Bea e Filippo

Bea e Filippo

martedì 31 dicembre 2013

Buon Anno!

Auguri a tutti!
Ho in mente tanti nomi.
Un Blog crea legami, sottili e forti allo stesso tempo!
Intrecci di esperienze che ogni anno generano condivisioni e scambi di pensieri!

Il tempo passa. Anno su anno. C'è chi viene e chi va.
Eppure è proprio il tempo che scorre il punto di vista...
Un punto che è importante. Magari piccolo. Ma unico.
Un anno passato non lo si riesce a fissare tutto d'un colpo.
Un Blog aiuta a guardare indietro e a capire che ci sarà molto anche davanti.
Le pagine che si riempiranno di nuovo, del nuovo che accadrà.
Questo è il bello!

L'augurio a me stesso, e che vorrei allargare a chi legge, è proprio questo:
che il tempo che scorrerà anche nel 2014 possa generare tanti punti di vista.
Tante condivisioni, racconti.
Che per tutti ci sia sempre la passione di scrivere, narrare.

E che tutto questo avvenga perché il tempo ci permetta di farlo.
Perché sia forte la voglia di vivere ogni attimo offertoci.
Vissuto con intensità.
Ricco di energia e speranza.
Di passi avanti. Di conquiste.
Di bellezza.
Di ripartenze e serenità.

Con le nostre famiglie.
Soprattutto con i nostri figli!

Buon Anno Amici!


mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale!!!

Auguri a tutti!
A chi passa di qui!
Papà e mamme! .... e alle loro famiglie!
Amici e amiche!
Curiosi e affezionati!
Vicini e lontani!

A tutti un sereno Natale... di cuore!

lunedì 23 dicembre 2013

Natale e regali! ... che cosa è Buono?

Siamo in macchia. la radio è accesa. I bambini reclamano il cd di Max Pezzali... sono diventati dei fan... mi accingo a metterlo. facciamo in tempo a sentire un pubblicità radiofonica. E' quella del Grana Padano.
Ascoltatela. Nel dialogo tra padre e figlio il papà alla ad un certo punto afferma che Babbo Natale esiste "per portare i regali ai bambini buoni...".
A Filippo qualcosa non torna: "Papà, perché Babbo Natale porta i regali solo ai bambini buoni?". Mi prende in contropiede. Pure a me quell'affermazione suona male.
Lì per lì non so cheddire. Poi me ne frego e rispondo che: "Quel papà si è confuso... Babbo Natale sa che non ci sono bambini cattivi. Che i regali arrivano a tutti. Può capitare che qualche bambino sia un po' monello qualche volta, ma Babbo Natale non dà punizioni, soprattutto a Natale".

Tutto il rispetto per il Grana Padano: lo adoro. I mie figli ne vanno matti. ma quel messaggio, a mio avviso, è proprio stonato. Non è buono come il prodotto... anzi lo rende, in quel frangente quasi antipatico. Diciamo che non tutti i copy sono dei fenomeni... perché non bastano le intenzioni: i messaggi posso nascondere vari significati e vanno previsti. 

Suvvia il regalo è regalo. E' gratis per natura. E' una delle poche cose non ancorata al merito. Perché ridurlo ad un compenso legato alla bontà?
Perché far pensare ad un bambino che Babbo Natale (il simbolo del dono, della bontà) possa fare delle liste: i buoni e i cattivi?
Perché ingenerare il dubbio di non sentirsi del tutto a posto? Magari per una sgridata un bambino vive il timore di non essere tra i buoni prescelti.

Magari nel tempo si è esagerato. Forse il costume ha un po' inquinato il clima natalizio con un'eccessivo peso ai regali materiali. Non sta a me giudicare. E non lo voglio fare.
Ma il regalo ha un valore in sè.
Poi so benissimo (perchè ci sono pienamente coinvolto) che, come scrive bene il mio amico Gae, un po' di ricattoterapia la si fa sempre...
Ma a Natale e per  i suoi regali non riesco.

Il regalo lo si fa per piacere, per suscitare un sorriso. Per esprimere vicinanza, affetto.
Senza buoni e cattivi.
Vabbè, lo so, ci sono i regali "obbligati", quelli che un po' pesano... non si sa mai che cosa prendere. Se ne farebbe a meno. 
Ma quelli per le persone care a volte è più bello farli che riceverli! Si pensano, si scelgono con cura. 
A volte si osserva il volto di chi li apre quasi con trepidazione! Si spera di scorgere gioia vera! E quando c'è si moltiplica. Si contagia.

E' Natale anche questo. Gustare i doni per quel che sono, non perché guadagnati!

