una cosa la mia mente è già proiettata alla successiva, a discapito di quella che sto facendo. Mi sento un assimilato al contesto frenetico che genera questo mondo un po’ isterico.
Per fortuna ci sono Beatrice e Filippo che su questo argomento sanno mettere le cose a posto. Mi obbligano a rallentare, è come se ad un certo punto mi tirassero il freno a mano.
Ho già scritto della necessità di concedere tempo ai bambini, ma più tempo passo con loro più mi accorgo che alla fine non solo è necessario sapere procedere ai loro ritmi – almeno ogni tanto – ma è importante perché mi permette di rimpadronirmi anche del mio di tempo. Mi aiuta ad assaporare meglio tante cose.
I primi tempi quando i miei figli (soprattutto beatrice) mi chiedevano di leggere loro delle storie, approfittando furbescamente del loro analfabetismo, più che leggere inventavo scorrendo rapidamente le pagine e così abbreviavo sensibilmente un momento che ritenevo noioso. Il problema è che i bimbi sono abitudinari e quindi spesso per più giorni consecutivi pretendono lo stesso libro. E qui casca l’asino, meglio sono cascato io: soprattutto Beatrice ha cominciato a correggermi, dicendo che la storia che stavo leggendo era sbagliata e  si arrabbiava per le mie imprecisioni. Quindi sono stato costretto a iniziare a leggere sul serio e il libro, che prima esaurivo in cinque minuti al massimo, è iniziato a durare molto di più.  Finalmente ho cominciato a conoscere certe storie e ad apprezzarle per come sono realmente. Ora non invento più anzi, se loro mi chiedono di girare pagina, mi oppongo perché finché non ho letto l’ultima parola non lo posso fare.
Riappropriarsi del proprio tempo, non pretendendo che acceleri il suo scandire è una fortuna. Saperlo fare accanto ai propri figli è condividere con loro un dono davvero prezioso! Un dono che, se lasciato passare, non potrà ritornare.

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