Bea e Filippo

Bea e Filippo

sabato 31 marzo 2012

Saper sorridere!

Quando Beatrice e Filippo erano più piccolini a mia moglie piaceva registrare il suono delle loro risate. Poi ci con calma riascoltavamo i loro sorrisi: sembravamo un po’ buffi, ma ci piaceva un sacco. Il sorriso dei bambini  non solo è contagioso e un vero stimolante! Tanto adoro veder sorridere i miei figli quanto sono insofferente ai capricci e al pianto “finto”. Ma torniamo al sorriso.

Il sorriso per me è (come direbbe Paolo Oreglio) un vero momento catartico: una specie di liberazione e di riappacificazione con tutti e con tutto. Nei miei figli il sorriso mi appare come segno dello star bene, di serenità; è espressione, almeno così mi piace considerarlo, di un animo felice. Nella nostra casa i sorrisi vanno e vengono, ma per fortuna quando vanno riescono a tornare abbastanza rapidamente. Se stanno assenti per troppo tempo ne sentiamo la mancanza! Quando ci sono è come se colorassero ogni stanza, è come se sapessero infondere nell’aria un sapore diverso.
Quando con qualche semplice espediente, il solletico, un gioco particolarmente simpatico, un’espressione buffa ecc. Bea e Filippo si mettono a ridere, ripetono continuamente “ancora, ancora, ancora”, non si stancano mai. Il tempo del sorriso per loro dura sempre poco, e come non dar loro ragione. E le repliche richieste dai bambini sono un segnale da non trascurare: esprimono sempre qualcosa che per loro è speciale!

Senza cadere in retoriche che anche a me non piacciono, sono convinto che  il sorridere sia non solo una necessità, ma molto di più. Non ci vuol niente a trasformare tutto quello che ci circonda in minaccia e gli altri degli inconsapevoli rivali.  Ci si costruisce un  pensare  negativo a prescindere. Questo approccio alla vita, a lungo andare, la rende una specie d’inferno:  ci si costringe a vivere sempre e solamente sulla difensiva. È il dramma (almeno per me è così) dell’autoreferenzialità.
Saper sorridere, saperlo fare di sé o con gli altri, significa, invece,  essere in grado di apprezzare qualcosa che è oltre noi, significa riconoscere che è possibile star bene e che questo può non dipendere solo da noi, ma esserci offerto in maniera inattesa anche da altri.
Quando mia moglie mi dice “uffa, è da un po’ che non mi fai sorridere”, mi allarmo … che cavolo mi sta succedendo? Sono i periodi in cui permetto alle esperienze negative (che ci sono, non lo si può negare) di averla vinta. Magari ci metto un po’, ma fortunatamente mi so riprendere: non so stare senza sorridere (e far sorridere!).

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