Bea e Filippo

Bea e Filippo

venerdì 30 marzo 2012

“Papà, Mano!”

“Papà, mano!” tutte le sere Filippo mi richiama ad un rito al quale non posso sottrarmi: per addormentarsi vuole la mia mano. “Papà, Mano!” e allora mi siedo accanto al suo letto, allungo il braccio e lui prende la mia mano: se la mette o sotto la sua guancia o se l’appoggia sul petto. È questione di cinque, dieci minuti al massimo, poi s’addormenta o semplicemente mi libera. “Papà, Mano!” ammetto che mi piace trascorrere quei minuti in silenzio  accanto ai mie bambini nell’attesa che prendano sonno. Beatrice s’addormenta in un nanosecondo Filippo invece ci mette un po’ di più e vuole la mia mano. “Papà, Mano” rimango lì accanto e condivido il silenzio che anticipa il loro sonno gustando quel momento di pace. In quei minuti penso a loro, a mia moglie, a quanto vissuto durante il giorno, alla mia stanchezza o a quante cose che mi piacerebbe fare.
“Papà, Mano!” credo che per lui sia una sorta di coccola, di rassicurazione, di presenza importante, non so definire precisamente che senso dia a questo gesto, ma per me quel momento genera una profonda sensazione di serenità. Ogni sera è come se Filippo mi dicesse che basta poco – una mano allungata –, un gesto molto semplice, per creare in lui la quiete necessaria per prendere sonno. “Papà, Mano!”: Filippo crescerà e magari fra un po’ della mia mano prima di dormire non se ne farà nulla, ma mi auguro che passi ancora del tempo, perché allungare quella mano ogni sera per certi versi mi fa sentire ancora di più papà.

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