Beatrice e Filippo l'altra sera ci hanno detto: "Mamma, papà noi vogliamo che Babbo Natale vi regali una bel  viaggio."
Sanno che ci farebbe piacere!
Hanno forse capito un pezzetto di bontà?


martedì 17 dicembre 2013

Smerdaug

Chi ha a che fare con bambini piccoli si abitua a trafficare con la cacca. Prima la si osserva nei pannolini per scovare eventuali anomalie. dalla prima cacca molle "da latte" si passa a quella delle prima pappe: evoluzione anche olfattiva. Poi il problema dopo lo spannolinamento è pulire i bambini e abituarli a gestirsi lo stimolo della cacca. La cacca è una specie di compagna di viaggio. E' anche simbolicamente segno di un corpo sano, armonizzato in tutte le sue funzioni. Il non fare la cacca è peggio che farla. O sbaglio?
Col passare degli anni il tema cacca evolve anche a livello di linguaggio: si passa a merda. Termine pregnante, dalle molteplici accezioni. Merda in senso dispregiativo, non necessitano spiegazioni. "Ho pestato una m....", "Che figura di m...": qui l'evoluzione simbolica eleva il termine a significanti più nobili. Ma chiari.
Si potrebbe continuare all'infinito, perchè di fatto di merda siamo tutti dei grandi intenditori.

Ma perché alla vigilia delle feste più buoniste dell'anno sto dedicando del tempo a questo tema? Non ho cose migliori, magari più natalizie, a cui volgere il pensiero e la mente?
Mi voglio togliere uno sfizio. E' il mio forcone privato, che condivido non tanto per cercare solidarietà, ma perché quando c'è il maldipancia spesso passa proprio grazie alla m... che se ne va.

Vengo al sodo: nel nostro Paese non riusciamo proprio a fare a meno della merda! Lo smerdaug (attività dello smerdamento, definibile con neologismo ad hoc) è lo sport preferito del nostro popolo. 
Non riusciamo a farne a meno. E' più forte di noi. Tocca tutti i lati della vita, dalla politica allo sport, dallo spettacolo  alla scuola, dal cinema alla vita di piazza. Siamo tutti amanti dello smerdaug: lo pratichiamo con instancabile dedizione. Lo tramandiamo pure con orgoglio. Lo coltiviamo come tratto distintivo di una popolazione che preferisce riempirsi la bocca di merda, piuttosto che spalarla.

Basta leggere i giornali, i commenti on line. Sostare nei bar, in qualche piazza, fuori da scuola, seguire i dibattiti televisivi, perdere un po' di tempo sui social o nei blog. E' tutta una gara a chi lancia più merda!
Il gioco è semplice: prendi una cosa/una persona/uno spettacolo/un evento/un pensiero/una proposta che funzioni abbastanza bene. Basta che sia nuova, interessante, vagamente intelligente. Basta che esprima creatività e rompa col  predefinito. Spesso è sufficiente che sia orientata al futuro e anche solo semplicemente al bene di qualcuno in generale e non in particolare. E' sufficiente che ci sia del positivo. Ecco allora che implacabile scatta lo Smerdaug di massa. Incalzante e professionale.
Una vera gara! Uno spettacolo! Perché da noi, in Italia, non può esistere qualcosa che cambi lo status quo! Non deve  esserci un qualcosa che funzioni o prometta di essere positivo!
No. Deve sempre (e per forza) avere sotto l'inganno o la fregatura e quindi il lancio della merda preventivo serve a spegnere ogni tipo di velleità. Il bravo, il bello, l'intelligente, il nuovo, l'utile in Italia non può esistere... ma scherziamo! Alle prime avvissagle Smerdaug a manetta!
Altro che rottamazione (o ripresa) non siamo i migliori nella "smerdazione"! 

Detto questo il mio vero problema è un altro! 
Io lo smerdaug ai miei figli non lo voglio insegnare!
Lo so sono una merda! ... 
ma lo prometto da domani sarò più buono!

venerdì 13 dicembre 2013

In Italia: i bambini "senza ossigeno"

E' troppo forte per non parlarne. O almeno per non pensarci su e riflettere un po'. L'Atlante dell'infanzia di Save the children nel quale è contenuto il rapporto l'Italia Sottosopra, denuncia che nel nostro Paese un milione di bambini vivono in una condizione di povertà. In più ce ne sono un milione e 300.000 che si trovano in condizioni di disagio dovute alle condizioni della famiglia.
Totale: in Italia quasi due milioni e mezzo di bambini soffrono condizioni precarie. Vivono quotidianamente l'esperienza della deprivazione: poco cibo, poche possibilità, poca cultura o attività extra.
In Italia. Nelle nostre città. Accanto a noi.

Ma quello che più mi fa pensare è che il rapporto evidenzia che la condizione di questi bambini soffrono anzitutto un problema di prospettiva, di possibilità. Recise o rese estremamente complicate da una condizione precaria, ma minate non solo dalla crisi degli ultimi cinque anni. Ridotte, in verità, dalle politiche italiane rispetto all'istruzione: da noi sono anni che non si investe su formazione e conoscenza. Siamo l'ultimo Paese in europa per fondi dedicati all'istruzione. 

Quindi il problema non è solamente legato ad un presente "con pochissimo ossigeno - come si precisa nel rapporto -: cibo ridotto, nessun libro, scuola solo al mattino, niente attività extra (musica, sport, ecc.)", ma anche al futuro. La precarietà del presente condiziona una crescita culturale capace di spezzare la spirale negativa: senza sostegni dallo stato la condizione non migliora neppure col tempo. Si innesta, mi vien da dire, un'eredità al ribasso.

Tutto questo mi fa pensare. Molto. Mi turba anche un po'. Perchè non riesco a sopportare queste disparità senza soluzioni. Non mi piace pensare che il mio Paese viva ogni giorno con questo fardello, nella consapevolezza che il futuro negato a milioni di bambini determini nel lungo periodo un impoverimento generale. Quello di un'Italia che non avrà solo il problema del debito pubblico, ma quello di una popolazione culturalmente sempre più povera e quindi incapace di agganciare il futuro. Le nuove prospettive. Una crescita che non sarà mai, nel nostro occidente, meramente produttiva, ma necessariamente innovativa.

In tutto questo credo che sia necessario non solo pensare, magari intristendosi o incazzandosi, a quanto emerge da un'analisi impietosa, ma anche  provare a immaginare soluzioni. Proposte. E azioni.
Save the Children sottolinea come sia indispensabile che lo Stato ricominci a investire in "Scuola" e che ci siano "territori ad alta densità educativa, però aperti a tutti, senza distinzioni".

Ma questo basterà? In quanto tempo si potrà porre rimedio alla devastante condizione a cui sono costretti milioni di bambini ( e le loro famiglie) in italia? 
I tempi della nostra politica sono lunghi. Spesso perchè le preoccupazioni, purtroppo, sono altre. 
E se inaugurassimo i tempi della società civile?
Magari se come famiglie, insieme ai comuni, ci si facesse carico di creare spazi accessibili?
Magari disurbanizzando il sistema?

Non lo so. Prometto che comincio a guardare se ci sono esperienze in giro... ma qui si deve per forza fare qualcosa!!



lunedì 9 dicembre 2013

Soddisfazioni! ... insperate.

"Cavolo, la torta per domani! Me ne ero dimenticata!." E' domenica, sono le 21.00. Appena tornati dalla montagna... i bimbi già a nanna. Fingo dispiacere (e giusto disappunto: le torte sono compito suo!) e me ne fuggo dal mio vicino a vedere l'Inter. Vabbè, se per una volta ci si dimentica di una cosa non cascherà il mondo. 

Mia moglie invece, stranamente iperattiva, decide di trovare una soluzione. Un ricettario c'è. Un uovo pure. Un minimoo di burro anche. Latte ok. Si può fare.
Non è una specialista, ma si mette a impastare e produce.

Torno dalla partita, non proprio felice. Un tre pari inutile a San Siro, l?inter ha la difesa quasi peggio di quella del Milan. Entro in casa e vengo rapito da un profumino niente male. Mia moglie dorme sul divano e il forno suona il termine cottura. la tiro fuori dal forno. La guardo. Ha usato una pirofila rettangolare (quella del pollo...) un po' piccolina, ma in fondo non c'era un limite alla grandezza. 
La ricetta diceva pere e cioccolato... ma noi avevamo in casa solo due mele. Nel caso il cambio ingrediente ci sta. La forma non è eccezionale, ma l'importante poi è il giudizio al palato. L'estetica inganna, a volte.

Sono le otto di mattina, bisogna portare la torta all'asilo. Manca un "sottotorta". Detto e fatto: si recupera una copertina rigida di un quaderno la si avvolge accuratamente con carta stagnola e il supporto è fatto. Il tutto protetto da carta trasparente e il pacchetto è fatto. 
Pronta per il banchetto vendita dei genitori.

La mamma, oggi è pure il suo compleanno, si prende mezza giornata libera e va a ritirare Filippo all'asilo. Arriva al banchetto... sono rimaste tre torte, tra cui la sua. La vorrebbe comperare, ma non osa chiedere sconti (ha in tasca solo 1 euro). Desiste e spera che qualcuno si intenerisca.

Sono le 21.00 e arriva questa mail dal gruppo dei genitori della classe di Filippo: "Ho comperato oggi la torta mattonella mele e cioccolata! L'ultima rimasta, divina! Ce la siamo pappata Sebastiano ed io quasi metà stasera! Grazie a chi l'ha fatta!".

Una lacrima scende la volto della pasticcera ignota... rispondo io per senso del dovere: "Vi assicuro che chi l'ha fatta non osa rispondere... Ma ringrazia per i complimenti (se la voleva pure ricomperare... Ma al momento era sprovvista di euri...), e commossa sta incorniciando il commento ricevuto!"

Queste sono soddisfazioni!

venerdì 6 dicembre 2013

Papà, il nonno è in cielo?

Filippo (il mio piccolo) a volte se ne esce di botto con domande a bruciapelo, che mi lasciano di stucco. 
"Papà, il nonno è in cielo?"
Il nonno a cui si riferisce è mio padre che è mancato nel più di dieci anni fa. Quando sta con mia mamma gli capita di vederne la foto. Anche di fare un giro al cimitero.
E nel suo dialogo con la nonna a lei è venuto immediato e spontaneo dire a Filippo che il nonno è in cielo.
Filippo però mi ha chiesto, qualche tempo fa,  la conferma. “Papà, il nonno è in cielo?”.
Questa domanda in questi giorni mi è tornata ripetutamente alla mente. Perche da una parte unisce l’interrogativo di un bambino – semplice e profondo -  e il ricordo di mio papà, ma anche – ed è la fatica di questi giorni – l’addio a due persone che improvvisamente ci hanno lasciato. Persone con legami e intrecci diversi. Uniti dal vuoto lasciato e dal dolore di amici. Un dolore che se anche solo sfiorato, non lascia indifferenti.
Papà, il nonno è in cielo?”.
Caro Filippo, sì il nonno è il cielo. Da lassù ci è accanto. In un modo diverso continua a volerci bene.”
Ho scelto la via diretta, quella di chi crede nella vita dopo la morte. La via di una speranza, magari fragile, ma sempre capace di rianimarsi nel confidare che non tutto finisca con la morte.

A Filippo è bastata quella risposta. Cercava una semplice conferma e per ora il discorso si è chiuso lì. Bea ha ascoltato. In silenzio. Per ora.
Ma sono certo che le domande torneranno. Non sarà solo un problema di luogo, il cielo. Sarà l’interrogativo legato alla morte, al non esserci più di persone care. Al dolore che genera ogni distacco.
Questo aspetto è parte della nostra vita. Non serve nasconderlo o cambiare discorso. Tanto ci tocca. Sempre. Bisognerà condividere esperienze. Far capire che abbiamo le risorse per affrontare anche questi momenti. Che non si deve fuggire dalle evidenze, ma affrontarle. Che non tutto è comprensibile al cento per cento, ma non per questo senza significato.

Ma un conto è dare risposte a me stesso. Far crescere e coltivare le speranze con i dubbi. Far camminare insieme le certezze con gli interrogativi. E sintetizzare tutto nel sentire del credente. Senza vuote consolazioni.
Diverso è porsi di fronte ai propri figli con questo tema. La morte, il distacco, il dopo. Il dolore, il vuoto generato dalla scomparsa dei propri cari.
Da una parte perché non si tratta di una mera questione teorica: spiegare non riesce a definire le dinamiche che si genera affrontandola.
Ma allo stesso tempo ha bisogno di parole che ne facciano intravvedere i risvolti, le dinamiche, le implicazioni.

Per ora mi è toccato solo sfiorare la questione. Ma so che prima o poi i miei figli mi richiameranno in causa: con la loro semplicità. Priva di compromessi.

Attendo … e ci penso.

martedì 3 dicembre 2013

Differenze

Le differenze. 
Quelle che rendono persona unica. 
Quelle che permettono ad ogni cosa di non essere considerata il clone di un'altra. 
Quelle del pensiero e quelle fisiche. 
Quelle che avvicinano.
Le differenze.
Quelle esteriori e quelle interiori. 
Quelle che sono l'anima dell'imperfezione. Un po' a te e un po' a me. 
Quelle che alla fine rendono tutti un po' simili.
Le differenze.
Quelle che non mettono steccati o gradini.
Quelle che ti fanno apprezzare e amare.
Quelle difficili da accettare, ma che ti mettono in gioco.
Quelle che ti insegnano il rispetto. 
Le differenze.
Quelle che celano il mistero della felicità.
Quelle volute e quelle ereditate. 
Quelle che favoriscono contatti.
Quelle che generano complementarietà.
Le differenze.
Quelle che uniscono.
Quelle che non devi giudicare, ma solo amare.
Quelle dette o tenute dentro.
Quelle naturali o senza un perché.
Le differenze.
Quelle che hai solo tu, e non sono sempre le migliori.
Quelle dei volti e degli sguardi.
Quelle della salute o delle malattie.
Quelle che fanno sorridere o riflettere.

Le altre non mi interessano.






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